23 Dicembre 2017

La nozione di abuso del diritto – II° parte

di EVOLUTION
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Il Governo con il D.Lgs. 128/2015 (approvato in attuazione della delega contenuta nella Legge 23/2014) ha proceduto alla revisione delle vigenti disposizioni antielusive (ex articolo 37-bis del D.P.R. 600/1973) e con il nuovo articolo 10-bis della L. 212/2000 ha introdotto una clausola generale in materia di abuso del diritto.
Al fine di approfondire i diversi aspetti della materia, è stata pubblicata in Dottryna, nella sezione “Accertamento”, una apposita Scheda di studio.
Il presente contributo rappresenta la seconda parte di un articolo più ampio nel quale si analizza la nozione di abuso del diritto.

Si configura un «abuso del diritto» al verificarsi dei seguenti tre presupposti:

  1. l’assenza di sostanza economica delle operazioni poste in essere;
  2. la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito;
  3. la circostanza che detto vantaggio sia l’effetto essenziale dell’operazione.

Nell’articolo di ieri è stata approfondita la nozione dell’assenza di sostanza economica. Nel proseguo, invece, verranno affrontati gli altri due presupposti.

Indebito vantaggio fiscale

Con la locuzione «vantaggi fiscali indebiti» il legislatore ha inteso fare riferimento [comma 2, lettera b) dell’articolo 10 bis] ai “benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario”. Trattasi, pertanto, di benefici (immediati o differiti nel tempo), non voluti dal legislatore poiché contrari alla ratio della norma tributaria e a quella dell’istituto di cui si invoca l’applicazione (sentenza Corte di Giustizia CE del 21 febbraio 2006, causa C-255/02, meglio nota come «sentenza Halifax»), nonché ai principi dell’ordinamento (relazione illustrativa al D.Lgs. 128/2015) e che probabilmente non sarebbero stati riconosciuti qualora fossero stati presi in considerazione e regolamentati in modo espresso.

Il contrasto del vantaggio fiscale dell’operazione con le norme e i principi dell’ordinamento tributario deve essere valutato sulla base delle norme vigenti al momento della realizzazione dell’operazione medesima, fatta salva l’ipotesi di applicazione di successive norme interpretative.

Perché le disposizioni di cui all’articolo 10-bis trovino applicazione è necessario che l’indebito beneficio sia stato «effettivamente realizzato»; non rileva, pertanto, la semplice potenziale elusività dell’operazione posta in essere.

Prevalenza dei vantaggi fiscali rispetto ad altri fini

Perché si realizzi abuso del diritto, è necessario che i vantaggi fiscali indebiti che si realizzano per effetto dell’operazione priva di sostanza economica siano «fondamentali» rispetto a tutti gli altri fini perseguiti dal contribuente.

Il perseguimento dell’indebito vantaggio fiscale deve, pertanto, essere lo scopo essenziale della condotta posta in essere.

L’essenzialità del risparmio di imposta è desumibile dalle disposizioni di cui al comma 3 dell’articolo 10 bis, che considerano in ogni caso “non abusive (…) le operazioni giustificate da valide ragioni extra fiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondo a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente”.

Le motivazioni addotte a supporto della non marginalità delle ragioni extrafiscali perseguite dal contribuente devono comunque essere contestualizzate rispetto alla specifica situazione di partenza dello stesso e, sotto il profilo temporale, devono basarsi sugli elementi obiettivi a disposizione al momento del compimento della scelta, anche se tali elementi dovessero essere smentiti a posteriori da ulteriori elementi sopravvenuti.

Le motivazioni extrafiscali devono ritenersi «non marginali» qualora il contribuente provi che l’operazione non sarebbe stata posta in essere in loro assenza.

Sulla non marginalità degli effetti extra fiscali realizzati dall’operazione, la giurisprudenza (sentenza della Corte di Cassazione del 9 agosto 2016, n. 16675) ha peraltro osservato come il comportamento abusivo debba essere individuato in “quell’operazione economica che – tenuto conto sia della volontà delle parti implicate, sia del contesto fattuale e giuridico – ponga quale elemento predominante e assorbente della transazione lo scopo di ottenere vantaggi fiscali, con la conseguenza che il divieto di comportamenti abusivi non vale se quelle operazioni possano spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di risparmi d’imposta”.

Sul punto la circolare Assonime n. 21/2016 (par. 2.7) ha, peraltro, osservato come le motivazioni di natura «economico/gestionale» possano essere ritenute non marginali laddove siano state “determinanti nell’orientare il contribuente a compiere l’operazione che, in effetti, ha attuato”.

Nella Scheda di studio pubblicata su Dottryna sono approfonditi, tra gli altri, i seguenti aspetti:

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