La Dashboard ESG dell’EBA: gli effetti del rischio climatico nel settore bancario europeo
di Fabio SartoriNegli ultimi anni gli istituti di credito sono stati protagonisti di una crescente integrazione delle considerazioni ambientali, sociali e di governance (ESG) nei propri processi decisionali. Tale evoluzione si integra nella più ampia strategia di riposizionamento dei flussi di capitale verso attività connotate da una maggiore sostenibilità e da una minore impronta carbonica, coerentemente con gli impegni assunti dall’Unione Europea nell’ambito dell’Accordo di Parigi e dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.
Il ruolo del settore bancario risulta cruciale nel processo di transizione sopra descritto, non solo per la sua capacità di mobilitare ingenti risorse finanziarie, ma anche per il suo potenziale contributo alla mitigazione dei rischi climatici, supportando processi produttivi tesi a ridurre le manifestazioni produttive carboniche. La quantificazione ed il monitoraggio di tali rischi costituisce, pertanto, un prerequisito fondamentale per una corretta allocazione delle risorse e per la stabilità del sistema finanziario nel suo complesso.
In tale contesto evolutivo, l’Autorità Bancaria Europea (EBA) riveste una funzione rilevante proprio in virtù dell’incarico che le è stato affidato con l’articolo 29, lettera f), Regolamento 1093/2010/UE, che le assegna il compito di implementare un sistema di monitoraggio dei rischi ambientali, sociali e di governance in linea con l’Accordo di Parigi.
Nel mese di aprile 2025, l’EBA ha pubblicato una Dashboard ESG che risponde all’esigenza di raccogliere, aggregare e confrontare le informazioni sui rischi climatici che le banche hanno comunicato alle scadenze programmate del 31 dicembre 2023 e del 30 giugno 2024. La Dashboard dell’EBA risponde all’esigenza crescente di trasparenza e standardizzazione nell’ambito della rendicontazione non finanziaria. Tale strumento non è concepito come un mero database centralizzato, ma come una vera piattaforma di accesso a indicatori comparabili relativi all’esposizione delle banche ai rischi di climatici.
La Dashboard non è un impianto monolitico e monofasico. Essa si articola, infatti, su tre livelli di analisi principali, ciascuno dei quali rileva una dimensione fondamentale di rischio e precisamente:
- rischi di transizione: riguardano l’impatto economico che le banche potrebbero subire durante il passaggio verso un’economia con basse emissioni di carbonio;
- rischi fisici: sono legati alle conseguenze finanziarie di eventi climatici rovinosi come alluvioni e incendi (eventi acuti) o cambiamenti graduali come l’innalzamento del livello del mare (eventi cronici);
- opportunità di finanziamento sostenibile: misurate attraverso indicatori allineati alla Tassonomia UE, come il Green Asset Ratio (GAR), che quantifica quanto gli investimenti di una banca siano realmente “verdi”.
Per ciascuna di queste aree, la Dashboard propone una serie di indicatori chiave di performance (KPI) costruiti secondo metodologie rigorose e condivise, garantendo così che i dati siano veramente confrontabili tra istituti e Paesi diversi.
La Dashboard non si limita a raccogliere dati passivamente: stimola attivamente comportamenti virtuosi mettendo a confronto le pratiche adottate dalle diverse banche. L’analisi empirica dei dati raccolti attraverso questo strumento offre una fotografia dettagliata dell’esposizione del settore bancario europeo ai rischi climatici, evidenziando tendenze profonde e aree problematiche che meritano un’attenzione costante e vigile.
Rischi di transizione: il peso del carbonio nei portafogli bancari
Per quanto concerne i rischi di transizione, i dati raccolti segnalano che il settore bancario europeo respira ancora profondamente l’aria pesante delle industrie ad alta intensità carbonica. Le banche del nostro continente mantengono legami finanziari significativi con attività economiche che consumano voracemente energia fossile – carbone, petrolio e gas naturale – contribuendo così a quella coperta di gas serra che avvolge il nostro pianeta. I numeri confermano che, a giugno 2024, ben il 61% dei finanziamenti bancari europei si dirigeva verso imprese operanti in settori dall’impronta climatica pesante – dalla produzione dell’acciaio che forgia le nostre infrastrutture, ai trasporti a lunga percorrenza che connettono il nostro mondo, fino alla generazione di energia da combustibili fossili che ancora alimenta le nostre città. In alcuni Stati membri, questa percentuale ha raggiunto vette preoccupanti, superando il 70% del totale dei finanziamenti. Eppure, i numeri raccontano anche la dinamica di un iniziale miglioramento: emerge dall’analisi temporale, infatti, che il peso di questi settori nei portafogli bancari sta lentamente alleggerendosi, scendendo dal 64% di fine 2023 al 61% di metà 2024. Sebbene questa riduzione possa apparire modesta, rappresenta un passo nella direzione giusta – un indizio che i flussi di capitale stanno gradualmente deviando il loro corso verso traguardi meno dannosi per il clima, allineandosi così con l’ambizioso viaggio di decarbonizzazione intrapreso dall’Unione Europea.
