21 Marzo 2018

L’accertamento analitico è valido per tutti i contribuenti

di EVOLUTION
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L’accertamento analitico ha come punto di partenza il confronto tra le dichiarazioni e le liquidazioni del tributo, per verificare se esistono incongruenze. Come precisato dalla Guardia di Finanza nella recente circolare n. 1/2018, tale tipologia di accertamento deve essere utilizzata per riscontrare situazioni di fatto diverse da quelle attestate dai documenti contabili e dalla dichiarazione, nonché errori sostanziali nell’applicazione delle diverse disposizioni tributarie.
Al fine di approfondire i diversi aspetti della materia, è stata pubblicata in Evolution, nella sezione “Accertamento”, una apposita Scheda di studio.

L’accertamento analitico rappresenta la regola generale da seguire nell’attività di accertamento (circolare MEF del 23 maggio 1978 n. 29/410811) del reddito imponibile e del volume d’affari dei contribuenti, realizzato attraverso la puntuale ricostruzione di ciascuna categoria reddituale e di ogni singola operazione rilevante ai fini dell’Iva.

Tale metodologia si sostanzia:

  • nell’esame della dichiarazione dei redditi e della dichiarazione annuale Iva,
  • nell’analisi dei dati desunti dall’anagrafe tributaria,
  • nel controllo della contabilità ufficiale del contribuente e delle connesse risultanze di bilancio,

e può essere utilizzata sia nel caso di soggetti non obbligati alla tenuta delle scritture contabili, sia nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili.

Per poter essere utilizzati ai fini della ricostruzione analitica della capacità contributiva del contribuente, gli elementi in possesso dell’ufficio devono comunque essere tali da permettere anche all’accertato di contestare eventualmente l’operato dell’Amministrazione finanziaria, adducendo elementi nuovi e concreti inizialmente mancanti.

Il metodo analitico può essere sempre applicato dall’Amministrazione finanziaria, anche se sussistono elementi per procedere in via sintetica (in assenza di attività d’impresa) o induttiva (in presenza di attività d’impresa), e in ogni caso non deve limitarsi a una mera elencazione dei singoli componenti positivi di reddito rettificati in aumento oppure accertati, essendo necessario che per ciascuna ripresa venga fornita dimostrazione della relativa fondatezza.

In tal senso, infatti, le vigenti disposizioni stabiliscono come l’atto emesso dall’Amministrazione finanziaria, sebbene unico, debba tuttavia analiticamente indicare al suo interno le rettifiche apportate a ciascuna categoria di reddito.

Le norme che disciplinano l’accertamento sono, ai fini delle imposte dirette:

Ai fini della rettifica delle dichiarazioni annuali Iva si applicano invece le disposizioni di cui all’articolo 54, comma 2, del D.P.R. 633/1972.

Come precisato dalla Guardia di Finanza nel proprio Manuale operativo (circolare n. 1/2018), alla base dell’accertamento analitico solitamente vi sono i due seguenti elementi:

  • prove dirette dell’occultamento di ricavi, corrispettivi, altri proventi, della inesistenza materiale o della indeducibilità fiscale di costi, spese od oneri, ovvero della falsa rappresentazione di situazioni rilevanti ai fini IVA, consistenti in ogni genere di elemento di fatto, di carattere sia materiale sia documentale, che dimostri in maniera oggettiva una realtà diversa da quella risultante dalle scritture contabili, dalla documentazione fiscale, dal bilancio, ove previsto e dalla dichiarazione;
  • constatazione dell’inosservanza o dell’errata applicazione di norme fiscali riguardanti la determinazione del reddito d’impresa o di lavoro autonomo, la determinazione della base imponibile rilevante ai fini IRAP o IVA o delle relative imposte, con riferimento a specifiche componenti reddituali e/o a specifiche operazioni.
Nella Scheda di studio pubblicata su EVOLUTION sono approfonditi, tra gli altri, i seguenti aspetti:

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