15 Luglio 2014

La ricerca delle esimenti per la deduzione dei costi black list

di Sergio Pellegrino
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Nel contributo della scorsa settimana abbiamo evidenziato quelli che sono gli elementi essenziali del regime di indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni con soggetti black list.

Oggi ci concentriamo invece sulle esimenti, che consentono all’impresa residente che sostiene il costo di operarne la deduzione e di effettuare “serenamente” quella variazione in diminuzione che molte volte invece, come si osservava nel pezzo precedente, viene operata con una sorta di automatismo che poi viene meno in caso di verifica da parte dell’Amministrazione finanziaria.

In un successivo ultimo contributo invece analizzeremo i profili sanzionatori e le conseguenze della mancata evidenziazione dei costi black list a livello dichiarativo.

Il comma 11 dell’art. 110 del Tuir individua due esimenti che sono in realtà alternative fra loro, nel senso che è sufficiente il verificarsi di una delle due per poter superare la presunzione introdotta dal legislatore.

La prima esimente è incentrata sull’attività in concreto svolta dalla controparte “paradisiaca”: se si è in grado di dimostrare che questa svolge un’attività commerciale effettiva, ecco che la prova contraria è fornita e l’impresa residente può procedere con la deduzione dei costi sostenuti in relazione alle operazioni poste in essere.

La circostanza va però “dimostrata” e a tal fine è necessario produrre una documentazione di supporto che convinca i verificatori che quella è l’effettiva condizione del soggetto non residente. La prassi dell’Agenzia ha indicato come siano utili in un contesto del genere, al di là del “minimo sindacale” rappresentato dalla documentazione societaria quale l’atto costitutivo e lo statuto, documenti di natura contabile e fiscale (in primis bilanci e dichiarazioni), documentazione bancaria e commerciale, certificazioni rilasciate dalle autorità, relazioni descrittive della struttura organizzativa.

Nel caso in cui non sia agevole dimostrare la sussistenza della prima esimente, in alternativa è possibile superare la presunzione legale fissata dall’art. 110 provando l’effettivo interesse economico dell’operazione e la sua concreta esecuzione: l’attenzione si sposta quindi dall’attività esercitata “in generale” dal soggetto black list, all’operazione concretamente posta in essere, per la quale l’impresa residente deve dimostrare le “ragioni” che sottendono la scelta imprenditoriale.

Una prova di questo tipo è facile a “dirsi”, ma difficile a “farsi”, perché, inevitabilmente, ogni scelta imprenditoriale ha una componente soggettiva, che può essere valutata in modo differente a seconda della logica con la quale si guarda all’operazione.

E’ semplice il caso in cui il fornitore black list applica prezzi di vendita più bassi e quindi è di immediata evidenza l’interesse economico ad effettuare l’acquisto: se l’impresa italiana è in grado di provare questa circostanza non vi possono essere evidentemente dubbi sulla legittimità della deduzione del costo.

Decisamente più complessa è invece la situazione nella quale questa condizione non si verifica, e la ragione economica dell’operazione va “cercata” in altre motivazioni: in quest’ottica tempi di consegna contenuti piuttosto che una riduzione dei costi accessori possono rappresentare anch’esse condizioni sicuramente valide, naturalmente a condizione che siano debitamente provate.

Come evidenziato dalla circolare 51/E/2010, anche in una situazione nella quale il prezzo praticato dal fornitore black list fosse superiore rispetto a quello dei concorrenti potrebbe ricorrere comunque l’esimente, verificandosi magari altre valide ragioni economiche che giustifichino l’operazione posta in essere.

La prova della sussistenza delle esimenti potrebbe essere fornita all’Agenzia dall’impresa interessata attraverso un’istanza di interpello preventiva, da presentare sulla base del disposto dell’art. 21 della Legge 413/1991.

In caso di risposta positiva, l’impresa può procedere con la deduzione, ma deve comunque indicare i costi black list separatamente in dichiarazione.

L’eventuale risposta negativa da parte dell’Amministrazione non vincola in ogni caso il contribuente, che può certamente disattenderla, anche se chiaramente si pone in un’evidente situazione di difficoltà in sede di controllo (e successivamente di contenzioso).

Prima di procedere con l’emissione dell’avviso di accertamento, l’ufficio è comunque tenuto, per esplicita previsione contenuta nel comma 11, a notificare un apposito avviso al contribuente, dandogli la possibilità di fornire le prove della sussistenza delle esimenti che legittimano la deduzione nei successivi 90 giorni. Se l’Agenzia ritiene comunque di effettuare l’accertamento, nell’atto dovrà fornire specifica motivazione in relazione alle circostanze che l’hanno indotta a non ritenere idonee le prove fornite dal contribuente.