12 Settembre 2014

La Sardegna meno conosciuta

di Chicco Rossi
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Nell’immaginario collettivo 
Sardegna vuol dire 
estate
mare, vacanze, 
glamour
 
Ma nella realtà questa terra è anche 
natura selvaggia, 
montagne
cultura ed è proprio alla scoperta dell’entroterra che oggi andiamo, in quella Barbagia cantata nel 
Purgatorio al 
Canto XXIII («
ché la Barbagia di Sardigna assai né le femmine sue più è pudica che la Barbagia dov’ io la lasciai»).
Per la precisione la nostra meta è la Barbagia di 
Ollolai, infatti, forse non tutti sanno che nella realtà la Barbagia è più di una, c’è anche quella di Nuoro, di Bitti, di Belvì, di Seuolo, per non parlare di Mandrolisai e dell’Ogliastra.
Ci troviamo in 
provincia di 
Nuoro, per la precisione nell’entroterra che da un lato trova il proprio confine naturale nello splendido mare del 
golfo di 
Orosei e dall’altro nel 
Gennargentu.
Campo base è proprio Nuoro e da lì ci muoveremo sia verso la costa in direzione di Dorgali che l’entroterra con destinazione finale Ovodda.
Ma prima di partire non si può non ricordare come Nuoro diede i natali a colei che “
Per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale e che con profondità e con calore tratta di generale interesse umano”
Grazia Deledda
Nobel per la letteratura nel 
1926.
Prima tappa è “
Il villaggio bianco sotto i monti azzurri e chiari come fatti di marmo e d’aria”, quella 
Oliena nelle cui vicinanze è possibile andare a visitare il 
canyon di 
Badde Pentumas dove è possibile, per prepararsi al pranzo, affrontare una bella e suggestiva via ferrata. Per quelli meno Cuor di Leone è sempre possibile andare a visitare la fonte di origine calcarea di 
Su 
Gologone.
SA ENA E...
Ma i nostri obiettivi sono ben altri: mangiare i 
macarones furriau, gustosissimi 
gnocchetti conditi con 
pecorino freschissimo, che viene 
fuso insieme alla 
semola di modo che si venga a creare una sorta di crema, abbinandoci uno splendido 
Tenores del giovane Alessandro 
Dettori, un potente 
cannonau, prodotto con uve appositamente non doc, dal colore rosso intenso che all’olfatto è la Sardegna, richiamando i 
frutti 
selvatici e la 
macchia 
mediterranea. La scelta in realtà mira ad assaporare nella sua pienezza il 
porceddu che non ha bisogno di presentazioni, basta chiudere gli occhi e immaginare l’incontro tra il 
croccante della 
cotenna e la 
delicatezza e morbidezza della 
carne.
A chiusura di questa prima giornata non si può non passare da 
Dorgali e la tomba dei giganti 
Sa Ena ‘e Thomes o i villaggio nuragici di Tiscali, Serra Orrios e Nuraghe Mannu, mettendo sotto i denti i 
pistiddu: una focaccia ripiena di mosto, scorze di arancia e aromi.
PISTIDDU
Soddisfatto il palato possiamo proseguire per nuove avventure seguendo il percorso che si snoda tra 
Gavoi e 
Ovodda con obiettivo il 
pane frattau.
Ma andiamo con ordine, prima tappa è Gavoi, dove merita una visita il 
santuario di 
Sa Itria. Il culto per la 
Madonna d’Itria affonda le sue radici nella tradizione religiosa greco-orientale.
La nostra tappa enogastronomica è l’agriturismo Da Speranza dove non solo è possibile consumare un delizioso pasto ma anche acquistare il fiore all’occhiello dell’azienda: le 
marmellate in tutte le loro declinazioni. Da quella di mele e mente, per proseguire con quelle tradizionali di fragole, fichi d’india, 
corbezzolo
fichi
mirto e la superlativa 
agrumi e 
cannella.
pane frattauMa qui si mangia il 
pane frattau, piatto tipico della tradizione pastorale della Barbagia, terra dove la pecora la fa da padrona.
La sua origine la si deve ai pastori che mettevano il pane carasau nella 
taschedda, lo zaino di pelle, insieme al pecorino e all’acqua. Questo era il cibo che mangiavano durante la giornata. Al tramonto, al rientro a casa, il pane si era sminuzzato (vrattau/frattau) dentro la “taschedda”. A quel punto il pane veniva ammorbidito nel brodo o nell’acqua calda, condito con un poco di bagna e col pecorino avanzato. Attualmente esso viene arricchito con le uova in camicia. Io consiglio anche di assaggiare la spettacolare 
s’erbuzzu, una 
ministra a base di ben 
23 erbe, cucinata secondo l’antica tradizione.
E da bere? Visto che bisogna sostenere i giovani, sotto con un 
Turriga dell’azienda 
Argiolas che ha la giusta potenza per sostenere una sorprendente capra marinata con aromi. È un 3 bicchieri che per raggiungere la sua maturità viene fatto invecchiare 
18-24 mesi in 
barriques
 
un altro 
anno in 
bottiglia per poi presentarsi con un bel colore rosso rubino intenso. All’olfatto si presenta con un 
bouquet ricco e complesso, mentre in bocca sorprende per la complessità della struttura.
A chiusura di questo splendido fine settimana e anche per portarsi via un po’ di questa terra magnifica consiglio di allungare il viaggio e arrivare fino a Ovodda per andare a comprare il 
pane fresa che nella realtà altro non è che il carasau.
Ma Ovodda vuol dire anche 
monumenti 
prenuragici e 
nuragici, quali i 
menhir di Predas Fittas e Domosnovas nonché le tombe di giganti in località Su nodu ‘e Lopene e numerosi nuraghi, tra cui quelli di Nieddio, Osseli e Campos.