27 Aprile 2018

La cessione dell’azienda agricola soggiace alla prelazione agraria?

di Luigi Scappini
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Come noto, il Legislatore, con la L. 154/2016, il cd. “collegato agricolo” è intervenuto in merito alla prelazione agraria, estendendo tale istituto anche all’imprenditore agricolo professionale (Iap), seppur limitatamente alla sola fattispecie di cui all’articolo 7 L. 817/1971, con cui viene riconosciuto tale diritto in capo ai confinanti del fondo, a condizione tuttavia che sullo stesso non sussista un contratto locativo con un coltivatore diretto; infatti, in tal caso, prevale la prelazione di cui all’articolo 8 L. 590/1965 riconosciuta al solo coltivatore diretto.

Oggetto della prelazione agraria, che, come noto, consiste nella possibilità di acquisto di un fondo agricolo alle medesime condizioni economiche raggiunte con il promissario acquirente, è, in prima approssimazione, il fondo agricolo, consistente in un terreno destinato all’attività agricola con le eventuali pertinenze (intese quali fabbricati strumentali all’attività agricola).

Rinviando a precedenti contributi per quanto concerne le caratteristiche proprie che deve avere il fondo, in questa sede si vuole indagare sull’eventuale estendibilità del diritto di prelazione alla fattispecie della cessione di azienda agricola all’interno della quale sia presente un fondo rustico.

Quest’ultima precisazione si rende necessaria a seguito della riforma del 2001 con cui è stata ridefinita al figura dell’imprenditore agricolo, soggetto che ben può, da un punto di vista civilistico, esercitare l’attività pur in assenza di un fondo, elemento diventato potenziale e non più imprescindibile.

Detto ciò, punto di partenza è verificare eventuali punti di contatto tra fundus instructus e azienda agricola in quanto, se si dovesse trovare una coincidenza tra i due, l’indagine sarebbe risolta in senso positivo.

In un contesto socio economico nel quale l’attività agricola nasceva e moriva sul fondo, l’identificazione fondo attrezzato-azienda agraria poteva risultare plausibile, sebbene con qualche distinguo. Infatti, l’azienda, come strumento rivolto al mercato, non contempla l’ipotesi di produzione diretta all’autoconsumo, ben profilabile invece nel semplice possesso di un fondo rustico. Ma già all’indomani dell’emanazione del Codice del ’42, le già deboli argomentazioni a supporto della tesi dell’identificazione, apparivano slegate dalla impostazione normativa impressa dal legislatore.

Il fondo rustico attrezzato può essere definito come l’insieme del fondo stesso e delle res intese come quegli elementi per i quali il proprietario del fondo stesso aziona la pertinenzialità come definita dall’articolo 817 cod. civ.; tuttavia, si precisa come non si possa risolvere la questio concludendo per la semplice coincidenza tra fondo e pertinenzialità, essendo richiesto per il primo un complesso ragionato di beni.

Al contrario, l’azienda agricola, si compone di un insieme di beni che, oltre al terreno (elemento, come poc’anzi evidenziato, divenuto a volte residuale), delle res e di un insieme di elementi immateriali quali, ad esempio, i contratti di azienda e quelli per l’impresa.

Ecco che allora inizia a delinearsi la differenza tra fondo rustico attrezzato e azienda agricola dove nel primo si ha la presenza di due elementi ben definiti, un bene dominante e uno servente, mentre nella seconda, non si intravede tale rapporto di “sudditanza”.

Ma l’indagine in merito all’applicabilità o meno della prelazione agraria all’azienda non può fermarsi qui, essendo nella realtà ben più complessa: si pensi all’ipotesi di affitto di azienda, comprensiva di fondi rustici, a un coltivatore diretto. Se l’affittuario, in vigenza di contratto intendesse procedere alla cessione dell’azienda, sussiste o meno il diritto di prelazione di cui all’articolo 8 L. 590/1965?

La soluzione sarà positiva se si ritiene applicabile al contratto di affitto di azienda agricola l’articolo 27 L. 203/1982.

Altro caso è quello di cessione di un azienda, comprensiva di più terreni. In questo caso, i confinanti potranno azionare il diritto di prelazione sui vari fondi?

La risposta, avendo a mente la ratio ispiratrice della norma, porta a negare tale possibilità in quanto, se così non fosse, l’azienda potrebbe essere “frazionata” in tanti appezzamenti ottenendo il risultato opposto di quello desiderato; infatti, si ricorda come la prelazione abbia tra i vari obiettivi quello dell’accorpamento dei fondi, il mantenimento dell’integrità aziendale e la prosecuzione nella conduzione degli stessi.

Tali fini si ritengono tuttora meritevoli di tutela a discapito di un possibile utilizzo distorto dello strumento, quale elemento per bypassare la prelazione; d’altronde in tal caso, sarà sempre possibile azionare le vie legali per accertare l’esistenza di un negozio in frode alla legge.

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