14 Gennaio 2016

Immobili patrimonio e assegnazione agevolata

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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Anche gli immobili non strumentali (cd. “patrimonio”) detenuti dalle imprese possono essere oggetto di assegnazione agevolata ai sensi dei co. da 115 a 120 della legge di stabilità 2016. Le predette disposizioni, infatti, escludono dall’assegnazione agevolata solamente gli immobili strumentali per destinazione.

Dal punto di vista fiscale, gli immobili patrimonio concorrono alla formazione del reddito d’impresa secondo le risultanze catastali, con conseguente irrilevanza dei componenti positivi e negativi imputati nel conto economico. Le disposizioni normative che regolano il reddito d’impresa (Tuir) suddividono gli immobili in tre categorie:

  • immobili strumentali (art. 43 del Tuir), che a loro volta lo possono essere “per natura” (classificati nelle categorie A/10, B, C, D ed E), che mantengono la strumentalità anche se non utilizzati o concessi in locazione o comodato, o “per destinazione” (utilizzati direttamente ed esclusivamente per l’attività d’impresa, a prescindere dalla categoria catastale di appartenenza), che concorrono alla formazione del reddito d’impresa in base alle risultanze contabili (deduzione dei costi, tassazione dei relativi proventi, scorporo del valore dell’area, ecc.);
  • immobili merce, costituenti oggetto dell’attività d’impresa, che concorrono alla formazione del reddito d’impresa quale rimanenze finali, valorizzate secondo le disposizioni dell’art. 92 del Tuir (ovvero art. 93 per le opere ultrannuali);
  • immobili non strumentali (o “patrimonio”), individuati per esclusione in quanto non rientranti nelle precedenti categorie indicate. Si tratta di immobili di natura abitativa (altrimenti rientrano tra quelli strumentali per natura), non utilizzati direttamente per lo svolgimento dell’attività d’impresa, né oggetto proprio dell’attività d’impresa.

Per tali ultimi beni, l’art. 90 del Tuir prevede la concorrenza al reddito d’impresa del reddito fondiario (o catastale), con conseguente indeducibilità di tutti i costi afferenti tali immobili (salve le eccezioni oltre evidenziate), e non imponibilità di eventuali proventi derivanti dai beni in questione, quali ad esempio i canoni di locazione. Operata tale sterilizzazione (con le relative variazioni nel modello Unico), il reddito “fondiario” è determinato nel maggiore tra:

  • rendita catastale rivalutata del 5%;
  • canone di locazione, eventualmente ridotto di un importo massimo del 15% a titolo di spese di manutenzione ordinarie effettivamente sostenute e documentate. Come evidenziato nella circolare 13 marzo 2006, n. 10/E, le spese di manutenzione rilevanti per la riduzione del canone di locazione devono essere rimaste a carico del locatore (ipotesi poco frequente, poiché trattasi di spese contrattualmente a carico del locatario), e comunque entro il predetto limite del 15%.

Il richiamo alle spese di manutenzione ordinaria deve intendersi riferito a quelle rientranti nell’art. 3, co. 1, lett. a), del DPR 380/2001, vale a dire quelle relative alle opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici, nonché quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti (sul punto, la circolare n. 57/E/98 contiene un elenco esaustivo degli interventi edilizi che rientrano tra quelli di manutenzione ordinaria). L’eventuale eccedenza delle spese di manutenzione ordinaria rispetto al “tetto” del 15% del canone di locazione non è deducibile, al pari degli altri costi, nemmeno negli esercizi successivi anche laddove nel corso di tali periodi le spese di manutenzione siano inferiori al predetto limite (circ. n. 10/E/2006).  Per quanto riguarda le altre spese, si segnala che la Norma Aidc n. 156 distingue le stesse in due categorie:

  • costi dei quali si tiene conto nella determinazione degli estimi catastali, e come tali indeducibili in quanto ricompresi già nella rendita catastale, tra cui rientrano le spese di riparazione e manutenzione (salvo quanto detto in precedenza), spese di custodia e portineria degli stabili, nonché spese per la gestione e l’amministrazione dell’immobile;
  • costi non direttamente collegati all’immobile, e quindi interamente deducibili, ricomprendendo in tale ambito le spese per il personale addetto alla contabilità, le spese di gestione societaria e più in generale tutte le spese generali.

Infine, per quanto riguarda gli interessi passivi, è necessario distinguere quelli di “finanziamento”, ossia collegati all’acquisizione dello stesso, che non rientrano tra i costi di cui all’art. 90 del Tuir (ferma restando l’applicabilità delle limitazioni di cui all’art. 96 se trattasi di soggetti Ires), e quelli di “funzionamento”, i quali sono invece indeducibili quali costi afferenti gli immobili stessi.