14 Novembre 2014

La riscossione nel processo tributario in attesa dell’attuazione della delega

di Massimo Conigliaro
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La delega fiscale si occupa di processo tributario e di norme che riguardano la
riscossione in pendenza di giudizio. Ad oggi, però, i decreti delegati non hanno ancora visto la luce ed i contribuenti si confrontano ancora con norme di non sempre univoca
interpretazione.La legge 11 marzo 2014 n. 23 prevede l’introduzione, ai sensi dell’art. 10, 1° comma, lettere a) e b), di
norme per il rafforzamento della tutela giurisdizionale del contribuente, assicurando la terzietà dell’organo giudicante. La delega dovrà altresì assicurare un
incremento della funzionalità della giurisdizione tributaria prevedendo, tra le altre cose:

  • la tutela cautelare oltre il primo grado di giudizio;
  • l’esecutorietà delle sentenze.

 

La sospensione cautelare oltre il primo grado di giudizio

La possibilità della sospensione cautelare in appello ovvero in pendenza del ricorso per Cassazione, in assenza di un’espressa norma in tal senso, interessa da tempo la giurisprudenza delle Commissioni Tributarie con esiti che possiamo definire ormai consolidati.

L’art. 10, 1° comma, lettera b), numero 9, della legge delega prevede l’uniformazione e generalizzazione degli strumenti di tutela cautelare nel processo tributario, così da superare la singolare situazione vissuta fino a oggi nella quale taluno non riteneva possibile per il giudice di appello concedere tutela cautelare piena al contribuente, limitandola alle sole sanzioni tributarie ai sensi dell’art. 19 del D. Lgs. 472/97.

L’intervento normativo appare necessario, non fosse altro che per adeguare il dato normativo ad un orientamento giurisprudenziale ormai assai diffuso. In effetti, chi scrive ha sempre sostenuto che la struttura del D. Lgs. 546/92 non attribuisce al giudice d’appello poteri menomati rispetto a quelli di primo grado. A norma dell’articolo 61 del D. Lgs. 546/92, nel procedimento di appello si osservano le medesime norme dettate per il procedimento di primo grado; l’articolo 61 non richiama specificamente le norme del Capo I del titolo II del D. Lgs. 546/92 (articoli da 18 a 46), ma richiama, in generale, tutte le norme “dettate per il procedimento di primo grado”. E tale dizione comprende, quindi, il titolo II e, dunque, anche l’articolo 47.

La tutela cautelare è applicabile dunque anche in appello, atteso che i riferimenti contenuti nell’articolo 47 alla Commissione Tributaria Provinciale e alla pubblicazione della sentenza di primo grado possono pacificamente intendersi, in base alla generale norma di rinvio, come riferimenti alla Commissione Tributaria Regionale e alla pubblicazione della sentenza di appello.

Peraltro, è utile ricordare che il generale rinvio contenuto nell’articolo 1, 2° comma, del D. Lgs. 546/92 alle norme contenute nel codice di procedura civile porta a ritenere applicabile al processo tributario anche l’articolo 283 c.p.c., il quale dispone che “il giudice d’appello su istanza di parte, proposta con l’impugnazione principale o con quella incidentale, quando ricorrono gravi motivi, sospende in tutto o in parte l’efficacia esecutiva o l’esecuzione della sentenza impugnata”.

Il rito tributario, però, ha faticato negli anni a scrollarsi di dosso l’applicazione del mai tanto censurato principio del solve et repete, consentendo la riscossione frazionata in pendenza di giudizio ed ostacolando, di fatto, la sospensione dell’esecuzione durante l’accertamento giudiziale dell’eventuale debito d’imposta. Prevedere la possibilità di sospendere in secondo grado soltanto le sanzioni e non anche le imposte ovvero, nel suo insieme, la sentenza impugnata, ha costituito nel tempo un grave vulnus al quale la giurisprudenza ha faticosamente posto rimedio. Oggi il legislatore delegato dovrebbe prendere atto di un mondo tributario che vuole voltare pagina e tendere all’agognata civiltà giuridica.

 

L’immediata esecutorietà delle sentenze

Le attuali disposizioni di legge recano una significativa disparità di trattamento tra contribuente ed enti impositori. Le norme in tema di riscossione frazionata in pendenza di giudizio, previste dall’art. 68 del D. Lgs. 546/92, consentono infatti alla pubblica amministrazione di agire nei confronti del contribuente in base alla sentenza favorevole di primo grado, anche nel caso che la stessa sia stata impugnata, intimando il pagamento di imposte, interessi, sanzioni e spese di giudizio dovute. E’ pur vero che la riscossione è limitata ai 2/3 delle somme dovute in base alla sentenza di primo grado, ma è evidente che ancora non si è formato alcun giudicato in senso tecnico (il giudizio è infatti ancora pendente) ed il Fisco ha la possibilità di avviare l’esecuzione esattoriale. Analoga possibilità non è consentita alla parte privata, che si vede invece costretta ad attendere il passaggio in cosa giudicata della pronuncia favorevole per ottenere, ad esempio, il rimborso dovuto ovvero il pagamento delle spese di giudizio eventualmente liquidate.

La legge delega si prefigge di risolvere tale problema prevedendo l‘immediata esecutorietà, estesa a tutte le parti in causa, delle sentenze delle commissioni tributarie.

Attualmente, però, se il contribuente perde in primo grado è chiamato a pagare, se vince deve invece pazientare per l’eventuale rimborso delle somme dovute.

Anche qui rimaniamo in fiduciosa attesa dell’attuazione della delega fiscale.