4 Giugno 2025

La trasformazione della cooperativa in società lucrativa

di Alberto Rocchi
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Sempre più frequentemente capita di trovarsi di fronte a cooperative che, pur rispettando formalmente i requisiti normativi, hanno progetti di sviluppo in buona parte incompatibili con la propria natura mutualistica. In questi casi, le norme codicistiche a tutela della mutualità possono diventare dei veri e propri ostacoli per la realizzazione della pianificazione aziendale, limitando la possibilità per queste imprese di far ricorso a strumenti di gestione tipici del mondo delle società commerciali e perdendo, nel contempo, la funzione di garanzia e tutela che avrebbero in un diverso ambito. Nasce così l’esigenza di dare all’iniziativa imprenditoriale una veste più consona.

Eppure, l’uscita dalla mutualità non è affatto indolore sul piano economico né normativamente semplice, in particolar modo nel caso in cui si pensasse a una trasformazione societaria come soluzione per sanare situazioni simili.

Va, infatti, ricordato che la trasformazione delle cooperative in società lucrative, ha trovato diritto di cittadinanza all’interno della normativa soltanto dopo l’approvazione della riforma del diritto societario. In precedenza, valeva l’articolo 14, L. 127/1971, il quale sanciva il divieto di trasformazione delle cooperative in società ordinarie anche se deliberato all’unanimità. In realtà, questa norma non è mai stata esplicitamente abrogata ma è da ritenersi incompatibile (e dunque implicitamente espunta dall’ordinamento) con le nuove norme codicistiche introdotte dal D.Lgs. 6/2003. Più precisamente, l’articolo 2545-decies, cod. civ., ammette la trasformazione delle società cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente, in una delle società lucrative previste dal codice civile deliberando con il voto favorevole di almeno la metà dei soci della cooperativa stessa. Se ne deduce che permane il divieto di trasformazione per quelle cooperative che possano qualificarsi come cooperative a mutualità prevalente per le quali, ad ogni effetto, è preclusa la possibilità di porre in essere tale operazione.

Alla norma codicistica appena citata si affianca la successiva contenuta nell’articolo 2545-undecies, cod. civ., la quale disciplina gli effetti economici dell’operazione. Al primo comma, essa dispone che la deliberazione di trasformazione devolve il valore effettivo del patrimonio ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione. Assistiamo, qui, a un’evidente imprecisione del dettato normativo: da un lato, infatti, il Legislatore codicistico ammette la trasformazione per le sole cooperative a mutualità non prevalente; dall’altro lato, pone come contrappeso la devoluzione, all’atto della delibera, dell’intero valore del patrimonio ai fondi mutualistici dedotto soltanto il capitale versato e i dividendi non ancora distribuiti. Si tratta di una conseguenza apparentemente non compatibile con il funzionamento della cooperativa a mutualità non prevalente, nel cui bilancio è ammissibile che figurino riserve divisibili tra i soci. È possibile che anche queste debbano essere oggetto di devoluzione?

Per comprendere meglio il funzionamento della norma, proviamo a ipotizzare tre diversi casi:

  • trasformazione di cooperativa a mutualità non prevalente “nativa”, ossia che ha sempre operato come tale dalla costituzione: in questo caso, molta parte della dottrina riconosce che il contenuto della norma è da interpretare come obbligo di devoluzione della sola parte indivisibile del patrimonio. Permangono, tuttavia, dei dubbi interpretativi;
  • trasformazione di cooperativa “nativa” a mutualità prevalente e successivamente passata a mutualità non prevalente: questo passaggio, può essere dovuto a cause involontarie (perdita dei requisiti gestionali di cui all’articolo 2513, cod. civ.) che a cause volontarie (soppressione delle clausole mutualistiche di cui all’articolo 2514 cod. civ.); o al contestuale concorso di entrambi i fattori. In tutti questi casi (fatta salva l’ipotesi della perdita di mutualità per andamento gestionale), la cooperativa avrà indicato in un bilancio straordinario il valore del patrimonio indivisibile e lo avrà “congelato” in apposita riserva. Al momento della delibera di trasformazione dovrà devolvere tale patrimonio, con non pochi dubbi sulla sua quantificazione a causa delle possibili difficoltà di raccordo tra i dati del bilancio straordinario redatto al momento dell’exit dalla mutualità prevalente, rispetto a quelli contenuti nel bilancio straordinario al momento dell’ingresso nella lucratività;
  • vi è infine un terzo caso da prendere in considerazione, che è poi quello a cui la maggior parte degli operatori pensano quando si trovano di fronte all’esigenza di abbandonare la mutualità: quello in cui la cooperativa a mutualità prevalente deliberi simultaneamente la soppressione delle clausole mutualistiche (passando così nel “gruppo” delle cooperative a mutualità non prevalente) e la successiva trasformazione in società lucrativa. In realtà, la possibilità di porre in essere una simile operazione, benché legittimata da alcuni autorevoli pareri (si veda, massima di orientamento societario n. K.A.32 del Consiglio Notarile del Triveneto), è osteggiata da una parte consistente della dottrina e della prassi (Notariato, studio n. 5306/2004). I fautori della tesi restrittiva sostengono, infatti, che un tale comportamento si discosta dalla lettera delle previsioni normative che, sul punto, sembrerebbero vincolanti.

In conclusione, sebbene la complessa normativa che regola la trasformazione di cooperativa presenti qualche contraddizione terminologica, appare nel complesso ben congegnata, come del resto tutta la normativa sulle cooperative come riformata da vent’anni a questa parte. Infatti, il Legislatore sembra voler prendere in considerazione questa operazione, oltre che nel caso delle cooperative a mutualità non prevalente, per loro natura contigue al mondo lucrativo, quando la cooperativa a mutualità prevalente si trovi in situazione borderline per quanto riguarda il rispetto dei parametri gestionali. Lo stesso Legislatore appare, invece, più restio a legittimare la trasformazione in società commerciale della cooperativa a mutualità prevalente correttamente funzionante. D’altra parte, una simile impostazione, si può considerare in linea con il tenore della disciplina ante riforma, come sopra ricordato.