10 Novembre 2015

La cartella non motivata va impugnata entro venti giorni

di Luigi Ferrajoli
Scarica in PDF

Il ricorrente che vuole far valere il vizio di motivazione della cartella esattoriale deve proporre opposizione agli atti esecutivi entro il termine di venti giorni dalla notifica della cartella, ai sensi dell’art.617, co.1. c.p.c.. Tale principio è stato stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.21080/15.

Nello specifico la Suprema Corte si è occupata di una vicenda in cui il contribuente aveva impugnato una cartella esattoriale relativa a spese di giustizia, oltre i venti giorni dalla notifica della stessa, eccependo l’assoluto difetto di motivazione dell’atto impositivo.

L’Agente della riscossione si è costituito in giudizio rilevando l’inammissibilità dell’impugnazione, atteso che l’azione proposta dal ricorrente integrava un’opposizione agli atti esecutivi e pertanto doveva essere proposta entro i venti giorni dalla notifica della cartella esattoriale, ai sensi dell’art.617 co.1 c.p.c.; termine che nel caso di specie non era stato rispettato dal contribuente.

Il Giudice di primo grado ha accolto il ricorso ritenendo non applicabile nel caso di specie l’art.617 co.1. c.p.c. attesa l’assolta impossibilità per il contribuente, in base ai dati e alle indicazioni contenute nella cartella di pagamento, di effettuare i necessari controlli sulla correttezza dell’imposizione. Il rispetto del termine summenzionato, infatti secondo il Tribunale, avrebbe sottoposto il contribuente alla riscossione coattiva esattoriale senza consentirgli di conoscere le motivazioni della ingiunzione.

L’Agente della riscossione ha proposto ricorso per Cassazione avverso tale provvedimento rilevando che l’opposizione agli atti esecutivi doveva essere proposta entro venti giorni dalla notifica dell’atto, ritenuto viziato nella forma dal debitore, così come previsto dall’art. 617, co.1. c.p.c. e, quindi il termine summenzionato doveva essere rispettato anche nei casi in cui, come nella fattispecie in esame, l’atto era carente della motivazione, indipendentemente dal grado della carenza.

La Corte di Cassazione con la sentenza n.21080/15 riprendendo un principio giurisprudenziale già consolidato ha accolto l’impugnazione proposta dall’Agenzia e ha statuito che: “…ascrive al vizio di forma la mancanza di motivazione della cartella esattoriale, in quanto si risolve in una carenza dei requisiti formali minimi di validità della stessa, cioè delle indicazioni necessarie per identificare il credito e per rendere possibile la difesa di merito” (Cass. n. 27824/09).

Ne consegue che nel caso in cui sia dedotta l’irregolarità formale della cartella esattoriale, relativa a spese di giustizia, come nel caso de quo, il contribuente deve proporre l’opposizione agli atti esecutivi nei termini di venti giorni dalla notifica della cartella per la quale è applicabile l’art. 29 del D.Lgs. n.46/99 (che rinvia per la relativa regolamentazione alle forme ordinarie) in quanto tale norma risulta applicabile sia alle entrate di natura tributaria non di competenza delle commissioni tributarie ovvero alle entrate di natura non tributaria che vengono riscosse seguendo il procedimento di cui al d.P.R. n.602/73 (Cass. n.25757/08 e Cass. n. 13583/15).

Secondo la Suprema Corte il vizio inerente la mancanza di motivazione della cartella esattoriale, anche nel caso di carenza assoluta di motivazione, determina una irregolarità formale dell’atto e non l’inesistenza giuridica dello stesso. Infatti quest’ultima si ha soltanto qualora l’atto non sia in alcun modo ascrivibile al suo modello legale, non certo quando ne sia, totalmente o parzialmente, difforme.

In materia di esecuzione forzata, l’atto è considerato inesistente qualora sia carente dei requisiti previsti ex lege, indispensabili per il raggiungimento del suo scopo, ossia l’espropriazione del bene per il soddisfacimento delle pretese creditorie.

La cartella di pagamento nel procedimento di riscossione è l’atto prodromico all’instaurazione della procedura esecutiva, ma è anche l’atto per il cui tramite il titolo esecutivo è notificato al soggetto passivo della riscossione coattiva. In questo caso il vizio di motivazione non è in alcun modo ascrivibile al suo modello legale e non rende impossibile il raggiungimento dello scopo di portare a conoscenza del contribuente dell’instaurazione dell’azione esecutiva esattoriale nei suoi confronti. Ne consegue pertanto l’invalidità della cartella esattoriale e non la sua inesistenza, con la legittima conseguenza dell’opposizione entro venti giorni dalla notifica.

Alla luce di ciò la Corte di Cassazione ha legittimamente ritenuto tardiva l’impugnazione della cartella esattoriale proposta dal contribuente, oltre i venti giorni dalla notifica della stessa e, pertanto, ne ha dichiarato l’inammissibilità.