24 Gennaio 2018

La Cassazione precisa i limiti della dichiarazione fraudolenta

di Luigi Ferrajoli
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La Suprema Corte, con la sentenza n. 47603 del 2017, si è nuovamente pronunciata in materia di reati tributari, con particolare riferimento alle fattispecie di emissione di fatture per operazioni inesistenti (articolo 8 D.Lgs. 74/2000) e di dichiarazione fraudolenta (articolo 2 D.Lgs. 74/2000).

Nel caso di specie, il provvedimento di cui al presente intervento si riferisce ad un ricorso presentato da soggetto condannato dal Giudice per le Indagini Preliminari, a seguito di rito abbreviato, sia per l’ipotesi di cui all’articolo 2, sia per quella prevista dall’articolo 8.

La sentenza, confermata in grado di appello, è stata dunque oggetto di ricorso per Cassazione.

Innanzitutto, con specifico riferimento al delitto di cui all’articolo 2 D.Lgs. 74/2000 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti), il Giudice di legittimità ha precisato che, ai fini della sua integrazione, l’inesistenza può derivare dalla creazione ex novo di un documento falso, oppure dall’utilizzazione di un documento ideologicamente falso emesso da altri a favore dell’utilizzatore stesso.

Ciò posto, la Cassazione ha ulteriormente evidenziato che il delitto in esame, pur presentando un punto in comune (identificato nella presentazione di una dichiarazione infedele) con il reato previsto e punito dall’articolo 3 D.Lgs. 74/2000 (dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici), si differenzia da quest’ultimo in quanto, nel primo caso, l’elemento specializzante si concretizza nell’utilizzazione di fatture e documenti relativi ad operazioni inesistenti, mentre nella seconda ipotesi prevista dal Legislatore la falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie si accompagna all’utilizzo di mezzi fraudolenti idonei a ostacolare l’accertamento.

E’ tuttavia ancora più interessante il successivo passaggio argomentato dalla Suprema Corte, secondo cui “il delitto di dichiarazione fraudolenta, mediante l’uso di fatture fittizie, non presuppone che il documento utilizzato debba necessariamente essere emesso da terzi compiacenti, ben potendo essere creato ex novo dall’utilizzatore stesso, facendo apparire la provenienza da terzi, in quanto la ragione della norma sta nel fatto di punire colui che artificiosamente si precostituisce dei costi sostenuti, al fine di abbattere l’imponibile, e non presuppone il concorso del terzo”.

Il Collegio ha ritenuto pertanto di non conformarsi all’indirizzo giurisprudenziale che vorrebbe limitare l’operatività del citato articolo 2 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) solo ai casi in cui la fattura per operazione inesistente sia stata emessa da terzi.

La spiegazione di tale orientamento risiede nel fatto che, ad avviso della Cassazione, la provenienza dal terzo è utile solamente ai fini di correttamente differenziare i reati di cui agli articoli 8 e 3 D.Lgs. 74/2000.

Più in particolare, la condotta prevista dall’articolo 8 (Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) si contraddistingue per l’alterità tra l’emittente e l’utilizzatore, mentre nel caso dell’articolo 3 (Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici) vengono sanzionate le condotte genericamente fraudolente che incidono sulla veridicità della dichiarazione.

Sulla base di tali premesse, si deve dunque trarre la conclusione che l’articolo 2 riguardi la falsificazione della dichiarazione dei redditi consumata attraverso la rappresentazione di operazioni inesistenti, indipendentemente dal fatto che la documentazione falsa provenga dallo stesso autore del reato o da terzi soggetti.

Ciò, evidentemente, significa che il richiamato articolo 2 sanziona “i comportamenti che si risolvono nella presentazione di una dichiarazione dei redditi che rappresenti operazioni inesistenti, nulla rilevando che le fatture o i documenti che attestano tali operazioni siano creati dalla stessa persona che presenta la dichiarazione o da terzi; laddove la fattispecie prevista dal D.Lgs. n. 74 del 2000, articolo 3 è, invece, diretta a sanzionare i residui comportamenti fraudolenti diversi da quelli “speciali” descritti nel D.Lgs. n. 74 del 2000, articolo 2”.

Tale iter argomentativo ha portato la Suprema Corte a respingere il motivo di ricorso che aveva fatto leva sull’inquadramento del caso di specie nell’ipotesi di cui all’articolo 3 D.Lgs. 74/2000 (Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici) e alla conseguente assoluzione dell’imputato per mancato superamento della soglia di punibilità.

Il Giudice di legittimità ha ritenuto invece di accogliere la doglianza espressa dal ricorrente in relazione alla dichiarazione di responsabilità ex articolo 8 D.Lgs. 74/2000, motivando che il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti non può essere contestato allo stesso soggetto a cui sia addebitato il delitto di cui all’articolo 2 D.Lgs. 74/2000 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti), ossia a colui che si assume essere l’utilizzatore delle fatture stesse.

 

Temi e questioni del contenzioso tributario con Luigi Ferrajoli