16 Giugno 2018

La Cassazione torna ad esprimersi sul raddoppio dei termini

di Luigi Ferrajoli
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La Corte Cassazione, Sezione Sesta Civile, con l’ordinanza n. 7500/2018 si è nuovamente pronunciata in tema di raddoppio dei termini. Si tratta, naturalmente, di una questione molto importante che è ancora oggetto di dibattito, in quanto attiene al tema fondamentale della validità dell’atto impositivo.

In particolare, nel caso di specie la Commissione Tributaria Regionale aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso un avviso di accertamento riferito a imposte dirette ed Iva per l’anno 2007, emesso oltre il termine decadenziale ordinario, ritenendo inapplicabile la disciplina del raddoppio dei termini in virtù delle modifiche normative sopravvenute con il D.Lgs. 128/2015 e la L. 208/2015.

A seguito del ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate, la Suprema Corte ha accolto le doglianze su questo specifico punto, ribadendo la propria precedente giurisprudenza.

La Cassazione ha fissato al riguardo una serie di principi che si possono definire come consolidati:

  • il raddoppio dei termini previsto dall’articolo 43, comma 3, D.P.R. 600/1973 e dall’articolo 57, comma 3, D.P.R. 633/1972, nei testi applicabili “ratione temporis”, presuppone unicamente l’obbligo di denuncia penale, ai sensi dell’articolo 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal D.Lgs. 74/2000 e non anche la sua effettiva presentazione;
  • in tema di accertamento tributario, ai fini del raddoppio dei termini previsti dall’articolo 43, comma 3, D.P.R. 600/1973 nella versione applicabile “ratione temporis”, rileva unicamente la sussistenza dell’obbligo di presentazione di denuncia penale, a prescindere dall’esito del relativo procedimento e nonostante l’eventuale prescrizione del reato, poiché ciò che interessa è solo l’astratta configurabilità di un’ipotesi di reato, atteso il regime di “doppio binario” tra giudizio penale e procedimento tributario;
  • in tema di accertamento tributario, il raddoppio dei termini previsto dall’articolo 43, comma 3, D.P.R. 600/1973 per l’Irpef e dall’articolo 57, comma 3, D.P.R. 633/1972, per l’Iva, non integra un’ipotesi di proroga dei termini ordinari, trattandosi di fattispecie distinte disciplinate direttamente ed autonomamente dalla legge in relazione a presupposti diversi, costituiti dal riscontro di elementi obiettivi tali da rendere obbligatoria la denuncia penale (per i primi) e dalla sussistenza di violazioni tributarie per le quali, invece, tale obbligo di denuncia non sussiste (per i secondi);
  • i termini previsti dall’articolo 43, comma 3, D.P.R. 600/1973 per l’Irpef e dall’articolo 57, comma 3, D.P.R. 633/1972, per l’Iva, nella versione applicabile “ratione temporis”, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi di imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, incidano le modifiche introdotte dalla L. 208/2015, il cui articolo 1, comma 132, ha introdotto, peraltro, un regime transitorio che si occupa delle sole fattispecie non ricomprese nell’ambito applicativo del precedente regime transitorio non oggetto di abrogazione – di cui all’articolo 2, comma 3, D.Lgs. 128/2015, in virtù del quale la nuova disciplina non si applica né agli avvisi notificati entro il 2 settembre 2015 né agli inviti a comparire o ai processi verbali di constatazione conosciuti dal contribuente entro il 2 settembre 2015 e seguiti dalla notifica dell’atto recante la pretesa impositiva o sanzionatoria entro il 31 dicembre 2015.

Il Giudice di legittimità ha quindi osservato che, trattandosi nel caso di specie di un avviso di accertamento notificato antecedentemente alla data del 2 settembre 2015, la sentenza resa dalla CTR e impugnata dall’Agenzia delle Entrate si era posta in aperto contrasto con tutti i principi sopra richiamati, nel momento in cui aveva affermato che vi sarebbe stata necessità di comunicazione della notizia di reato entro i termini decadenziali ordinari, anche per effetto dello jus superveniens.

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