15 Marzo 2016

La difficile ponderazione tra riservatezza e utilizzo delle tecnologie

di Davide De Giorgi
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Geolocalizzare il bene aziendale è un diritto del datore di lavoro che lo può esercitare con il fine di tutelare il patrimonio aziendale. Se dal trattamento dei dati scaturiti dalla geolocalizzazione del bene emerge che il lavoratore utilizza il bene aziendale (nel caso di specie trattasi di autovettura aziendale) per scopialtri” rispetto agli incarichi affidati e fuori dal perimetro di affidamento, le risultanze che ne derivano, possono essere utilizzate legittimamente per giustificare il licenziamento del lavoratore.

Con la sentenza n. 2044 del 12 ottobre 2015, la Corte di Cassazione ha affronta il tema della legittimità dei controlli difensivi effettuati dal datore di lavoro nei confronti del lavoratore, da un lato, con l’ausilio di agenzie investigative, e dall’altro, attraverso il trattamento dei dati forniti dal sistema GPS (global positioning sistem) installato sull’auto aziendale concessa in uso al collaboratore per l’espletamento dei doveri contrattuali.

In questa circostanza, i Supremi Giudici, alimentando quel filone giurisprudenziale che ritiene lecito il controllo difensivo svolto dalla società al fine di individuare i comportamenti del lavoratore lesivi del patrimonio e dell’immagine aziendale, dichiarano legittimo il licenziamento del lavoratore che viene “geolocalizzato” ad intrattenersi al bar, in locali di tavola calda o comunque fuori della zona di attività dell’impresa, per conversare, ridere o scherzare con i colleghi durante l’orario di lavoro.

La Corte di Cassazione, dopo aver effettuato, seppur in modo stringato e con le dovute cautele, un giudizio di bilanciamento tra gli interessi contrapposti in gioco (tutela del patrimonio aziendale vs. tutela della riservatezza), manifesta un primo orientamento positivo. Avallando la legittimità del licenziamento, si dimostra incline all’attuazione conforme del pensiero espresso dal Legislatore con il c.d. jobs act.

Tra le novelle c’è la modifica dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, una norma, è bene ricordarlo, datata 1970, emanata quindi in tempi e con riferimento a un contesto tecnologico e produttivo significativamente diverso da quello attuale.

La nuova formulazione distingue nettamente il controllo a distanza sugli impianti dal controllo a distanza sugli strumenti di lavoro.

I controlli a distanza sugli impianti, finalizzati alla vigilanza sulla prestazione lavorativa, continuano ad essere sempre vietati (seppur con meno incisività rispetto alla precedente formulazione), ad esclusione del caso in cui, con un’autorizzazione sindacale o amministrativa, le apparecchiature tecnologiche installate siano dirette a organizzare il lavoro e/o garantirne la sicurezza. Per i controlli a distanza sugli strumenti di lavoro, invece, è sufficiente garantire il rispetto della riservatezza secondo le norme generali dell’ordinamento.

Si rammenta sul punto che ai sensi dell’art. 4 del c.d. Statuto dei Lavoratori, rubricato Impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo, versione post D.Lgs. n. 151/2015, è esplicitamente previsto che “I Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo gli impianti e gli strumenti di cui al periodo precedente possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. II. La disposizione di cui al comma I non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze. III. Le informazioni raccolte ai sensi dei commi I e II sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 3o giugno 2003, n. 196”.