12 Marzo 2021

La detrazione Iva per gli enti non commerciali

di Luigi Ferrajoli
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La scheda di FISCOPRATICO

L’articolo 19-ter, comma 1, D.P.R. 633/1972, rubricato “Detrazione per gli enti non commerciali”, dispone che “per gli enti indicati nel quarto comma dell’articolo 4 è ammessa in detrazione, a norma degli articoli precedenti e con le limitazioni, riduzioni e rettifiche ivi previste, soltanto l’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni fatti nell’esercizio di attività commerciali o agricole”.

Il successivo comma del medesimo articolo specifica invece che “la detrazione spetta a condizione che l’attività commerciale o agricola sia gestita con contabilità separata da quella relativa all’attività principale […]. L’imposta relativa ai beni e ai servizi utilizzati promiscuamente nell’esercizio dell’attività commerciale o agricola e dell’attività principale è ammessa in detrazione per la parte imputabile all’esercizio dell’attività commerciale o agricola”.

Ciò significa che un ente esercente un’attività promiscua – ossia che svolge al contempo tanto un’attività commerciale quanto una istituzionale – sarà legittimato unicamente alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto assolta con riferimento alle operazioni economiche effettuate nell’ambito dell’esercizio di quella commerciale o agricola.

È dunque opportuno, con riguardo agli enti non commerciali, al fine di individuare la sussistenza del requisito soggettivo di cui all’articolo 4 D.P.R. 633/1972, far riferimento alla tipologia delle operazioni effettuate dall’ente medesimo.

Con riferimento agli enti che esercitano promiscuamente ambedue le attività, istituzionale e commerciale, è di fondamentale importanza un’ordinata tenuta della contabilità separata, in quanto ciò è il requisito fondamentale per poter scomputare dall’Iva a debito quella a credito con riferimento alle operazioni economiche effettuate nella sfera dell’attività commerciale svolta.

In linea generale, perciò, gli enti non esercenti attività commerciali, nel momento in cui effettuano un acquisto, vengono considerati quali consumatori finali e, come tali, impossibilitati a detrarre l’imposta sul valore aggiunto assolta e corrisposta al cedente all’atto dell’acquisto.

È tuttavia opportuno specificare che un ente non commerciale che acquisti un bene nella propria sfera istituzionale – la cui Iva sarà dunque indetraibile – potrà in un secondo momento detrarre l’imposta sul valore aggiunto precedentemente assolta qualora venga mutata la destinazione di tale bene, ossia esso inizi ad essere impiegato nell’esercizio dell’attività d’impresa.

Ciò è quanto è stato sostenuto dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 25 luglio 2018, causa C-140/17, nella quale è stato chiarito che un ente di diritto pubblico, o comunque non esercente in via principale attività di tipo commerciale, ha “diritto alla rettifica delle detrazioni dell’Iva assolta in relazione a un bene d’investimento immobiliare […] in cui, al momento dell’acquisto […], da un lato, quest’ultimo, per sua natura, poteva essere utilizzato sia per attività imponibili che per quelle non imponibili ma è stato utilizzato, in un primo tempo, per attività non imponibili e, dall’altro, tale ente pubblico non aveva espressamente dichiarato di avere intenzione di destinare il suddetto bene a un’attività imponibile ma non aveva neppure escluso un utilizzo a tal fine, purché risulti che […] il soggetto passivo abbia agito in qualità di un soggetto passivo nel momento in cui ha effettuato detto acquisto”.

Di conseguenza, gli elementi che si devono tenere in considerazione al fine di valutare la legittimità o meno della rettifica della suddetta detrazione sono due: da un lato, che l’ente non commerciale al momento dell’atto di acquisto abbia agito quale soggetto passivo, ossia nell’ambito di un’attività economico-imprenditoriale e, dall’altro, che il bene oggetto di compravendita possa, per sua natura, essere suscettibile di un utilizzo riconducibile all’esercizio di impresa.

In ogni caso, il diritto alla detrazione dell’Iva sussiste indipendentemente dal fatto che il bene non venga sin da subito utilizzato per l’effettuazione di operazioni imponibili e dunque riferibili alla sfera commerciale.

Ciò è quanto specificato, ancora una volta, dalla Corte di Giustizia, statuendo che: “Affinché un interessato possa accedere al diritto alla detrazione occorre, da un lato, che egli sia un “soggetto passivo” ai sensi della direttiva Iva e, dall’altro, che i beni e i servizi in questione siano utilizzati ai fini di sue operazioni soggette a imposta, fermo restando che l’utilizzo che è fatto dei beni o dei servizi, o che è previsto per essi, determina solo la portata della detrazione iniziale alla quale il soggetto passivo ha diritto e l’entità delle eventuali rettifiche durante i periodi successivi, ma non incide sulla nascita del diritto alla detrazione” (Corte di Giustizia, sentenza 9 luglio 2020, causa C-374/2019).