30 Dicembre 2022

La nozione di “probabilità di crisi” e l’approccio in chiave prospettica

di Fabio Landuzzi
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La scheda di FISCOPRATICO

L’entrata in vigore del Codice della crisi e dell’insolvenza (il “Codice”) con le modifiche di cui al D.Lgs. 83/2022 ha visto, come evidenziato dalla dottrina (fra tutti, si veda la recente circolare n. 27/2022 di Assonime), un rafforzamento da parte del Legislatore degli strumenti volti alla prevenzione, che si traducono in modalità dirette a rilevare, segnalare e gestire l’emersione della crisi dell’impresa, prima, e dell’eventuale insolvenza, poi.

La definizione di “crisi” che riporta il Codice richiama lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza, il quale si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei 12 mesi successivi.

Assume una particolare rilevanza l’introduzione del concetto di “probabilità di crisi” che si pone con forza nel nuovo impianto normativo del Codice, quale presupposto dell’accesso al nuovo istituto della composizione negoziata.

In altri termini, la nozione di “probabilità di crisi” viene ora ad affiancarsi alle già note nozioni di “crisi” e di “insolvenza”, andando quindi ad alzare il livello di attenzione e di monitoraggio della gestione a cui sono chiamati gli amministratori, il che si declina poi in primis nel dovere di istituzione di assetti organizzativi adeguati (anche) alla tempestiva rilevazione della crisi.

Nel rinnovato assetto del Codice, le fasi di quella che possiamo individuare come la difficoltà dell’impresa vengono poste in una sorta di scala di intensità crescente che parte, ora, dalla “probabilità di crisi”, per passare poi alla “crisi” vera e propria, potendo infine condurre nella situazione più grave della “insolvenza”.

Alla base del nuovo paradigma si pone quindi una nozione di “crisi” letta in una chiave prospettica e previsionale intesa, come abbiamo visto, nei termini dell’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni di pagamento dei successivi 12 mesi.

In questo contesto, si cala allora la nozione per così dire anticipatoria di “probabilità di crisi”, che va letta quale risultato dello sviluppo di piani previsionali che espongano le dinamiche future della gestione, e che si sostanziano nella – migliore possibile – comparazione tra i flussi di cassa futuri e le obbligazioni di pagamento dell’impresa, da intendersi in modo generale e quindi non solo quelle afferenti debiti finanziari.

Il tutto, in un orizzonte temporale che il Codice estende ora a 12 mesi che, per certi aspetti, come ha evidenziato anche la Corte di Cassazione nella Relazione del 15 settembre 2022, consente di superare il verificarsi di eventuali scostamenti finanziari temporanei che l’impresa è in condizione di poter assorbire entro quell’orizzonte temporale.

L’allargamento ai 12 mesi trova anche significato nell’allineamento con la nozione di “continuità aziendale”, quale postulato di bilancio (Oic 11) e presupposto centrale per la redazione del bilancio in condizioni di funzionamento (Principio di revisione ISA Italia 570).

Proprio con riferimento alle obbligazioni di pagamento future dell’impresa, rispetto a cui si é chiamati a valutare la “probabilità di crisi” della stessa, non é passato inosservato il fatto che il Legislatore ha rimosso dal testo di legge il riferimento alle obbligazioni “pianificate”.

Tale intervento é stato interpretato espressivo della volontà di includere tutte le obbligazioni di pagamento, anche quelle non previste; non sono però mancate osservazioni critiche a questo passaggio, in quanto obiettivamente la misurazione della sostenibilità dell’impresa in proiezione futura, sulla base di flussi di cassa prospettici, non può che rapportarsi ai debiti noti e pianificabili alla data di riferimento, risultando quantomeno arduo poter tenere conto di obbligazioni impreviste alla data di elaborazione del piano.

Il tema, semmai, si pone in termini diversi; ovvero, il dover tenere conto di obbligazioni non pianificate e non previste alla data di riferimento, introduce una chiave per così dire mobile o dinamica all’attività a cui sono chiamati gli amministratori nello sviluppo prospettico e nella misurazione della “probabilità di crisi”.

In altre parole, l’emersione di obbligazioni nuove e in precedenza non previste impone un tempestivo aggiornamento dell’analisi della adeguatezza dei flussi di cassa, e quindi della valutazione della “probabilità di crisi” dell’impresa.

In ultima analisi, la “probabilità di crisi” si atteggia quindi come la circostanza dell’impresa che presenta uno squilibrio patrimoniale, economico o finanziario, ma non ancora tale da causare l’incapacità della stessa di far fronte, con i flussi di cassa prospettici, alle obbligazioni di pagamento dei successivi 12 mesi, richiamando pertanto gli amministratori alla tempestiva adozione di opportune azioni rimediali.