Rischi fisici: una apparente serenità
Analizzando i rischi fisici, la Dashboard ci presenta un panorama che, a prima vista, potrebbe indurre ad un cauto ottimismo: meno del 30% delle esposizioni bancarie nella maggioranza dei Paesi europei si trova in territori particolarmente vulnerabili agli impatti diretti dei cambiamenti climatici. Tale riscontro sembrerebbe suggerire che il nostro sistema bancario sia relativamente al riparo dalle conseguenze più tangibili della crisi climatica – dalle tempeste che erodono le coste, alle acque che si innalzano, fino al degrado degli ecosistemi che ci sostengono.
Tuttavia, l’EBA ci invita a indossare lenti critiche nell’interpretazione di questi dati rassicuranti. Dietro l’apparente tranquillità si nasconde un mosaico di metodologie divergenti adottate dai vari istituti per valutare i rischi fisici. Osservando la mappa europea dell’analisi, emergono discrepanze significative: ogni banca, ogni Paese sembra parlare un linguaggio diverso quando si tratta di fonti di dati climatici e modelli di quantificazione del rischio. Particolarmente preoccupante è la miopia temporale che affligge molti istituti di credito: mentre gli studiosi ci avvertono che gli impatti climatici più severi si manifesteranno nel medio-lungo termine, numerose banche limitano il loro focus analitico a finestre temporali più ristrette, rischiando così di non vedere ciò che si profila all’orizzonte. Questa discrepanza tra la scala temporale dell’analisi e quella dei fenomeni climatici potrebbe portare a una pericolosa sottostima dell’esposizione effettiva ai rischi fisici.
Green Asset Ratio e allineamento alla Tassonomia UE
Tra i diversi indicatori, il Green Asset Ratio (GAR) emerge quale faro particolarmente significativo nell’orientamento verso la sostenibilità. Questo indicatore misura la percentuale di attività finanziarie che si allineano ai criteri della Tassonomia UE rispetto al totale delle esposizioni soggette a screening – in altre parole, ci informa quanto denaro delle banche fluisce effettivamente verso attività genuinamente sostenibili.
I dati raccolti rivelano una realtà in chiaroscuro: a metà 2024, il valore medio del GAR nei Paesi UE/SEE si attestava intorno al 3%, con un incremento modesto rispetto al 2,1% registrato alla fine del 2023. Questi numeri ci raccontano due storie complementari: da un lato, testimoniano che l’economia europea si trova ancora nelle fasi iniziali del suo cammino verso la sostenibilità; dall’altro, mettono in luce le difficoltà concrete che le istituzioni finanziarie incontrano nell’implementare i criteri della Tassonomia UE nella pratica quotidiana.
Tra queste difficoltà emerge la carenza di informazioni dettagliate provenienti dalle controparti finanziate, specialmente dalle piccole e medie imprese che costituiscono il tessuto vitale dell’economia europea ma che non sono soggette agli stessi rigorosi obblighi di rendicontazione imposti dalla Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) delle aziende più grandi. Questa asimmetria informativa rappresenta una sfida concreta per le banche che desiderano orientare i propri investimenti verso attività più sostenibili.
Riflessioni conclusive: un cammino ancora lungo, ma necessario
La Dashboard ESG dell’EBA rappresenta un tentativo ambizioso – si potrebbe dire coraggioso – di creare un ecosistema informativo integrato che consenta di monitorare con maggiore precisione e profondità i rischi climatici che si annidano nel settore bancario europeo. Tuttavia, il percorso verso una piena integrazione dei criteri ESG nel DNA decisionale degli intermediari finanziari si rivela ancora lungo e disseminato di ostacoli.
Le criticità operative permangono come sfide aperte: la qualità dei dati raccolti è spesso disomogenea e le metodologie di analisi adottate dai diversi attori del sistema mancano ancora di quella coerenza che permetterebbe confronti davvero significativi.
Il progressivo affinamento metodologico dello strumento, l’ampliamento del suo sguardo analitico e l’integrazione con altre fonti informative potranno contribuire significativamente a migliorare la capacità del sistema finanziario di valutare e gestire efficacemente i rischi climatici. Questo non è solo un imperativo tecnico, ma una condizione necessaria per promuovere quella transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio e resiliente ai cambiamenti climatici che rappresenta, forse, la sfida più grande della nostra epoca.