28 Ottobre 2017

La responsabilità processuale va estesa anche alla fase amministrativa

di Valeria Nicoletti
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Con il comma 2 bis dell’articolo 15 D.Lgs. 546/1992, il Legislatore ha espressamente previsto la possibilità per il giudice tributario di procedere alla condanna per lite temeraria (articolo 96, comma 1, c.p.c.), nonché alla condanna, anche d’ufficio, di una somma in via equitativa quando ricorrano comunque i requisiti della mala fede o colpa grave (articolo 96, comma 3, c.p.c.).

Nella seconda ipotesi, la norma non ha natura meramente risarcitoria, ma “sanzionatoria” ed introduce nell’ordinamento una forma di danno punitivo per scoraggiare l’abuso del processo e preservare la funzionalità del sistema giudiziario, traducendosi in “una sanzione d’ufficio”.

Prima della modifica legislativa del 2015, era stata la Cassazione, a sezioni Unite, che aveva statuito la giurisdizione del giudice tributario anche per le ipotesi di responsabilità aggravata ex articolo 96 c.p.c..

Secondo una prima interpretazione, essa costituiva un fenomeno endoprocessuale, quindi la domanda era proponibile solo nello stesso giudizio dal cui esito si deduceva l’insorgenza di detta responsabilità.

Questo non solo perché nessun giudice può giudicare la temerarietà processuale meglio di colui che decide sulla domanda che si assume come “temeraria”, ma soprattutto perché la valutazione del presupposto della responsabilità processuale è così strettamente connessa alla decisione di merito da comportare la possibilità, se separatamente decisa, di un contrasto di giudicati.

Pochi anni dopo, le sempre sezioni Unite hanno ritenuto che le espressioni utilizzate dal Legislatore nell’articolo 2, comma 1, D.Lgs. 546/1992, “ogni altro accessorio” o “altri accessori” per la loro latitudine, ricomprendessero senz’altro le spese processuali, e quindi, anche le ipotesi responsabilità aggravata.

L’ampia previsione del comma 3 dell’articolo 96 c.p.c. consente al giudice tributario d’ufficio di liquidare in favore del contribuente vittorioso una somma, in via equitativa, a titolo di risarcimento dei danni patiti a causa dell’esercizio, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di una pretesa impositiva “temeraria”, cioè derivata da mala fede o colpa grave, con conseguente necessità per il contribuente di dover adire il giudice.

Con la recente ordinanza n. 22159, la Cassazione ha affermato che il concetto di “responsabilità processuale” deve intendersi in senso estensivo, quindi, comprensivo anche della fase amministrativa che ha dato luogo all’esigenza di instaurare un processo “ingiusto”.

Nel caso esaminato dalla Corte, il giudice di merito aveva valutato sia la fase amministrativa che quella giurisdizionale e:

  • la mancata considerazione della regolare pratica di condono, conclusa diversi anni prima dell’iscrizione a ruolo;
  • lo sgravio operato con cinque anni di ritardo e a giudizio instaurato;
  • l’iscrizione ipotecaria su notifica di cartella inesistente;
  • l’omessa cancellazione dell’iscrizione in difformità della statuizione giudiziale;
  • la successiva rettifica dell’ipoteca per un importo inferiore al minimo di Legge;
  • la richiesta, in giudizio, di conferma dell’iscrizione ipotecaria con riguardo ad atti estranei al giudizio e per importi non legali;

avevano costituito il fondamento per la responsabilità aggravata del concessionario della riscossione.

A detta della Corte, poi, anche sulla quantificazione la CTR aveva correttamente operato poiché in assenza di elementi oggettivi di valutazione, la liquidazione del danno poteva operarsi esclusivamente con “riguardo al danno morale conseguente all’accertata inesistenza del diritto degli enti impositori a chiedere l’iscrizione ipotecaria sul patrimonio del contribuente e ai conseguenti disagi psicologici che tale condotta ha provocato”, operando una quantificazione sì in via equitativa, ma sulla base degli elementi di causa.

Ovviamente, tutto questo se, da un lato, deve spingere gli enti impositori e di riscossione verso l’autotutela nei casi in cui la pretesa azionata è palesemente infondata, dall’altro, deve far riflettere, perché la responsabilità aggravata può essere richiesta, o ascritta, anche in capo al contribuente per le impugnazioni manifestamente pretestuose.

 

La mediazione tributaria