29 Novembre 2024

La nuova cessione d’azienda

di Gianfranco Antico
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Il D.Lgs. 139/2024, di riforma dell’imposta sulle successioni e donazioni, in attuazione dei principi di delega previsti dall’articolo 10, comma 1, L. 111/2023, apporta modifiche al D.P.R. 131/1986, a far data dal prossimo 1.1.2025.

In particolare, sul trattamento fiscale della cessione d’azienda – dove è assente nell’ordinamento tributario una definizione specifica, così che occorre fare riferimento all’articolo 2555 cod. civ. (complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa) – al fine garantire una maggiore razionalità alla funzione dell’imposta e una semplificazione del meccanismo applicativo, così come detto nella relazione illustrativa, viene sostituito interamente l’articolo 23, comma 4, D.P.R. 131/1986.

Pertanto, oggi viene previsto che nelle cessioni di aziende o di complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa si applicano le aliquote previste per i trasferimenti a titolo oneroso aventi a oggetto le diverse tipologie di beni che compongono l’azienda o il ramo di azienda, sulla base dell’imputazione a tali beni di una quota parte del corrispettivo, da individuare secondo una ripartizione indicata nell’atto o nei suoi allegati.

I crediti aziendali, sulla quota parte di corrispettivo a essi imputata, scontano l’aliquota prevista per le cessioni di crediti (0,5%). Le passività si imputano ai diversi beni sia mobili che immobili in proporzione del loro rispettivo valore.

In assenza della suddetta ripartizione, si applica la disposizione del comma 1, dello stesso articolo 23, D.P.R. 131/1986 (che tassa con l’aliquota più elevata, salvo le ipotesi in cui per i singoli beni o diritti siano stati pattuiti corrispettivi distinti).

Si supera, così, la vecchia formulazione del comma 4, dell’articolo 23, D.P.R. 131/1986, che si limitava a prevedere che nelle cessioni di aziende o di complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa, ai fini dell’applicazione delle diverse aliquote, le passività si imputano ai diversi beni sia mobili che immobili in proporzione del loro rispettivo valore.Ricordiamo che la cessione di azienda o di un singolo ramo di azienda è operazione fuori dal campo Iva – non sono considerate cessioni – ex articolo 2, comma 3, lett.b), D.P.R. 633/1972 e sconta l’imposta di registro in misura proporzionale, per il principio di alternatività previsto dall’articolo 40, D.P.R. 131/1986. Tematica sempre dibattuta, tant’è che la circolare n. 21/E/2024, che ha fornito istruzioni operative agli uffici in materia di autotutela tributaria, ritiene che, nell’ambito dell’autotutela obbligatoria, ex articolo 10-quater, L. 212/2000, introdotto dal D.Lgs. 219/2023, fra le ipotesi di errore sull’individuazione del tributo vi rientrino – ferma l’illegittimità dell’atto di imposizione – i casi di erronea applicazione di un’imposta in luogo di un’altra, come, ad esempio, la non corretta applicazione dei principi di alternatività IVA-imposta di registro ovvero di imposta sulle donazioni – imposta di registro.L’applicazione separata delle aliquote relative ai singoli beni trasferiti è naturalmente sottoposta successivamente a controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria, secondo quanto disposto dall’articolo 51, D.P.R. 131/1986, che consente di tenere conto anche degli accertamenti compiuti ai fini di altre imposte e di procedere ad accessi, ispezioni e verifiche secondo le disposizioni relative all’imposta sul valore aggiunto (poteri sicuramente più penetrati rispetto agli ordinari, ricomprendendovi pure il ricorso alle indagini finanziariecircolare n.6/E/2007). In particolare, l’ultimo capoverso del comma 1, dell’articolo 51, D.P.R. 131/1986, così recita: l’ufficio controlla anche la congruità della ripartizione del corrispettivo di cui all’articolo 23, comma 4, D.P.R. 131/1986.

E ai sensi dell’articolo 51, comma 4, D.P.R. 131/1986, per gli atti che hanno per oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari, si intende per valore quello venale in comune commercio. “Per gli atti che hanno per oggetto aziende o diritti reali su di esse, si intende per valore quello venale complessivo dei beni che compongono l’azienda, compreso l’avviamento ed esclusi i beni indicati nell’articolo 7 della parte prima della tariffa e nell’articolo 11-bis della tabella, al netto delle passività inerenti all’azienda risultanti dalle scritture contabili obbligatorie o da atti aventi data certa a norma del codice civile, tranne quelle che l’alienante si sia espressamente impegnato a estinguere e quelle relative ai beni di cui al citato articolo 7 della parte prima della tariffa e articolo 11-bis della tabella”.

Per quanto riguarda i controlli relativi ai valori dichiarati, evidenziamo che la circolare n. 16/E/2016, con riferimento agli atti aventi ad oggetto immobili, segnala l’opportunità per i responsabili delle Direzioni provinciali di coinvolgere gli Uffici Provinciali-Territorio (oggi incardinati nell’ambito delle DP delle Entrate) nella delicata fase degli atti da sottoporre a controllo, “ mediante la costituzione di appositi gruppi di lavoro, che facilitino lo scambio di informazioni e permettano la condivisione delle conoscenze e delle esperienze”, fermo restando che per gli immobili “le quotazioni OMI – pur costituendo un punto di riferimento importante perché derivanti da puntuali analisi del mercato immobiliare – rappresentano solo il dato iniziale ai fini dell’individuazione del valore venale in comune commercio, per cui dovranno essere necessariamente integrate anche dagli ulteriori elementi in possesso dell’ufficio o acquisiti tramite l’attività istruttoria”.