16 Febbraio 2019

La locazione di immobile non integra il trasferimento d’azienda ai fini Iva

di Marco Peirolo
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Nella sentenza resa nella causa C-17/18 del 19 dicembre 2018 (Mailat), la Corte di giustizia dell’Unione europea è ritornata a pronunciarsi sulla portata dell’articolo 19 Direttiva 2006/112/CE, che – in caso di trasferimento a titolo oneroso o gratuito o sotto forma di conferimento a una società di una universalità totale o parziale di beni – prevede che “gli Stati membri possono considerare che non è avvenuta alcuna cessione di beni e che il beneficiario succede al cedente”.

La questione sollevata dal giudice a quo è se rientri nella nozione di “trasferimento di un’universalità totale o parziale di beni” l’operazione mediante la quale un immobile, già utilizzato nell’ambito di un’attività commerciale, sia ceduto in locazione, con tutti i beni che compongono il compendio aziendale, nel caso in cui il locatario prosegua lo svolgimento dell’attività sotto la stessa denominazione commerciale.

Tale domanda è stata rivolta alla Corte dopo che le Autorità fiscali rumene hanno contestato ad una società di non avere riversato l’Iva in precedenza detratta sulle spese di ristrutturazione dell’immobile adibito a ristorante e poi concesso in locazione in esenzione da imposta.

La società si è, infatti, difesa sostenendo che la rettifica della detrazione non fosse dovuta perché la concessione in locazione dell’immobile, unitamente ai beni connessi alla gestione dell’attività di ristorazione, configurerebbe l’ipotesi di “trasferimento di un’universalità totale o parziale di beni” che la normativa rumena, in applicazione del citato articolo 19 Direttiva 2006/112/CE, considera esclusa da Iva, mantenendo il diritto alla detrazione “a monte”.

Sulla nozione di “trasferimento di una universalità totale o parziale di beni”, nella sentenza Zita Modes (causa C-497/01 del 27 novembre 2003), i giudici dell’Unione hanno affermato che la stessa “deve essere interpretata nel senso che in essa rientra il trasferimento di un’azienda o di una parte autonoma di un’impresa, compresi gli elementi materiali e, eventualmente, immateriali che, complessivamente, costituiscono un’impresa o una parte di impresa idonea a svolgere un’attività economica autonoma, ma non vi rientra la mera cessione di beni, quale la vendita di uno stock di prodotti” (punto 40).

Ne deriva, come indicato dalla successiva sentenza Schriever (causa C-444/10 del 10 novembre 2011), “che, affinché si configuri un trasferimento di un’azienda o di una parte autonoma di un’impresa (…), occorre che il complesso degli elementi trasferiti sia sufficiente per consentire la prosecuzione di un’attività economica autonoma” (punto 26), che può essere anche diversa da quella esercitata dal cedente (causa C-497/01, cit., punto 45).

La prosecuzione dell’attività non implica necessariamente che quest’ultima sia svolta in un immobile di proprietà, tant’è che nella richiamata sentenza Schriever è stato affermato che, “qualora risulti che la prosecuzione dell’attività economica di cui trattasi richieda che l’acquirente utilizzi gli stessi locali di cui disponesse l’alienante, nulla osta, in via di principio, a che tale possesso sia trasferito mediante la conclusione di un contratto di locazione” (punto 36).

La nozione di “trasferimento di una universalità totale o parziale di beni” richiede, pertanto, l’individuazione del complesso dei beni che, di per sé, sono idonei a garantire la prosecuzione dell’attività e, per i quali, come viene puntualizzato nella causa C-17/18 in commento, risulta necessario il passaggio di proprietà.

Il caso oggetto della causa C-440/10 è, quindi, diverso da quello in esame, perché in quest’ultimo “tutti gli elementi necessari per l’esercizio dell’attività economica di cui trattasi (…) sono stati meramente oggetto di locazione e che non vi è stato alcun trasferimento dei diritti di proprietà ad essi relativi” (punto 22).

In sostanza, la norma che esenta da Iva i trasferimenti d’azienda non si applica alla locazione dell’immobile che, unitamente ai relativi beni, consente la prosecuzione dell’attività d’impresa.

Esclusa la possibilità di avvalersi della previsione dell’articolo 19 Direttiva 2006/112/CE, l’ulteriore analisi compiuta dalla Corte è stata quella di verificare se la locazione dell’immobile, unitamente ai beni necessari per la gestione dell’attività di ristorazione, debba essere considerata come una prestazione unica o come più prestazioni distinte e indipendenti da valutarsi separatamente ai fini dell’Iva.

Nella sentenza viene messo in luce che, anche qualificando l’operazione come “composta” da più prestazioni, la stessa non perde il carattere esente perché la locazione dell’immobile costituisce comunque l’elemento principale.

Dai fatti di causa è, infatti, emerso che “la locazione dei beni mobili oggetto del contratto di locazione non sembra poter essere dissociata dalla locazione del bene immobile di cui trattasi nel procedimento principale. Peraltro, non è contestato il fatto che taluni dei citati beni mobili, quali le attrezzature e gli apparecchi da cucina, sono incorporati nell’immobile stesso e devono, in questa fase, essere considerati come facenti parte integrante dello stesso. Atteso che gli elementi di inventario che sono stati dati in locazione, o, nel caso di alcuni di essi, ceduti, in contemporanea al bene immobile, erano anch’essi destinati all’esercizio del ristorante, al pari di quest’ultimo, neppure tale locazione/cessione può essere considerata come avente una finalità a sé stante, ma va intesa come un mezzo per avvalersi alle migliori condizioni possibili del servizio principale costituito dalla locazione del bene immobile” (punto 39).

In conclusione, la locazione del bene immobile – esente da Iva ai sensi dell’articolo 135, par. 1, lett. l), Direttiva 2006/112/CE – costituisce la prestazione principale, rispetto alla quale le altre prestazioni, ossia la locazione di beni strumentali e di elementi di inventario, sono meramente accessorie.

I contratti di locazione immobiliare e la disciplina fiscale