19 Ottobre 2020

La procedura di liquidazione controllata nel Codice della crisi

di Francesca Dal Porto
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Il capo IX del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (articoli 268 e ss. CCII) è riservato alla procedura di liquidazione controllata.

La analoga procedura prevista dalla L. 3/2012 è la liquidazione del patrimonio (articolo 14 ter).

In particolare, tale ultimo articolo prevede, per il soggetto sovraindebitato, per il quale non ricorrano le condizioni di inammissibilità di cui all’articolo 7, comma 2 lettera a) e b), la possibilità di chiedere la liquidazione di tutti i suoi beni.

Alla domanda sono allegati l’inventario di tutti i beni del debitore nonché una relazione particolareggiata dell’OCC che deve contenere:

  1. l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore persona fisica nell’assumere volontariamente le obbligazioni;
  2. l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore persona fisica di adempiere le obbligazioni assunte;
  3. il resoconto sulla solvibilità del debitore persona fisica negli ultimi cinque anni;
  4. l’indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori;
  5. il giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda.

Nel codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, all’articolo 268 CCII, è previsto che il debitore possa domandare la liquidazione controllata dei suoi beni.

Al comma 2 dello stesso articolo, è precisato che la domanda può essere presentata anche da:

  • un creditore, anche in pendenza di procedure esecutive individuali,
  • quando l’insolvenza riguardi l’imprenditore, anche dal pubblico ministero.

Tale possibilità rappresenta una novità di rilievo rispetto alla L. 3/2012 in cui solo il debitore può chiedere la liquidazione dei propri beni.

Sono esclusi dalla liquidazione controllata (e dalla liquidazione di cui all’articolo 14 ter L. 3/2012):

  1. i crediti impignorabili ai sensi dell’articolo 545 c.p.c.;
  2. i crediti aventi carattere alimentare e di mantenimento, gli stipendi, le pensioni, i salari e ciò che il debitore guadagna con la sua attività nei limiti, indicati dal giudice, di quanto occorre al mantenimento suo e della sua famiglia;
  3. i frutti derivanti dall’usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto disposto dall’articolo 170 cod. civ.;
  4. le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.

L’articolo 269 CCII, al comma 2, prevede che al ricorso debba essere allegata una relazione, redatta dall’OCC, che esponga una valutazione sulla completezza e sull’attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda e che illustri la situazione economica, patrimoniale e finanziaria del debitore.

Il tribunale dichiara, con sentenza, aperta la procedura di liquidazione controllata dopo aver verificato:

  • l’assenza di domande di accesso alle procedure relative agli strumenti di regolazione della crisi (accordi di piani attestati di risanamento; accordi di ristrutturazione dei debiti, concordato minore, concordato preventivo);
  • la sussistenza dei presupposti di cui ai paragrafi precedenti (articoli 268 e 269 CCII).

La sentenza con cui viene aperta la liquidazione è comunicata al liquidatore (nominato nella sentenza ex articolo 270 CCII), che, entro 30 giorni, aggiorna l’elenco dei creditori, ai quali notifica la sentenza (articolo 270, comma 4, CCII).

L’articolo 272, comma 2, CCII stabilisce che il liquidatore, entro 90 giorni dall’apertura della liquidazione controllata:

  • completa l’inventario dei beni del debitore,
  • redige un programma in ordine a tempi e modalità della liquidazione.

Il liquidatore dovrà poi occuparsi di eseguire il programma di liquidazione, riferendo ogni 6 mesi a riguardo al Giudice Delegato.

Lo stesso liquidatore, ai sensi dell’articolo 275, comma 2, CCII, ha l’amministrazione dei beni che compongono il patrimonio di liquidazione.

Con la sentenza di apertura della liquidazione controllata, il giudice delegato assegna ai terzi che vantino diritti sui beni del debitore e ai creditori un termine di 60 giorni per trasmettere, tramite PEC, la domanda di restituzione, rivendicazione o ammissione al passivo.

Decorso il suddetto termine, il liquidatore predispone un progetto di stato passivo (articolo 273 CCII), contenente un elenco dei titolari di diritti sui beni, mobili e immobili, di proprietà o in possesso del debitore. Il progetto di stato passivo viene comunicato agli interessati, a cura del liquidatore, tramite pec ovvero mediante deposito in cancelleria, in difetto dell’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata.

Entro 15 giorni dalla comunicazione del progetto di stato passivo, possono essere proposte osservazioni, tramite comunicazione via pec.

In assenza di osservazioni, il liquidatore forma lo stato passivo e lo deposita in cancelleria, oltre a curarne l’inserimento sul sito web del Tribunale o del Ministero della Giustizia.

Se, invece, sono proposte osservazioni che il liquidatore ritiene fondate, nei 15 giorni successivi, viene predisposto un nuovo progetto di liquidazione, nuovamente comunicato a tutti gli interessati.

Nel caso in cui le contestazioni non siano superabili, il liquidatore rimette gli atti al giudice delegato, il quale forma lo stato passivo con decreto motivato. Il provvedimento è reclamabile davanti al collegio, di cui non può far parte il giudice delegato e il procedimento si svolge senza formalità, assicurando il rispetto del contraddittorio.

Alla conclusione dell’esecuzione del programma di liquidazione, il liquidatore deve presentare un rendiconto ex articolo 275 CCII.

Il giudice, se verifica la conformità degli atti dispositivi al programma di liquidazione, approva il rendiconto e procede alla liquidazione del compenso del liquidatore.

Nel caso in cui il giudice non approvi il rendiconto, indica gli atti necessari al completamento della liquidazione ovvero le opportune rettifiche ed integrazioni del rendiconto, ed assegna un termine per il loro compimento. Se le prescrizioni non sono adempiute nel termine, anche prorogato, il giudice provvede alla sostituzione del liquidatore e nella liquidazione del compenso tiene conto della diligenza prestata, con possibilità di escludere in tutto o in parte il compenso stesso.

Completata l’esecuzione, il liquidatore provvede alla distribuzione delle somme ricavate, in base all’ordine di prelazione risultante dallo stato passivo, previa formazione di un progetto di riparto.

Il progetto deve essere comunicato al debitore e ai creditori, i quali, entro 15 giorni, possono presentare delle osservazioni:

  1. in assenza di contestazioni, il piano di riparto viene comunicato al giudice che ne autorizza l’esecuzione;
  2. in presenza di contestazioni, il liquidatore verifica la possibilità di componimento e apporta le modifiche opportune.

La procedura si chiude con decreto ex articolo 276 CCII.