21 Maggio 2019

Italia ancora più attrattiva per i lavoratori impatriati

di Davide AlbonicoMosè Cafiero
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L’articolo 5 D.L. 34/2019 (cd. Decreto Crescita), pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 30 aprile 2019, ha apportato rilevanti modifiche ai regimi fiscali di favore recentemente introdotti per attrarre capitale umano, e gettito, in Italia.

In particolare, con l’obiettivo di intensificare la crescita economica del Paese, sono state potenziate le agevolazioni fiscali previste per il regime dei lavoratori che trasferiscono la residenza in Italia (c.d. “impatriati”), introdotto dall’articolo 16 D.Lgs. 147/2015 (c.d. Decreto Internazionalizzazione), e successivamente modificato dalla L. 232/2016 (cd. Legge di bilancio 2017).

Tali novità hanno allargato decisamente il perimetro soggettivo di applicazione, avendo semplificato i requisiti di accesso al regime, ora meno stringenti.

Preliminarmente si ricorda come i destinatari del regime predetto siano le persone fisiche, cittadini europei ma anche di Stati non appartenenti all’Unione con i quali sia in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni ai fini delle imposte sui redditi ovvero un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale, titolari di redditi di lavoro dipendente e assimilati e redditi di lavoro autonomo, che:

  • non sono state residenti in Italia nei due periodi d’imposta precedenti al trasferimento sul territorio dello Stato della residenza, ai sensi dell’articolo 2 Tuir;
  • mantengono la residenza in Italia per i due anni successivi al trasferimento;
  • svolgono l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio dello Stato.

Dato che le modifiche troveranno applicazione a partire dal 1° gennaio 2020 e che, ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nell’anagrafe della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile (ex articolo 2 Tuir), per poter beneficiare dell’agevolazione il trasferimento in Italia potrà avvenire a partire dal 3 luglio 2019.

Le nuove disposizioni, prevedono, a differenza di quanto disciplinato nel testo ante modifiche:

  • il potenziamento del beneficio fiscale, attraverso l’innalzamento della percentuale di esenzione del reddito imponibile Irpef prodotto in Italia dal 50% al 70%;
  • la riduzione dei periodi d’imposta, da cinque a due, di residenza all’estero precedenti al trasferimento in Italia da parte del lavoratore;
  • l’eliminazione dell’obbligo per i lavoratori impatriati di rivestire ruoli direttivi ovvero di essere in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze;
  • l’eliminazione della previsione di dover necessariamente svolgere l’attività lavorativa presso un’impresa residente nel territorio dello Stato in forza di un rapporto di lavoro instaurato con questa o con società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa;
  • l’aumento della parziale esenzione del reddito imponibile Irpef fino al 90% per i lavoratori impatriati che trasferiscono la propria residenza in una delle regioni del Sud Italia (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria Sardegna e Sicilia);
  • la proroga del beneficio per altri cinque anni, con esenzione ridotta al 50% della base imponibile Irpef (in luogo del 30% previsto per i primi cinque anni), a condizione che successivamente al trasferimento in Italia, o nei dodici mesi precedenti, il lavoratore, ovvero il coniuge, il convivente o i figli, anche in comproprietà, acquisti o abbia acquistato un immobile ad uso residenziale in Italia o abbia un figlio minorenne o un figlio a carico, anche in affido preadottivo. Se i figli minorenni o a carico sono almeno pari a tre è previsto anche un aumento della misura agevolativa di esenzione del reddito dal 50% al 90%.

In ultimo, potranno ora usufruire della norma di vantaggio anche coloro che non si sono mai iscritti all’Aire, purché abbiano mantenuto per un periodo minimo di due anni la residenza fiscale in altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni. La medesima previsione di favore si applica poi anche ai lavoratori già impatriati al 31.12.2019.

Di fatto, il legislatore prevede una sanatoria per gli “impatriati italiani” che hanno già trasferito la residenza in Italia nel 2019 e a cui sono stati notificati atti impositivi – non ancora definitivi – volti al recupero del beneficio a causa della mancata iscrizione all’Aire negli anni trascorsi all’estero o nel caso in cui non siano ancora decorsi i termini per l’accertamento di cui all’articolo 43 D.P.R 600/1973, a condizione che essi siano stati residenti in uno Stato estero sulla base di una Convenzione contro la doppia imposizione.

Si ricorda infine che, così come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella circolare 17/E/2017, il regime degli impatriati non è cumulabile con il regime dei c.d. “neo residenti” (L. 232/2016, c.d. Legge di bilancio 2017).

La compilazione del quadro RW 2022