28 Gennaio 2014

La mancata redazione del PVC

di Massimiliano Tasini
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Dopo che la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha composto il dibattito sulla necessità o meno che l’accertamento tributario sia notificato dopo sessanta giorni dalla notifica del PVC, pena la sua nullità, avallando la tesi pro-contribuente, si è diffuso, come era facile prevedere, un ampio dibattito volto ad individuare le ipotesi in cui è necessaria la redazione del PVC.

La giurisprudenza di merito ha sul punto reso statuizioni confortanti; per tutte può qui richiamarsi la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia Sez. XI, 06-05-2013, n. 84, secondo cui è illegittimo l’avviso di accertamento emesso dall’ente impositore successivamente all’attività istruttoria svolta presso i propri uffici, con riferimento alla documentazione consegnata dal contribuente, senza avere preventivamente provveduto all’instaurazione del contraddittorio (nel caso di specie, la contribuente risultava destinataria di un avviso di accertamento riguardante l’anno d’imposta 2005, emesso dall’ente impositore successivamente all’attività istruttoria di verifica, svolta unicamente presso i propri uffici, sui documenti consegnati a seguito di richiesta e senza la preventiva instaurazione del contraddittorio).

Secondo l’art. 24 della Legge 4/1929, le violazioni delle norme contenute nelle leggi finanziarie sono constatate mediante processo verbale: è una formulazione laconica, che apre la strada a molte interpretazioni.

É stato al riguardo osservato che, in tanto può parlarsi di obbligatorietà della redazione del PVC in quanto la violazione faccia seguito ad accessi, ispezioni o verifiche: la definizione di questi “momenti” può essere ritratta dai D.P.R. 600/1973 e 633/1972, ma la giurisprudenza sembra prediligere una lettura sostanzialistica: per la Commissione Tributaria Regionale della Sardegna Sez. I, 09-07-2013, n. 83, l’“attività istruttoria plurima, costituita da una richiesta documenti, da un accesso mirato ed infine da un invito a comparire, è assimilabile ad una vera e propria verifica fiscale, con la conseguenza che l’amministrazione deve formare il relativo pvc ed aspettare almeno sessanta giorni prima di notificare l’accertamento, ed il contribuente ha diritto a definire il pvc in maniera agevolata ed a presentare memorie difensive”.

Sicuramente, nessuna influenza ha il luogo di svolgimento della attività istruttoria, atteso che lo Statuto del contribuente fa espresso riferimento alla verifica presso la sede dell’Ufficio (privilegiandola).

Parimenti, è difficile immaginare che la verifica finanziaria possa essere interpretata quale un “minus” di altre indagini in senso lato: non a caso la legge pone l’obbligo del contraddittorio preventivo (anche se la giurisprudenza di legittimità ha sancito la nullità dell’atto impositivo laddove sia violato il diritto al contraddittorio solo in caso di accertamenti standardizzati, e non è il caso degli accertamenti finanziari).

Ci piace – romanticamente – pensare che l’Italia sia un Bel Paese, nel quale i principi, le idee, possono e debbono trovare affermazione con il buonsenso, prima ancora che con la tecnica giuridica. Ed il buonsenso ci dice che per l’Amministrazione finanziaria non dovrebbe essere troppo difficile dar conto di qualsivoglia attività istruttoria redigendo un PVC che ne sintetizzi i motivi e che permetta al contribuente di conoscere il punto di vista della stessa prima ancora che gli esiti dell’attività istruttoria siano trasfusi in un atto impositivo.

Sarebbe davvero bello un mondo in cui fisco e contribuente si parlano prima. Magari restando con i loro punti di vista diversi, ma parlandosi.