9 Settembre 2015

La gestione del TFM nell’ambito delle società di persone

di Fabio Pauselli
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Nell’ambito dei compensi erogati agli amministratori, può essere corrisposta una indennità di fine mandato (TFM) all’atto della cessazione del rapporto. Questa rappresenta una sorta di accantonamento previdenziale per quei lavoratori autonomi che, in virtù di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, non godono di adeguate tutele in campo pensionistico. Essa può essere stabilita in misura fissa, in misura percentuale sul compenso annuo o in proporzione a determinati valori di bilancio. In ogni caso tale remunerazione non discende da specifiche norme ma è demandata alla libera pattuizione tra le parti.

Ai fini fiscali l’art. 105 del Tuir, al comma 4, ammette in deduzione dal reddito d’impresa, “gli accantonamenti relativi alle indennità di fine rapporto di cui all’articolo 17, comma 1, lettere c), d) e f)”. L’art. 17 del Tuir, che tratta sostanzialmente della tassazione separata di alcuni redditi, alla lettera c) annovera le “indennità percepite per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui al comma 2 dell’articolo 49, se il diritto all’indennità risulta da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto (…)”. Da quanto riportato emerge chiaramente come l’indennità di fine mandato riconosciuta dalla società al proprio amministratore o ai propri amministratori rappresenti un costo fiscalmente deducibile, così come stabilito dall’art. 105, D.P.R. n. 917/1986 senza, peraltro, prescrivere alcun particolare e ulteriore adempimento.

L’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n. 211/E/2008 non sembra essere di questo avviso, avendo precisato che gli accantonamenti per TFM non sono deducibili dal reddito d’impresa secondo il criterio di competenza, salvo il caso in cui il diritto a tale indennità risulti da un atto che abbia data certa anteriore all’inizio del rapporto. È evidente che tale posizione presa dall’Agenzia delle Entrate non è sicuramente in linea con quanto stabilito e voluto dal Legislatore con l’art. 105 del Tuir, non avendo in nessun modo condizionato la deducibilità per competenza del Tfm alle stesse condizioni di cui all’art. 17, comma 1, lettera c), del Tuir. Dello stesso avviso anche l’Associazione dei dottori commercialisti ed esperti contabili di Milano la quale con la norma comportamentale n.180/2011 prevede espressamente la non necessità di alcun documento avente data certa per rendere deducibile, per competenza, l’indennità di fine mandato riconosciuta all’amministratore.

Questi contrasti interpretativi hanno generato in questi anni confusione e contenziosi, alimentati anche da una giurisprudenza non sempre unanime sull’argomento. Ad esempio la sentenza n. 1869/15/2014 della Commissione tributaria regionale della Lombardia ha precisato che il trattamento di fine mandato (Tfm) deve essere dedotto secondo il principio della competenza, anche in assenza di una specifica delibera assembleare che lo prevede, qualora dalla lettura dello Statuto emerga una stretta connessione tra Tfm stesso e compenso degli amministratori. La Cassazione con la sentenza n. 18752/2014 ha sancito che la deducibilità del TFM richiede che il diritto a tale indennità risulti da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto.

Di fronte a tale incertezze e al fine di evitare inutili contenziosi, nella pratica si ricorrere sovente alle dimissioni degli amministratori e alla loro nomina ex novo, con contestuale delibera di compensi e indennità di fine mandato aventi data certa.  Per la determinazione della data certa si può fare riferimento, come indicato nella Risoluzione n. 10/E/2007, a:

  • la formazione di un atto pubblico;
  • l’apposizione di autentica, il deposito del documento o la vidimazione di un verbale, in conformità alla legge notarile;
  • la registrazione o produzione del documento a norma di legge presso un ufficio pubblico;
  • il timbro postale che deve ritenersi idoneo a conferire carattere di certezza alla data di una scrittura tutte le volte in cui lo scritto faccia corpo unico con il foglio sul quale il timbro stesso risulti apposto;
  • l’utilizzo di procedure di protocollazione o di analoghi sistemi di datazione che offrano adeguate garanzie di immodificabilità dei dati successivamente alla annotazione (ad esempio lo scambio anche tramite PEC);
  • l’invio del documento a un soggetto esterno, per esempio un organismo di controllo.

Questo iter è facilmente perseguibile nell’ambito delle società di capitali ma nelle società di persone, di fatto, è praticamente impossibile, stante il nesso imprescindibile tra la figura del socio e quella di amministratore; le dimissioni di quest’ultimo, infatti, equivarrebbero allo scioglimento del vincolo societario. Ciò evidenza, ulteriormente, come la forzatura interpretativa ad opera delle Entrate nel limitare la deducibilità del TFM ad un documento con data certa anteriore all’inizio del rapporto, potrebbe spingere le società di persona a sostenere oneri davvero eccessivi per le finalità perseguite, il che sarebbe costituzionalmente inaccettabile.

In questi casi stabilire a favore degli amministratori il trattamento di fine mandato (T.F.M.), mediante l’accantonamento in apposito fondo, direttamente all’interno dei patti sociali potrebbe ovviare a questa impasse. D’altronde, secondo quanto riportato dalle stesse Entrate, ciò che ne consente la deducibilità per competenza in capo alla società è che il diritto all’indennità risulti da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto. Così facendo, quindi, tale diritto potrebbe risultare definitivamente acquisito essendo ancorato all’atto pubblico di costituzione dell’ente e alla contestuale nomina dell’organo amministrativo, potendone rinviare la definizione del quantum e le modalità di erogazione ad un successivo accordo unanime dei soci.