25 Ottobre 2013

Investimenti in start-up innovative in cerca di certezze

di Luigi Scappini
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In un precedente intervento ci siamo soffermati ad analizzare uno dei requisiti richiesti dal Legislatore affinché una società possa considerarsi quale start up innovativa e come tale accedere a tutta una serie di agevolazioni che sono state previste per incentivare in primis la ricerca e lo sviluppo, che come purtroppo è ormai evidente, se è stato il vanto italiano nel passato, basti pensare al “miracolo del Nord-Est”, oggi purtroppo non è più tale.

La disciplina è stata introdotta con il D.L. n. 179/12, il cosiddetto “Decreto crescita bis” e in seguito ha subito alcune correzioni a opera del D.L. 76/13.

Senza entrare nel merito di tali modifiche, ciò che preme sottolineare è, come del resto evidenziato a chiusura del precedente intervento (si veda Euroconference NEWS del 22 ottobre 2013), che a distanza di ormai un anno, mancano ancora le linee guida relative agli incentivi per gli investimenti effettuati nelle suddette start up.

Il ritardo è dovuto, da un lato alla necessità di emanazione, come previsto dall’articolo 29, comma 8 del D.L. n. 179/12, di un decreto ministeriale e dall’altro dall’autorizzazione da parte della Commissione europea.

A parziale discapito del Governo, bisogna sottolineare che, sempre a mezzo del D.L. n. 76/13, l’originario periodo di agevolazione individuato (il triennio 2013-2015) è stato esteso anche al 2016.

L’agevolazione consiste in una detrazione nel caso in cui investitore sia un soggetto Irpef o detassazione se l’investimento è riconducibile a un soggetto Ires.

Nella prima fattispecie, viene riconosciuta una detrazione dall’Irpef lorda, nella misura del 19% dell’investimento effettuato nel limite di € 500.000 annui.

Per i soggetti Ires, invece, l’articolo 29, comma 4 prevede che non concorre a formare il reddito imponibile una somma pari al 20% dell’investimento, con limite fissato a € 1.800.000 sempre su base annua.

Le percentuali sopra individuate vengono espressamente elevate al 25% ai fini Irpef e al 27% ai fini Ires nel caso in cui la start up innovativa sia a vocazione sociale, intendendo come tali quelle che rispettano i requisiti richiesti dall’articolo 25, comma 4 del D.L. n. 179/2012 e cioè operi in via esclusiva nei settori di cui all’articolo 2, comma 1 del D.Lgs. n. 155/06:

a) assistenza sociale;

b) assistenza sanitaria;

c) assistenza socio-sanitaria;

d) educazione, istruzione e formazione;

e) tutela dell’ambiente e dell’ecosistema;

f) valorizzazione del patrimonio culturale;

g) turismo sociale;

h) formazione universitaria e post-universitaria;

i) ricerca ed erogazione di servizi culturali;

l) formazione extra-scolastica;

m) servizi strumentali alle imprese sociali, resi da enti composti in misura superiore al 70% da organizzazioni che esercitano un’impresa sociale.

L’investimento può essere effettuato anche a mezzo di Oicr o società di capitali che investono prevalentemente in start up innovative.

A fini antielusivi, il Legislatore ha previsto che l’investimento nelle start up deve essere mantenuto per almeno un biennio.

In attesa dell’emanazione del decreto disciplinante di fatto il regime agevolato per gli investimenti nelle start up innovative si possono avanzare alcune ipotesi supportati dal recente passato.

In prima battuta si può fare riferimento al “bonus capitalizzazioni” di cui al D.L. n. 78/09 che prevedeva la detassazione per “aumenti di capitale sociale”, fattispecie equiparabile alla detrazione/detassazione per “la somma investita nel capitale sociale” di cui all’articolo articolo 29, comma 1 e 4 del D.L. n. 179/12. Non si ritiene decisiva per una differenziazione marcata la circostanza che il “bonus capitalizzazioni” agevolasse anche i versamenti in natura.

Sposando la tesi di una similitudine, tornano utili i chiarimenti forniti con la circolare n.53/E/2009 al fine di definire quale sia il momento da prendere a riferimento per considerare come realizzati gli investimenti nelle start up innovative.

A tal fine, si ricorda come la circolare richiamata ammetteva come agevolabili gli aumenti di capitale effettuati tramite:

1. immissione di denaro nella società;

2. versamenti a titolo di sovrapprezzo;

3. versamenti a fondo perduto e rinunce ai crediti vantati nei confronti della società.

Ragion per cui, in ipotesi di versamenti di denaro, l’effettività dell’investimento si avrà solamente alla data del reale versamento e non, ad esempio, al momento di iscrizione della delibera di sottoscrizione o aumento del capitale al Registro imprese.

Nel diverso caso di rinuncia a crediti, il perfezionamento sarà alla data dell’atto di rinuncia.

L’investimento così realizzato deve, come anticipato, essere mantenuto per almeno un biennio e allora tornano utili i chiarimenti di prassi forniti sempre con la circolare n. 53/E/2009 richiamata.

A tal fine, nell’attesa di eventuali chiarimenti futuri di prassi o previsioni differenti contenute nel D.M. in attesa di emanazione, non si avrà decadenza in caso di riduzione del patrimonio netto per effetto di perdite di esercizio, mentre, al contrario, questa situazione si manifesterà per riduzioni del capitale sociale mediante rimborso ai soci, distribuzione di riserve e restituzione di somme provenienti dal netto patrimoniale.