29 Gennaio 2014

La Cassazione tassa anche le donazioni non formalizzate

di Ennio Vial
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La sentenza della Corte di Cassazione n. 634/2012 ha statuito che anche il mero bonifico non formalizzato effettuato da un genitore ad un figlio costituisce presupposto per l’applicazione dell’imposta di donazione. L’intervento ha destato particolare scalpore tra gli operatori, in quanto ha manifestato una presa di posizione nuova che deve tuttavia essere attentamente ridimensionata anche alla luce di autorevoli commenti giunti dalla dottrina.

Il caso era il seguente: due fratelli impugnano un avviso di accertamento ed irrogazione di sanzioni con il quale l’ufficio contestava loro la mancata denuncia di una donazione (in valuta estera e oro) ricevuta dal nonno nell’anno 1997 e il mancato versamento della relativa imposta. Di conseguenza, calcolava le imposte dovute e irrogava le relative sanzioni.

L’accertamento trae origine dalle risultanze di un processo penale nell’ambito del quale, secondo l’ufficio, erano stati acquisiti documenti che provavano che il nonno dei contribuenti aveva erogato agli stessi, appunto nell’anno 1997, valuta estera ed oro per un valore di circa un milione e mezzo di Euro.

La CTP ha rigettato i ricorsi dei fratelli mentre la CTR ne ha accolto gli appelli escludendo la sussistenza dei presupposti dell’imposta in quanto la donazione non si sarebbe perfezionata per difetto dei requisiti di forma previsti, a pena di nullità, dall’art. 782 c.c. e per la mancanza di un valido atto di accettazione.

Si ricorda come l’art. 782 c.c. stabilisce che “la donazione deve essere fatta per atto pubblico, sotto pena di nullità. Se ha per oggetto cose mobili, essa non è valida che per quelle specificate con indicazione del loro valore nell’atto medesimo della donazione, ovvero in una nota a parte sottoscritta dal donante, dal donatario e dal notaio. L’accettazione può essere fatta nell’atto stesso o con atto pubblico posteriore. In questo caso la donazione non è perfetta se non dal momento in cui l’atto di accettazione è notificato al donante. Prima che la donazione sia perfetta, tanto il donante quanto il donatario possono revocare la loro dichiarazione.”

La Corte di Cassazione rigetta le tesi della commissione tributaria regionale sostenendo che in base all’art. 1 del D.Lgs. 346/1990 il presupposto per l’applicabilità dell’imposta sulle donazioni va individuato nel trasferimento per scopo di liberalità di un diritto o della titolarità di un bene senza che abbia rilevanza alcuna l’inosservanza della forma dell’atto pubblico.

Del resto, secondo i supremi giudici, la mera donazione non formalizzata permetterebbe di eludere l’imposta con un sacrificio del principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 della costituzione.

Sul punto sono citati un paio di precedenti giurisprudenziali (Sentenza n.22118/2010 e sentenza n. 2698/2002).

A ben vedere, la sentenza non tiene conto di un aspetto fondamentale, ossia del fatto che l’imposta di donazione non colpisce genericamente gli arricchimenti intervenuti quanto gli arricchimenti espressamente formalizzati.

L’art. 55 co. 1 del D.Lgs. 346/1990 stabilisce espressamente che gli atti di donazione sono soggetti a registrazione secondo le disposizioni del testo unico dell’imposta di registro.

In sostanza, il riferimento viene operato agli atti formalizzati ai sensi dell’art. 782 del codice civile.

E’ pur vero che l’art. 56-bis prevede la tassabilità delle donazioni indirette, ma in questi casi si pone il problema da un lato di valutare l’effettivo intento donatorio dall’altro di distinguere la donazione indiretta da un mero spostamento non formalizzato di ricchezza che, essendo privo di causa, porta in prima battuta ad un obbligo restitutorio da parte del ricevente.

Il caso della Cassazione ricade proprio in questa seconda ipotesi. Il richiamo al principio dell’abuso del diritto appare incongruo in quanto, nella sostanza, porta a travalicare il dato normativo attribuendo un potere impositivo all’Amministrazione finanziaria pur se con il vaglio dei giudici.

Inoltre, va ricordato che in base all’art. 23 della Costituzione nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge. E’ prevista quindi una riserva di legge per imporre un aggravio patrimoniale in capo ai contribuenti.

Non si condivide quindi la tesi della Corte poiché, nell’affermare l’applicabilità dell’imposta sulle donazioni ad attribuzioni patrimoniali nulle per carenza di forma, mette in discussione uno dei principi cardine dell’imposta sulle donazioni, nonché – indirettamente – del tributo di registro, cioè prelievi fiscali concepiti per tassare la ricchezza che si manifesta attraverso determinate forme giuridiche.