15 Giugno 2015

La Cassazione si esprime sulla validità della L. 67/2014

di Luigi Ferrajoli
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Secondo la Cassazione, finché non saranno emanati i
decreti delegati previsti dalla
legge delega sulla depenalizzazione n. 67/2014, chi non versa i contributi previdenziali ed assistenziali, anche se per importi inferiori a Euro 10.000,00 per ogni periodo di imposta,
commette un reato e non un semplice illecito amministrativo.
È quanto statuito dalla terza sezione penale con la
sentenza n. 20547/2015, con la quale è stata decisa una vicenda in cui un imprenditore, condannato in primo ed in secondo grado per il reato di
omesso versamento delle ritenute previdenziali, previsto dall’art. 2 L. 638/1983, ha proposto ricorso per cassazione eccependo, tra l’altro, la violazione dell’art. 2, comma 2, lett. c), legge n.67/14.
Come noto, la L. n. 67/14 ha delegato il Governo all’emanazione di
decreti legislativi volti a depenalizzare, tra gli altri, il predetto reato, purché l’omesso versamento non ecceda complessivamente il limite di 10.000,00 Euro annui; secondo il ricorrente, nel caso in esame, rientrandosi nella soglia indicata dal legislatore, l’
entrata in vigore della legge avrebbe determinato la depenalizzazione di tutte quelle condotte astrattamente rientranti nella previsione della legge delega; inoltre la circostanza che non siano stati ancora emanati i decreti delegati non sarebbe risultata ostativa alla
pronuncia di annullamento per intervenuta depenalizzazione, poiché l’entrata in vigore della legge delega avrebbe reso definitiva la volontà del legislatore di non perseguire più penalmente gli illeciti penali ivi elencati,
senza alcuna possibilità di modifica sul punto da parte della decretazione delegata.
Secondo il ricorrente, la legge delega costituirebbe
fonte direttamente produttiva di norme giuridiche; come anche evidenziato in alcune decisioni di merito (cfr. Trib. Asti, sent. 27/06/14; Trib. Avezzano, sent. 16/10/14; Trib. Bari, sent. 16/06/14) rileverebbe il dato oggettivo che il Parlamento, ossia
l’organo costituzionale titolare del potere legislativo, ha stabilito secondo cui omessi versamenti inferiori a Euro 10.000,00 per ogni periodo di imposta non devono e non possono considerarsi offensivi di interessi penalisticamente tutelati.
La Cassazione, pur ritenendo “suggestiva” tale tesi, l’ha respinta, rilevando sostanzialmente che, nel momento odierno di
assenza di una precisa norma depenalizzatoria che trasformi un illecito oggi ritenuto penale in violazione amministrativa, se si dovesse pronunciare proscioglimento per tutti coloro i quali ad oggi, al di sotto della quota ritenuta di Euro 10.000,00, non hanno versato i contributi previdenziali previsti ex lege, si aprirebbe ad una
impunibilità generale per chi comunque violi un obbligo degno di interesse di tutela.
La
Suprema Corte ha rilevato come l’intenzione del Parlamento non fosse quella di dismettere totalmente la punibilità per i fatti di omesso versamento delle ritenute previdenziali al di sotto della nuova soglia, bensì di
assoggettarli unicamente ad una sanzione amministrativa. La pena è l’unica punibilità ad oggi prevista dall’ordinamento giuridico italiano per la violazione degli obblighi previdenziali di versamento di ritenute, pertanto, sarebbe da ritenersi
tuttora applicabile.
La Cassazione ha richiamato inoltre quanto affermato dalla
Corte Costituzionale nella sentenza n.139/14, secondo cui ”
il mancato adempimento dell’obbligo di versamento dei contributi previdenziali determina un rischio di pregiudizio del lavoro e dei lavoratori, la cui tutela è assicurata da un complesso di disposizioni costituzionali contenute nei principi fondamentali e nella parte 1^ della Costituzione (artt. 1, 4, 35 e 38 cost.)”.
La
Cassazione si era già pronunciata analogamente, sempre con riferimento al reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, con la
sentenza n.38080/14, con la quale aveva statuito che la fattispecie in esame è tuttora prevista come reato, essendosi la L. n.67/14 limitata a stabilire una delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie,
senza apportare modifiche alla figura di reato, essendo tale funzione affidata alla futura decretazione delegata.
La Suprema Corte ha concluso quindi affermando il seguente
principio di diritto: ”
Il delitto previsto dal D.L. n. 462 del 1983, art. 2, comma 1 bis, conv. con modd. in legge n. 638 del 1983, che punisce l’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, non può ritenersi abrogato per effetto diretto della L. 28 aprile 2014, n. 67, posto che tale atto normativo ha conferito al Governo una delega, implicante la necessità del suo esercizio, per la depenalizzazione di tale fattispecie e che, pertanto, quest’ultimo, fino alla emanazione dei decreti delegati, non potrà essere considerato violazione amministrativa“.