16 Dicembre 2016

Inutilizzabili i documenti non esibiti con dolo del contribuente

di Luigi Ferrajoli
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Con la sentenza n. 16960 dell’11 agosto 2016, la sezione quinta della Cassazione si è pronunciata in tema di verifiche fiscali e ha statuito che il rifiuto da parte del contribuente di esibire la documentazione richiestagli dagli agenti accertatori determina la preclusione a che la stessa possa essere presa in considerazione a suo favore in un momento successivo, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa ex articolo 52, comma 5, D.P.R. 633/1972, solo qualora il medesimo abbia tenuto un comportamento diretto a sottrarsi alla prova e, dunque, capace di far fondatamente dubitare della genuinità di documenti che si palesino soltanto nel corso del giudizio.

Nel caso in esame, una società aveva impugnato un avviso di rettifica relativo all’IVA scaturente da un accertamento fiscale nel corso del quale la contribuente non aveva esibito i documenti ad essa richiesti dai verificatori, adducendone la distruzione a causa di un incendio.

La CTP aveva accolto il ricorso escludendo che il rifiuto di esibizione potesse rilevare alla luce dell’avvenuta produzione delle fatture durante il giudizio. Di contro, la CTR aveva invece accolto l’appello dell’ufficio, ritenendo pienamente operante la preclusione di cui al menzionato articolo 52, comma 5.

Avverso questa sentenza la società contribuente aveva quindi proposto ricorso in Cassazione, dolendosi, tra gli altri motivi, della violazione del D.P.R. 633/1972, in relazione agli articoli 21, 52, comma 5, e 54, atteso che la CTR aveva ritenuto inutilizzabile la documentazione prodotta in sede contenziosa dalla società a sostegno della detraibilità dell’IVA recuperata dall’Agenzia.

Innanzitutto, la Cassazione ha rammentato il disposto di cui al richiamato articolo 52, comma 5, che così recita: “i libri, registri, scritture e documenti di cui è rifiutata l’esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa. Per rifiuto di esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi alla ispezione”.

Sul punto, la Suprema Corte ha quindi osservato come l’anzidetta norma fosse già stata interpretata dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 45 del 25 febbraio 2000 con cui era espressamente stabilito che la dichiarazione resa dal contribuente nel corso di un accesso o comunque di una verifica di non possedere i libri, i registri, le scritture e i documenti richiestigli in esibizione poteva determinare la preclusione a che gli stessi venissero presi in considerazione a suo favore ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa, nel caso di:

  • non veridicità o, più in generale, sostanziale rifiuto di esibizione, evincibile anche da meri indizi;
  • coscienza e volontà della dichiarazione stessa;
  • dolo, costituito dalla volontà del contribuente di impedire che, nel corso dell’accesso, potesse essere effettuata l’ispezione del documento.

Partendo da tale assunto e riaffermando principi da tempo enunciati, la Corte ha quindi ribadito che, per essere sanzionato con la perdita della facoltà di produrre i libri e le altre scritture, “il contribuente deve aver tenuto un comportamento diretto a sottrarsi alla prova e, dunque, “capace di far fondatamente dubitare della genuinità di documenti che affiorino soltanto in seguito nel corso di giudizio” (ex multis, Cassazione n. 16536/10, n. 1344/2010, n. 415/2013, n. 20487/2013, n. 8539/2014, 15283/2015 e n. 24503/2015).

In tale ottica, la Cassazione ha poi ritenuto che il disposto di cui all’articolo 52, comma 5 ha una valenza sia probatoria (“se si rifiuta l’esibizione di regola è perché si ha qualcosa da nascondere e, di regola, si ha qualcosa da nascondere quando si è violata la norma impositiva”) sia sanzionatoriaper la violazione dell’obbligo di leale collaborazione con il fisco”. Da ciò consegue come non siano ravvisabili i presupposti di applicazione della norma “allorquando l’indisponibilità sia determinata da colpa, caso fortuito o forza maggiore” (in tal senso, Cassazione n. 27556/2009).

In ogni caso, la Corte ha osservato che l’onere della prova circa la sussistenza dei presupposti di fatto per la sua applicazione non possa che incombere su chi la invochi e, quindi, nel caso di specie, sull’Ufficio, che tuttavia non aveva mai addotto circostanze, neppure indiziarie, utili a comprovare la condotta di rifiuto ingiustificato della contribuente, a confutazione di quanto sostenuto dalla medesima (ossia che i documenti fossero andati distrutti in un incendio).

Per tali ragioni, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e rinviato alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, affinché riesaminasse la fattispecie e regolasse le spese.

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