10 Settembre 2016

Gli immobili patrimonio delle imprese

di Luca Mambrin
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Da un punto di vista fiscale gli immobili posseduti dalle imprese si possono distinguere in tre categorie:

  • gli immobili strumentali per natura (ovvero appartenenti alla categoria B, C, D, E e A/10) o per destinazione (utilizzati in via esclusiva e diretta dall’imprenditore nell’esercizio dell’impresa commerciale, indipendentemente dalla natura o dalle risultanze catastali);
  • gli immobili merce ovvero quelli alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa;
  • gli immobili patrimonio, che non sono né strumentali né merce, ma costituiscono un investimento per l’impresa.

L’articolo 90 del Tuir, nel prevedere che gli immobili patrimonio, proprio perché estranei al normale svolgimento dell’attività di impresa, non concorrono alla formazione del reddito d’impresa sulla base dei costi e ricavi effettivi, li distingue, per la determinazione dei relativi proventi, in relazione al luogo in cui sono situati:

  • gli immobili situati nel territorio dello Stato seguono la disciplina dei redditi fondiari di cui all’articolo 37 del Tuir;
  • gli immobili situati all’estero seguono le disposizioni dell’articolo 70 del Tuir.

Restringendo la nostra analisi alla trattazione dei fabbricati (immobili patrimonio) situati all’interno del territorio dello Stato, è necessario distinguere, al fine di determinare correttamente il reddito da assoggettare a tassazione, tra immobili locati e non locati.

Per i fabbricati non locati, il reddito è determinato in base alla rendita catastale rivalutata del 5%.

I proventi che derivano da immobili patrimonio concessi in locazione concorrono invece a formare il reddito di impresa per una somma pari al maggiore tra i seguenti importi:

  • rendita catastale rivalutata del 5%;
  • canone di locazione pattuito nel contratto, ridotto, fino ad un massimo del 15% del canone medesimo, dell’importo delle spese documentate di manutenzione ordinaria di cui all’articolo 3, comma 1 lett. a), D.P.R. 380/2001.

La deduzione dal canone di locazione è riconosciuta esclusivamente per le sole spese di manutenzione ordinaria, mentre non possono essere portati in riduzione del canone di locazione gli interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo o di ristrutturazione edilizia. Inoltre tali spese possono essere portate in riduzione del canone di locazione fino ad un massimo del 15% del canone medesimo solo se “documentate” attraverso contratti, attestazioni di pagamento, fatture e ricevute fiscali.

La principale conseguenza della determinazione del reddito degli immobili patrimonio secondo le regole dei redditi fondiari consiste nell’impossibilità di dedurre dal reddito d’impresa i costi relativi agli stessi immobili, nella considerazione che tali costi sono già considerati ai fini delle tariffe d’estimo assunte per la determinazione della rendita catastale; tale disposizione ha carattere speciale e derogatorio rispetto al principio generale di inerenza dei componenti negativi di reddito.

Tale indeducibilità non si applica agli interessi passivi maturati su finanziamenti contratti per l’acquisto (o la costruzione) di immobili patrimonio. A tali componenti negative non si applica dunque l’indeducibilità assoluta di cui all’articolo 90 del Tuir, ma il regime “ordinario” di deduzione degli interessi passivi di cui all’articolo 96 del Tuir.

Per gli immobili di interesse storico o artistico l’articolo 90, comma 1 del Tuir, stabilisce che i proventi di questi immobili patrimonio, nel caso in cui siano non locati, concorrono alla formazione del reddito di impresa sulla base della rendita catastale rivalutata del 5% e poi ridotta del 50%; se invece sono locati a terzi, concorrono a formare il reddito di impresa in misura pari al 65% del canone contrattuale, se questo è superiore al reddito minimo ordinario (rendita catastale rivalutata del 5% e poi ridotta del 50%).

A livello di dichiarazione dei redditi sono previsti nel quadro RF specifici righi che rendono operativa tale modalità di tassazione: in particolare troviamo tra le variazioni in aumento il rigo RF10 dove indicare il reddito determinato su base catastale e il rigo RF11 dove indicare i costi relativi agli immobili patrimonio da neutralizzare in quanto non deducibili, mentre tra le variazioni in diminuzione il rigo RF39 dove indicare i proventi degli immobili patrimonio da neutralizzare.

Nel momento in cui l’impresa concede in locazione un immobile abitativo deve determinare il reddito da dichiarare prescindendo dai componenti positivi (canoni) e negativi (costi) imputati a conto economico: nel modello Unico deve pertanto essere operata una variazione in diminuzione per i primi ed una in aumento per i secondi.

Si veda il seguente esempio:

La società BETA S.r.l. ha dato in locazione un appartamento, di categoria A/2 e rendita catastale (rivalutata) pari ad euro 2.000 ad un canone annuo di euro 15.000.

In relazione all’immobile locato ha sostenuto costi per complessivi euro 5.000, di cui:

  • euro 1.000 di spese condominiali;
  • euro 1.500 di spese di manutenzione straordinaria:
  • euro 2.500 di spese di manutenzione ordinaria.

Per la determinazione del reddito da assoggettare a tassazione e la compilazione del modello unico SC ecco i passaggi da effettuare:

  • si considera il canone annuo pari ad euro 15.000;
  • il canone può essere ridotto delle spese di manutenzione ordinaria, pari ad euro 2.500, nel limite del 15% del proprio ammontare, ossia euro 2.250: non sono invece da considerare le spese condominiali e quelle di manutenzione straordinaria;
  • il canone netto, pari ad euro 12.750, è superiore rispetto alla rendita castale rivalutata;
  • il reddito da dichiarare è quindi pari ad euro 12.750 e va riportato nel rigo RF10;
  • nel rigo RF11 va fatta una variazione in aumento per i costi imputati a conto economico;
  • nel rigo RF39 va operata una variazione in diminuzione per i canoni di locazione rilevati a conto economico.

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