25 Settembre 2018

La sanatoria edilizia salva il bonus ristrutturazioni

di Cristoforo Florio
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Una delle condizioni per fruire del bonus Irpef per ristrutturazioni di cui all’articolo 16-bis Tuir è la regolarità, sotto il profilo amministrativo, dei lavori edilizi eseguiti sull’immobile.

Il comma 9 della richiamata norma rimanda al D.M. 41/1998, attuativo dell’agevolazione Irpef per ristrutturazioni edilizie, con il quale sono state adottate le procedure di controllo che l’Agenzia delle Entrate deve utilizzare in fase di verifica nei confronti dei contribuenti che abbiano usufruito di tale agevolazione. Ai sensi dell’articolo 4 D.M. 41/1998, la detrazione Irpef per ristrutturazioni edilizie viene disconosciuta da parte dell’Amministrazione finanziaria in caso di esecuzione di opere edilizie difformi da quelle comunicate in fase di inizio lavori a mezzo delle apposite comunicazioni (SCIA, DIA, CILA, ecc.).

Può pertanto accadere che l’Agenzia delle Entrate, nell’ambito di un controllo innescato ai sensi dell’articolo 36-ter D.P.R. 600/1973, effettui alcune indagini di approfondimento presso gli uffici tecnici comunali, volte ad appurare la correttezza del procedimento di formazione del titolo edilizio-amministrativo per l’esecuzione delle opere di ristrutturazione oggetto dell’agevolazione; in caso di irregolarità edilizie riscontrate a seguito di tale indagine, l’Amministrazione finanziaria procede a disconoscere il beneficio fiscale fruito dal contribuente, recuperando a tassazione la detrazione indebitamente fruita e applicando le relative sanzioni.

Cosa accade però nell’ipotesi in cui il contribuente, a fronte di irregolarità presenti nel procedimento edilizio di formazione del titolo amministrativo richiesto per l’esecuzione delle opere, abbia successivamente perfezionato una sanatoria edilizia volta a rimuovere tali irregolarità? Che impatto ha tale “sanatoria” sulla detrazione Irpef in questione? E, inoltre, la rimozione delle predette irregolarità ha, da un punto di vista tributario, efficacia retroattiva o meno?

Ipotizziamo, ad esempio, che gli interventi di ristrutturazione abbiano avuto prosecuzione in più anni su uno stesso immobile: aderendo ad una interpretazione favorevole alla efficacia della sanatoria solo per il futuro (e, cioè, a partire dal momento in cui essa ha avuto effetto), l’Amministrazione finanziaria potrebbe disconoscere la detrazione Irpef per le spese sostenute negli anni antecedenti alla regolarizzazione, confermando la spettanza della stessa solo relativamente alle spese sostenute a partire dalla data di efficacia della sanatoria.

Ai fini che qui interessano occorre preliminarmente evidenziare che l’articolo 49 D.P.R. 380/2001 (c.d. Testo Unico dell’Edilizia) stabilisce una regola di carattere generale, prevedendo che “(…) gli interventi abusivi realizzati in assenza di titolo o in contrasto con lo stesso, ovvero sulla base di un titolo successivamente annullato, non beneficiano delle agevolazioni fiscali previste dalle norme vigenti (…)”. Così, ad esempio, le agevolazioni previste in materia di aliquote agevolate Iva per gli interventi edilizi di costruzione, ristrutturazione e cessione di determinate tipologie di fabbricati (si pensi all’aliquota Iva del 10% per la vendita di case di abitazione non di lusso) possono trovare applicazione solo se la realizzazione dei predetti interventi sia avvenuta nel rispetto delle prescrizioni urbanistiche.

Tuttavia, il successivo articolo 50, comma 4, D.P.R. 380/2001 rubricato “Agevolazioni tributarie in caso di sanatoria”, stabilisce che “(…) il rilascio del permesso in sanatoria, per le opere o le parti di opere abusivamente realizzate, produce automaticamente, qualora ricorrano tutti i requisiti previsti dalle vigenti disposizioni agevolative, la cessazione degli effetti dei provvedimenti di revoca o di decadenza previsti dall’articolo 49 (…)”. La procedura del “permesso in sanatoria”, dunque, concede la possibilità di salvare le agevolazioni fiscali relativamente agli immobili originariamente costruiti in violazione delle prescrizioni urbanistiche.

Tale peculiare tipologia di permesso è disciplinata dall’articolo 36 D.P.R. 380/2001 in base al quale“(…) in caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di denuncia di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 22, comma 3, o in difformità da essa, (…) il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda (…)” (c.d. requisito della “doppia conformità”).

Queste sono, in sintesi, le regole generali fissate a livello nazionale, cui vanno ad aggiungersi le singole normative regionali.

Sotto il profilo tributario, va ricordato che – con una datata risoluzione del 1975 – il Ministero delle Finanze aveva chiarito che la decadenza dalle agevolazioni tributarie in materia edilizia scattava anche per le opere per le quali fosse poi intervenuta licenza in sanatoria, a nulla rilevando che l’irregolarità fosse stata successivamente sanata (risoluzione 300780/1975).

Tale posizione, tuttavia, sembra essere stata superata dalla stessa Amministrazione finanziaria con la circolare 57/1998 nella quale è stato chiarito che, in caso di realizzazione di opere edilizie difformi, si possono essenzialmente verificare due situazioni:

  • realizzazione di opere edilizie non rientranti nella corretta categoria di intervento, per le quali – ad esempio – sarebbe stato necessario un titolo abilitativo diverso da quello in possesso (si pensi alle opere soggette a concessione edilizia ma erroneamente considerate in una DIA e, tuttavia, conformi agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi);
  • realizzazione di opere difformi dal titolo abilitativo ed in contrasto con gli strumenti urbanistici ed i regolamenti edilizi.

Nell’ipotesi 1), l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che non vi è decadenza dai benefici fiscali(…) purchè il richiedente metta in atto il procedimento di sanatoria previsto nelle normative vigenti (…)”; al termine della procedura sarà opportuno comunicare all’Amministrazione finanziaria l’avvenuto rilascio del titolo in sanatoria. La “sanatoria edilizia”, dunque, ove vi siano i presupposti per la sua applicabilità sopra illustrati (requisito della doppia conformità), consente di tutelare le agevolazioni tributarie, incluso il bonus Irpef per ristrutturazioni edilizie di cui all’articolo 16-bis Tuir.

Nell’ipotesi 2), invece, vi sarà sempre decadenza dai benefici fiscali, in quanto si tratta di opere non sanabili ai sensi della vigente normativa.

Sul punto specifico della efficacia temporale del procedimento di regolarizzazione edilizia, la giurisprudenza si è schierata decisamente a favore della retroattività tributaria della sanatoria edilizia: la Commissione Tributaria Centrale, con Decisione n. 5034/1990, aveva stabilito – condividendo le precedenti decisioni n. 5637/1989 e n. 1077/1988 – che “(…) gli effetti della sanatoria edilizia retroagiscono al momento dell’insorgenza del vizio sanato, con la conseguenza che vengono meno ex tunc gli impedimenti alla concessione della agevolazione fiscale (…)” (nello stesso senso v. anche Corte di Cassazione, sentenze n. 4761/1989, n. 4953/1989 e n. 9484/1990).

E ancora, con Decisione n. 2397/1992, la Commissione Tributaria Centrale ha statuito che “(…) la sanatoria, pur intervenendo in un momento successivo, cancella ogni vizio pregresso del rapporto e di conseguenza retroagisce al momento in cui lo stesso è sorto, attribuendogli validità fin dall’origine e cioè ex tunc (…)”.

La fiscalità degli immobili