11 Aprile 2015

La check list di bilancio e i controlli sui finanziamenti

di Viviana Grippo
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La nostra disamina della check list di bilancio prosegue con le voci relative ai mutui e finanziamenti.

Anche in questo caso vale la regola generale del controllo iniziale dei saldi, che con riferimento alle voci di debito devono essere aperti in avere: in caso contrario, ovvero di saldi dare, il primo controllo da fare attiene alla correttezza delle registrazioni contabili per escludere che ce ne siano di errate.

5) MUTUI O FINANZIAMENTI

a) E’ stata controllata la corrispondenza tra saldo del conto “MUTUI” nella sezione AVERE e il debito in c/capitale nel piano di ammortamento dell’istituto che ha concesso il finanziamento? Per i mutui indicizzati produrre un piano d’ammortamento aggiornato

b) Esistono mutui/finanziamenti/aperture di credito assistiti da garanzie reali? Se sì, riepilogare i dati identificativi

c) Esistono finanziamenti soci? Predisporre dettaglio titolarità del finanziamento

Il nostro riferimento normativo è l’articolo 2424 del codice civile che prevede che i debiti siano esposti nel passivo dello stato patrimoniale nella voce D “Debiti”, con la seguente classificazione:

  1. obbligazioni;
  2. obbligazioni convertibili;
  3. debiti verso soci per finanziamenti;
  4. debiti verso banche;
  5. debiti verso altri finanziatori;
  6. acconti;
  7. debiti verso fornitori;
  8. debiti rappresentati da titoli di credito;
  9. debiti verso imprese controllate;
  10. debiti verso imprese collegate;
  11. debiti verso controllanti;
  12. debiti tributari;
  13. debiti verso istituti di previdenza e di assicurazione sociale;
  14. altri debiti

Un ulteriore riferimento è l’OIC 19. In particolare quest’ultimo stabilisce che i debiti verso banche debbano essere iscritti nella voce D4 indipendentemente dalla loro veste tecnica e che questi siano iscrivibili quando esiste l’obbligazione dell’impresa verso la controparte, momento che per i debiti finanziari, generalmente, coincide con l’erogazione del finanziamento stesso.

Al 31 dicembre occorrerà innanzi tutto stabilire se l’ammontare del saldo riportato in bilancio coincida con il debito in c/capitale risultante dal piano di ammortamento dell’istituto di credito che ha concesso il finanziamento, tenuto conto anche delle indicizzazioni; in caso di mancata corrispondenza occorrerà predisporre apposito prospetto di riconciliazione atto a spiegare e sostenere l’importo del debito indicato in bilancio.

Sempre il citato OIC 19 sottolinea che il codice civile stabilisce che in nota integrativa si debba riportare: “distintamente per ciascuna voce, lammontare dei crediti e dei debiti di durata residua superiore a cinque anni, e dei debiti assistiti da garanzie reali su beni sociali, con specifica indicazione della natura delle garanzie e con specifica ripartizione secondo le aree geografiche”.

A tal fine vanno predisposti i prospetti riepilogativi nei quali esplicitare quali eventuali debiti siano assistiti da garanzie reali e di quale tipologia oltre a distinguere i medesimi tra debiti che scadono entro l’anno successivo alla data di chiusura dell’esercizio in commento, entro cinque e oltre tale limite.

Particolare attenzione deve poi porsi ai finanziamenti rilasciati dai soci.

L’OIC 19 chiarisce che: “La voce D3 contiene l’importo di tutti i finanziamenti concessi dai soci alla società sotto qualsiasi forma, per i quali la società ha un obbligo di restituzione. Non è rilevante la natura fruttifera o meno di tali debiti, né l’eventualità che i versamenti vengano effettuati da tutti i soci in misura proporzionale alle quote di partecipazione. L’elemento discriminante va individuato esclusivamente nel diritto dei soci alla restituzione delle somme versate. Per questa tipologia di versamenti il loro eventuale passaggio a capitale necessita della preventiva rinuncia dei soci al diritto alla restituzione, trasformando così il finanziamento in apporto”.

Sussiste tuttavia una presunzione di fruttuosità derivante dalla lettura dei disposti degli articoli 45 e 46 del Tuir che rispettivamente dispongono:

“Per i capitali dati a mutuo gli interessi, salvo prova contraria, si presumono percepiti alle scadenze e nella misura pattuite per iscritto. Se le scadenze non sono stabilite per iscritto gli interessi si presumono percepiti nell’ammontare maturato nel periodo di imposta. Se la misura non è determinata per iscritto gli interessi si computano al saggio legale.”

Le somme versate alle società commerciali e agli enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera b), dai loro soci o partecipanti si considerano date a mutuo se dai bilanci o dai rendiconti di tali soggetti non risulta che il versamento è stato fatto ad altro titolo”.

Si rende necessario quindi, qualora i fondi siano prestati infruttuosamente, vincere tale presunzione, ricorrendo ad un atto pubblico, una scrittura privata autenticata o registrata o anche ad uno scambio di corrispondenza (in plico senza busta o con apposizione di timbro postale) dal quale si evinca che è volontà delle parti concedere/ottenere il finanziamento gratuitamente.

Alla stipula di un atto pubblico o scrittura privata segue l’obbligo di registrazione dello stesso entro 20 giorni con versamento delle relative imposte, tale obbligo viene meno in caso di scambio di corrispondenza.

Come abbiamo detto innanzi il socio ha diritto alla restituzione del finanziamento, tuttavia, in relazione alla restituzione dei finanziamenti nelle s.r.l. (e per la maggior parte della dottrina anche per le s.p.a.) l’art. 2467 del c.c. prevede l’applicabilità del vincolo di postergazione rispetto agli altri creditori nel caso in cui il finanziamento sia stato fatto in condizioni di copioso indebitamento rispetto al capitale e nel caso in cui l’azienda avrebbe dovuto opportunamente incrementare il patrimonio piuttosto che indebitarsi (sia pure verso i soci).

Il vincolo di postergazione diviene obbligo di restituzione nel caso in cui il rimborso del finanziamento sia avvenuto nell’anno precedente la sentenza di fallimento.

Il socio può però anche scegliere di rinunciare alla restituzione del proprio finanziamento.

L’OIC 28 specifica che: “…la rinuncia di un qualunque credito da parte del socio – che si concretizza in un atto formale effettuato esplicitamente nella prospettiva del rafforzamento patrimoniale della società – è trattata contabilmente alla stregua di un apporto di patrimonio. Pertanto, in tal caso la rinuncia dei soci al diritto alla restituzione trasforma il debito della società in una posta di patrimonio netto avente natura di riserva di capitale”.

L’art. 88 del Tuir chiarisce che tale rinuncia non costituisce sopravvenienza attiva ma incremento del patrimonio netto (di contro la rinuncia corrisponderà per il socio ad un aumento del costo fiscalmente riconosciuto della propria quota).