9 Maggio 2022

La prova della cessione intracomunitaria di beni soggetti ad accisa

di Stefano Rossetti
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La scheda di FISCOPRATICO

Ai sensi dell’articolo 41 D.L. 331/1993, che traspone l’articolo 138 Direttiva 2006/112/CE, affinché una cessione di beni a un soggetto comunitario possa essere qualificata come una cessione intracomunitaria, usufruendo conseguentemente della non imponibilità ad Iva, è necessario che l’operazione:

  • intercorra tra due soggetti passivi d’imposta, stabiliti in Stati Membri diversi (e iscritti al Vies);
  • avvenga a titolo oneroso;
  • comporti l’acquisizione o il trasferimento del diritto di proprietà o di altro diritto reale sul bene mobile materiale;
  • preveda la spedizione o il trasporto del bene in altro Stato UE (la spedizione o il trasporto possono essere eseguiti dal cedente, dal cessionario o da terzi per loro conto).

Tali requisiti devono ricorrere congiuntamente, altrimenti la cessione non beneficia della non imponibilità Iva.

Inoltre, si sottolinea come la disposizione contenuta nell’articolo 41 D.L. 331/1993 non contenga, analogamente alle norme della direttiva Iva, alcuna specifica previsione in merito alla documentazione che il fornitore deve produrre per comprovare il trasporto intracomunitario dei beni.

Al fine di superare questa situazione di indeterminatezza ed evitare diversità di trattamenti e confusione per gli operatori, il nuovo articolo 45-bis del Regolamento UE di esecuzione n. 282/2011 del 15.03.2011 (applicabile dal 1° gennaio 2020) ha introdotto una presunzione relativa all’avvenuto trasporto di beni in ambito unionale nei casi in cui i beni siano:

  • stati spediti o trasportati dal venditore o da un terzo per suo conto (paragrafo 1, lettera a);
  • stati trasportati dall’acquirente o da un terzo per suo conto (paragrafo 1, lettera b).

In particolare, a prescindere da chi abbia curato il trasporto, l’articolo 45-bis del Regolamento UE 282/2011 dispone che affinché sia attivata la presunzione di trasferimento delle merci il venditore deve produrre, tra l’altro, almeno due documenti, relativi al trasporto o alla spedizione, non contraddittori e provenienti da soggetti diversi tra loro ed indipendenti sia dal venditore che dall’acquirente. Nell’elenco esemplificativo, ma non esaustivo, di tali documenti rientra anche la lettera CMR (i.e. lettera di vettura internazionale) riportante la firma del trasportatore.

Con la circolare 12/E/2020 l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti generali sulla prassi italiana in materia di prove documentali relative alle cessioni intracomunitarie, alla luce della disposizione unionale sopra richiamata.

In merito al rapporto tra la presunzione di cui all’articolo 45-bis Regolamento UE 282/2011 e la prassi nazionale in materia di prova del trasporto nella cessione intracomunitaria, con la circolare 12/E/2020 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che nell’ipotesi in cui non si è in possesso della documentazione specificamente richiesta dalla disposizione unionale ai fini dell’applicazione della presunzione, il contribuente conserva la possibilità di dimostrare con altri elementi oggettivi di prova che l’operazione sia realmente avvenuta.

L’articolo 45-bis Regolamento UE 282/2011, infatti, non preclude agli Stati membri l’applicazione di norme o prassi nazionali ulteriori in materia di prova delle cessioni intracomunitarie, eventualmente più flessibili della presunzione prevista dal Regolamento UE 282/2011.

In questo contesto l’Amministrazione finanziaria, con la risposta ad istanza di interpello n. 146/E/2022 ha chiarito che la prova della cessione intracomunitaria, in assenza del CMR, può essere fornita in relazione alle cessioni di prodotti soggetti ad accisa anche mediante esibizione dell’e-AD (si tratta di un documento amministrativo elettronico che traccia le spedizioni di beni soggetti ad accisa).

Questa interpretazione è stata resa dall’Amministrazione finanziaria anche considerando che la Corte di Giustizia UE, con la sentenza C-108/17, ha confermato l’efficacia probatoria dei documenti eAD in relazione ad un caso avente ad oggetto l’importazione di carburante in un Paese dell’Unione Europea con introduzione in un deposito fiscale in tale Paese e successiva cessione intracomunitaria con resa ex-work.

In particolare, i giudici unionali hanno dichiarato che i “documenti quali lettere di vettura e documenti e-AD possono essere presi in considerazione per dimostrare che, al momento dell’importazione in uno Stato membro, i beni in questione sono destinati a essere spediti o trasportati verso un altro Stato membro, ai sensi dell’articolo 143, paragrafo 2, lettera c), della direttiva Iva, purché detti documenti siano presentati in tale momento e contengano tutte le informazioni necessarie. Tali documenti, così come le conferme e-ROR e la nota di ricevimento emesse al termine di una circolazione in sospensione dall’accisa, sono idonei a dimostrare che detti beni sono stati effettivamente spediti o trasportati a destinazione di un altro Stato membro, ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, di tale direttiva”.