19 Ottobre 2019

La ricorribilità del decreto di esecutività del piano di riparto

di Luigi Ferrajoli
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Con l’interessante sentenza n. 24068 del 26.09.2019, la Cassazione a Sezioni Unite ha affrontato il tema dell’impugnabilità del decreto di esecutività del piano di riparto fallimentare.

Nel caso specifico, il Commissario straordinario di una S.p.a. aveva depositato un piano di riparto parziale tra i creditori ammessi al concorso che veniva poi reclamato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare nonché dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

All’esito del giudizio, il giudice delegato aveva ordinato l’accantonamento di tutte le somme appostate nel piano.

Nelle more, un creditore concorrente che non aveva impugnato il piano di riparto si era visto accogliere il reclamo proposto avverso il suddetto decreto di accantonamento delle somme.

Invocata, quindi, la Corte di legittimità da parte degli Enti soprarichiamati, la Prima sezione civile della Cassazione aveva rimesso, con ordinanza interlocutoria del 13 aprile 2018, n. 9250, gli atti al Primo presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite al fine di decidere in merito alla violazione degli articoli 26, 36 e 110 L.F., avendo il Tribunale ritenuto legittimato al reclamo avanti a sé un creditore, ammesso allo stato passivo, che però non aveva impugnato il piano di riparto avanti al giudice delegato.

Ciò in forza del rinvio operato dall’articolo 110 all’articolo 36 della stessa legge, il quale ultimo contempla quali contraddittori in tale giudizio solo il curatore (qui il commissario straordinario) e il reclamante (nella specie, le Amministrazioni pubbliche) e senza che, per questa via, potesse trovare applicazione l’articolo 26 L.F. (“Il reclamo è proposto dal curatore, dal fallito, dal comitato dei creditori e da chiunque vi abbia interesse”).

La prima questione di particolare importanza affrontata dalle Sezioni Unite è quindi stata la ricorribilità per Cassazione, ex articolo 111 Cost., comma 7, del decreto del Tribunale che, affermando l’esecutività del piano di riparto, abbia negato il diritto all’accantonamento del quantum preteso da un creditore non ammesso allo stato passivo, il quale rivendichi, per altro titolo, la propria pretesa, da dichiarare in sede di riparto e, perciò, da correggere, ove negata, con la relativa impugnazione.

A tale proposito, va ricordato che la Cassazione sostiene da tempo che il piano di riparto parziale, reso esecutivo dal giudice delegato – e a prescindere dalla sua concreta esecuzione -, “non ha carattere provvisorio, sì da potere essere modificato in seguito ad ulteriori risultanze ma, al contrario, una volta decorsi i termini di impugnazione, diventa definitivo e quanto con esso sia stato disposto non può essere più oggetto di contestazione” (ex multis, Cass. n. 2035/1973 e Cass. n. 776/1973).

Il principio ha trovato conferma nel testo dell’articolo 114 L.F., riprodotto esattamente dall’articolo 229 D.Lgs. 14/2019, c.d. Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (“I pagamenti effettuati in esecuzione dei piani di riparto non possono essere ripetuti, salvo il caso dell’accoglimento di domande di revocazione”).

Alla luce di tali presupposti, le Sezioni Unite sono giunte ad affermare il principio di diritto secondo cui “il decreto del Tribunale che dichiara esecutivo il piano di riparto parziale, pronunciato sul reclamo avente ad oggetto il provvedimento del giudice delegato, nella parte in cui decide la controversia concernente, da un lato, il diritto del creditore concorrente a partecipare al riparto dell’attivo fino a quel momento disponibile e, dall’altro, il diritto degli ulteriori interessati ad ottenere gli accantonamenti delle somme necessarie al soddisfacimento dei propri crediti, nei casi previsti dalla L. Fall., articolo 113, si connota per i caratteri della decisorietà e della definitività e, pertanto, avverso di esso, è ammissibile il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’articolo 111 Cost., comma 7“.

Ulteriormente, la Corte ha statuito che, ai sensi dell’articolo 110 L.F., sia il reclamo ex articolo 36 L.F. avverso il progetto di riparto (anche parziale) delle somme disponibili predisposto dal curatore, sia quello ex articolo 26 L.F., contro il decreto del giudice delegato che abbia deciso il primo reclamo, “possono essere proposti da qualunque controinteressato, inteso quale creditore che, in qualche modo, sarebbe potenzialmente pregiudicato dalla diversa ripartizione auspicata dal reclamante”, sicché in entrambe le impugnazioni il ricorso deve essere notificato a tutti i restanti creditori ammessi al riparto anche parziale.

In conclusione, la Corte a Sezioni unite ha cassato il provvedimento impugnato e rinviato la causa, nei sensi di cui in motivazione, al Giudice delegato del Tribunale fallimentare, in persona di diverso giudicante, per il suo nuovo esame.