14 Maggio 2018

Immobili patrimonio nel reddito d’impresa

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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Nella determinazione del reddito d’impresa gli immobili non strumentali concorrono alla formazione del reddito secondo le risultanze catastali, con conseguente irrilevanza dei componenti positivi e negativi imputati nel conto economico.

Le disposizioni normative che regolano il reddito d’impresa (Tuir) suddividono gli immobili in tre categorie:

  • immobili strumentali (articolo 43 Tuir), che a loro volta possono essere “per natura” (classificati nelle categorie A/10, B, C, D ed E, che mantengono la strumentalità anche se non utilizzati o concessi in locazione o comodato), o “per destinazione” (utilizzati direttamente ed esclusivamente per l’attività d’impresa, a prescindere dalla categoria catastale di appartenenza), che concorrono alla formazione del reddito d’impresa in base alle risultanze contabili (deduzione dei costi, tassazione dei relativi proventi, scorporo del valore dell’area, ecc.);
  • immobili merce, costituenti oggetto dell’attività d’impresa, che concorrono alla formazione del reddito d’impresa quali rimanenze finali, valorizzate secondo le disposizioni dell’articolo 92 Tuir (ovvero articolo 93 per le opere ultrannuali);
  • immobili non strumentali (o “patrimonio”), individuati per esclusione in quanto non rientranti nelle precedenti categorie indicate. Si tratta di immobili di natura abitativa (altrimenti rientrano tra quelli strumentali per natura), non utilizzati direttamente per lo svolgimento dell’attività d’impresa, né oggetto dell’attività d’impresa.

Per tali ultimi beni, l’articolo 90 Tuir prevede la concorrenza al reddito d’impresa del reddito fondiario (o catastale), con conseguente indeducibilità di tutti i costi afferenti tali immobili (salve le eccezioni oltre evidenziate), e non imponibilità di eventuali proventi derivanti dai beni in questione, quali ad esempio i canoni di locazione.

Più precisamente, il reddito “fondiario” è determinato nel maggiore tra:

  • rendita catastale rivalutata del 5% (nel caso di immobili “vincolati” si assume la rendita catastale ridotta del 50%);
  • canone di locazione, eventualmente ridotto di un importo massimo del 15% a titolo di spese di manutenzione ordinarie effettivamente sostenute e documentate (per gli immobili “vincolati” il canone è ridotto forfetariamente del 35%). Come evidenziato nella circolare AdE 10/E/2006, le spese di manutenzione rilevanti per la riduzione del canone di locazione devono essere rimaste a carico del locatore (ipotesi poco frequente, poiché trattasi di spese contrattualmente a carico del locatario), e comunque sono rilevanti entro il predetto limite del 15%.

Il richiamo alle spese di manutenzione ordinaria deve intendersi riferito a quelle rientranti nell’articolo 3, comma 1, lett. a), D.P.R. 380/2001, vale a dire quelle relative alle opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici, nonché quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti (sul punto, la C.M. 57/1998 contiene un elenco esaustivo degli interventi edilizi che rientrano tra quelli di manutenzione ordinaria).

L’eventuale eccedenza delle spese di manutenzione ordinaria rispetto al “tetto” del 15% del canone di locazione non è deducibile, al pari degli altri costi, nemmeno negli esercizi successivi anche laddove nel corso di tali periodi le spese di manutenzione siano inferiori al predetto limite (circolare AdE 10/E/2006).

Per quanto riguarda le altre spese, si segnala che la Norma Aidc n. 156 distingue le stesse in due categorie:

  • costi dei quali si tiene conto nella determinazione degli estimi catastali, e come tali indeducibili in quanto ricompresi già nella rendita catastale, tra cui rientrano le spese di riparazione e manutenzione (salvo quanto detto in precedenza), spese di custodia e portineria degli stabili, nonché spese per la gestione e l’amministrazione dell’immobile;
  • costi non direttamente collegati all’immobile, e quindi interamente deducibili, ricomprendendo in tale ambito le spese per il personale addetto alla contabilità, le spese di gestione societaria e tutte le spese generali.

Infine, per quanto riguarda gli interessi passivi, è necessario distinguere quelli di finanziamento, ossia collegati all’acquisizione dell’immobile, che non rientrano tra i costi di cui all’articolo 90 Tuir (ferma restando l’applicabilità delle limitazioni di cui all’articolo 96 Tuir per i soggetti Ires), e quelli di funzionamento, i quali sono invece indeducibili quali costi afferenti gli immobili stessi.

 

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