10 Marzo 2015

La Cassazione torna sull’abuso del diritto

di Luigi Ferrajoli
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La Corte di Cassazione con la sentenza n.439/15 sancisce il principio che nei processi di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale integra gli estremi della condotta elusiva quella costruzione che, tenuto conto sia della volontà delle parti implicate che del contesto fattuale e giuridico, ponga quale elemento essenziale dell’operazione economica lo scopo di ottenere vantaggi fiscali, con la conseguenza che il divieto di comportamenti abusivi non vale ove quelle operazioni possano spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di risparmi d’imposta e manchi il presupposto dell’esistenza di un idoneo strumento giuridico che, pur se alternativo a quello scelto dalla parte contribuente, sia comunque funzionale al raggiungimento dell’obiettivo economico conseguito.

La pronuncia trae origine da una contestazione a norma dell’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973 da parte dell’Agenzia delle entrate. Nello specifico una società (A) cedeva la partecipazione di maggioranza in un’altra società (B) ai soci (persone fisiche). Successivamente acquistava da questi il ramo di azienda di B con esclusione di un immobile che quindi restava nella disponibilità dei soci (persone fisiche). Ritenendo l’operazione potenzialmente elusiva del regime fiscale dei disavanzi di fusione e di scissione, l’Ufficio prima chiedeva chiarimenti e, successivamente, emanava un atto impositivo. La società evidenziava che l’intera operazione era stata concepita per ragioni economiche finalizzate a ricondurre la società (B) all’interno di una migliore gestione dell’intero gruppo. In questo contesto erano stati utilizzati strumenti giuridici che non avevano serie alternative, se non operazioni più complesse tenuto conto anche della volontà della controparte di mantenere la proprietà degli immobili. L’Ufficio nel contestare l’elusività dell’operazione individuava nell’atto impositivo due distinte alternative:

  1. scissione parziale della società B in A del ramo d’azienda produttivo, seguita dalla vendita delle azioni di B possedute dalla società A;
  2. acquisizione da parte di B della partecipazione di minoranza, successiva incorporazione per fusione e quindi cessione ai soci persone fisiche del diritto di assegnazione dell’immobile.

A fronte di queste alternative, l’Ufficio rilevava che era stata scelta la cessione di partecipazione di maggioranza posseduta dalla società A in B e dell’acquisto del ramo di azienda, usufruendo così del risparmio di imposta conseguente all’ammortamento dell’avviamento del ramo di azienda acquisito, eludendo l’imposta sostitutiva prevista per i disavanzi derivanti da operazioni di fusione e di scissione.

Nel contenzioso instauratosi, i Giudici di merito confermavano la pretesa impositiva annullando, però, le sanzioni irrogate stante l’incertezza normativa sussistente nella vicenda; i Giudici di appello confermavano la sentenza.

Nel ricorso per Cassazione il contribuente lamentava, tra l’altro, il sindacato dei giudici di merito nella scelta degli strumenti negoziali, i quali non avevano considerato che le alternative reputate corrette dal fisco erano ben più complesse e presentavano anche varie criticità.

La Suprema Corte di Cassazione accoglie il ricorso rilevando, innanzitutto, che per consolidato orientamento l’elusività dell’operazione presuppone, tra l’altro, l’esistenza di un adeguato strumento giuridico alternativo alla scelta del contribuente e funzionale all’obiettivo economico perseguito. Nella riorganizzazione dei gruppi societari, in particolare, devono emergere manipolazioni o alterazioni di schemi negoziali classici irragionevoli in una logica di mercato, che nella specie non sono stati eccepiti dai giudici. Inoltre sia la Commissione Europea (raccomandazione n. 2012/772/UE del 06.12.2012), sia la legge delega fiscale (art. 5 L. n. 23/2014) hanno evidenziato l’esclusione della condotta abusiva allorché l’operazione sia giustificata da ragioni extrafiscali non marginali. In particolare, la Corte precisa come i criteri direttivi della Legge delega in materia di abuso del diritto ed elusione fiscale, evidenziano la necessità di:

  • definire la condotta abusiva come uso distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d’imposta;
  • garantire la libertà di scelta del contribuente tra diverse operazioni comportanti anche un diverso carico fiscale;
  • considerare lo scopo di ottenere indebiti vantaggi fiscali come causa prevalente dell’operazione abusiva;
  • escludere la configurabilità di una condotta abusiva se l’operazione o la serie di operazioni è giustificata da ragioni extrafiscali non marginali;
  • stabilire che costituiscono ragioni extrafiscali anche quelle che non producono necessariamente una reddittività immediata dell’operazione ma rispondono ad esigenze organizzative e determinano un miglioramento strutturale e funzionale dell’azienda del contribuente.   

Nella fattispecie, rileva la Cassazione, non manca la sostanza economica all’operazione che risponde alle legittime esigenze di riordino societario e produttivo peraltro avallate e condivise anche dal giudice di merito.