5 Dicembre 2016

L’ispettorato del lavoro sulle prestazioni sportive dilettantistiche

di Guido Martinelli
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Il neocostituito ispettorato nazionale del lavoro ha emanato, con propria lettera circolare del primo dicembre, protocollo 1/2016, le proprie indicazioni operative sul trattamento, ai fini previdenziali, dei compensi erogati dalle società e associazioni sportive dilettantistiche.

La presa di posizione appare quanto mai opportuna alla luce degli ondivaghi orientamenti fino ad oggi ricavabili dalla giurisprudenza in materia e i notevoli contenziosi che ne sono derivati.

Il punto di partenza nasce dal mancato inquadramento, sotto il profilo del diritto del lavoro, dell’attività posta in essere dai soggetti che prestano la propria opera in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche.

Era stata la stessa Suprema Corte costretta a scrivere che: “… va aggiunto che la figura del lavoratore sportivo dilettante non forma oggetto di una disciplina giuridica compiuta, né nell’ordinamento sportivo, né in quello nazionale. Manca, infatti, uno specifico inquadramento sotto il profilo del diritto del lavoro mentre si rinviene la regolazione di taluni aspetti specifici, soprattutto nel settore del diritto tributario …” (Cassazione sentenza n. 602/2014).

Il problema, rimasto insoluto anche dopo l’equivoca formulazione dell’articolo 2, secondo comma, lett. d, del D.Lgs. 81/2015, era se l’inquadramento fiscale dei compensi sportivi (che per la qualificazione come reddito diverso producevano come conseguenza l’assenza di copertura previdenziale e assicurativa) fosse applicabile o meno anche a prestazioni che avessero come “causa” una prestazione di lavoro oppure se fosse una fattispecie, quella dei compensi sportivi, applicabile solo a prestazioni a carattere associativo.

La Giurisprudenza aveva, in questi ultimi anni, costruito una fattispecie “lavoristica” (“..la finalità perseguita dal legislatore è quella di realizzare un regime di favore a vantaggio delle associazioni sportive dilettantistiche esentando dal pagamento dell’imposta (e della contribuzione) quanto queste corrispondano in forme di rimborsi forfettari o di compensi non solo agli atleti ma anche a tutti coloro che collaborino con mansioni tecniche o anche gestionali, al funzionamento della struttura riconosciuta dal Coni. Vi sottende, ovviamente, la necessità di incentivare questo tipo di attività e di alleggerirne i costi di gestione, sul presupposto della oggettiva valenza della funzione, anche educativa che consegue all’esercizio di attività sportive non professionisticheCorte di Appello di Firenze sentenza n. 683/2014; “…  Non sono condivisibili le conclusioni cui è pervenuto il giudice di primo grado nel delineare un nesso tra la natura del rapporto di lavoro e la qualifica di «esercente attività sportiva dilettantistica» che ben può caratterizzare qualsiasi tipo di rapporto di lavoro, rendendo pertanto fruibili i relativi sgravi fiscali e contributivi a prescindere dalla natura autonoma o subordinata dello stesso…” Corte di Appello di Bologna sentenza n. 250/2016) che risulta oggi confermata dalla presa di posizione assunta dal servizio ispettivo con la circolare in commento.

Inserendosi in un filone che aveva già visto, in senso conforme, la circolare del Ministero del Lavoro del 21.02.2014 e del successivo interpello n. 6/2016, l’ispettorato specifica la natura di “normativa specialeapplicabile al caso di specie volta a “favorire e ad agevolare la pratica dello sport dilettantistico”. Pertanto, procede il documento in commento, “la corretta individuazione dei soggetti eroganti (ASD, SSD) attraverso il registro delle società sportive costituisce la condizione principale per l’applicazione del regime agevolativoe dei soggetti beneficiari individuando come tali coloro i quali svolgano le funzioni necessarie per lo svolgimento dell’attività.

In questo quadro viene precisato, quindi, che l’applicazione della norma agevolativa che riconduce tra i redditi diversi le indennità erogate ai collaboratori è consentita, senza ulteriori considerazioni legate alla professionalità nello svolgimento dell’attività o alla subordinazione della stessa, sulla base di quanto ricordato dalla giurisprudenza sopra indicata, al verificarsi delle seguenti condizioni:

  1. “che l’associazione / società sportiva dilettantistica sia regolarmente riconosciuta dal Coni attraverso l’iscrizione nel registro delle società sportive;
  2. che il soggetto percettore svolga mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti e delle indicazioni fornite dalle singole federazioni, tra quelle necessarie per lo svolgimento delle attività sportivo – dilettantistiche così come regolamentate dalle singole Federazioni”.

Questa presa di posizione sicuramente appare un importante contributo di chiarezza ad una disciplina che suscitava molte incertezze e che aveva portato a numerosi contenziosi tuttora in corso. Appare altrettanto vero che, come tale, non può che essere ritenuta insufficiente, anche perché costruita solo sotto il profilo amministrativo e, pertanto, si auspica che sia solo un punto di partenza per un totale riesame legislativo della fattispecie del lavoro sportivo dilettantistico.

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