10 Marzo 2014

Il trust come opportunità per il cliente, il trust come opportunità per il professionista

di Ennio VialSergio Pellegrino
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Il trust è un istituto davvero poliedrico, in grado di soddisfare le esigenze più disparate dei nostri Clienti.

Molte volte il Cliente che si avvicina al trust è motivato dalla volontà di proteggere il proprio patrimonio, oppure attirato dalla possibilità di avere un vantaggio di natura fiscale.

Questi sono indubbiamente effetti molto importanti che possono derivare dall’istituzione del trust, ma sono appunto effetti: le finalità del trust, che si devono evincere dall’atto istitutivo, sono altre e devono essere poi coerenti con il programma che quell’atto delinea.

Come evidenziato in precedenza queste finalità possono essere davvero le più disparate: dal trust familiare con finalità protettive e di passaggio generazionale a quello istituito per la cura di un disabile, dal trust di scopo a quello liquidatorio, e così via, praticamente senza limiti.

L’atto istitutivo del trust deve rispecchiare le esigenze dei Clienti e queste non sono mai le stesse.

Da questa semplice osservazione si deduce quanto sia delicato (e fondamentale) il ruolo del Professionista: l’atto istitutivo deve essere il risultato del confronto fra Professionista e Cliente.

Il Professionista deve porre al Cliente quelle domande che magari questo non si è neanche posto, evidenziargli prospettive ed esigenze alle quali forse non ha pensato: deve insomma guidarlo nel “disegnare” il trust con le soluzioni che meglio soddisfano i suoi interessi.

Per questo l’atto istitutivo del trust dovrà essere ogni volta strutturato in modo diverso (ed il copia-incolla quindi non funziona), perché è inevitabile che dal confronto con il “nuovo” Cliente emergano situazioni ed esigenze che altri non avevano posto e che richiederanno quindi la stesura di clausole ad hoc.

Il Professionista deve soddisfare gli interessi del Cliente e per farlo al meglio deve fare anche da “argine” a quelle richieste che legittimamente questi pone, ma che non sono “accettabili” o quanto meno “consigliabili”.

Uno degli scogli più ardui da superare da un punto di vista psicologico per il Cliente è, come è evidente, lo spossessamento dai propri beni. Disponendo i beni in trust questi escono dal suo patrimonio e vengono gestiti dal trustee per perseguire le finalità individuate nell’atto istitutivo. Attraverso la segregazione si ottiene l’effetto della protezione del patrimonio, ma è necessario che la segregazione sia effettiva (e non virtuale).

Il Cliente sarà naturalmente incline a perseguire l’effetto (la protezione), ma non altrettanto a porre in essere il “mezzo” attraverso cui realizzarla (la segregazione): inizierà chiedendoci di fare anche il trustee, poi, una volta convinto che questo non è opportuno, vorrà porre tanti e tali limiti all’azione del trustee da renderlo poco più che un “burattino” nelle sue mani, o magari ci chiederà di poter revocare il trust a suo piacimento, laddove “dovesse cambiare idea”.

Per il bene del Cliente dobbiamo fare “resistenza” e non soddisfare queste richieste, a costo, se non si convince, di rinunciare ad istituire il trust.

Quando questo succede, e non sarà frequente perché i Clienti, se ben indirizzati, capiranno e apprezzeranno i vantaggi del trust e la “logica” che questo deve seguire, ci sono buone probabilità che quei Clienti che si sono dimostrati non intenzionati a spossessarsi del patrimonio vi cercheranno successivamente … ma magari sarà troppo tardi per pensare al trust, perché qualcuno si sarà già attivato per aggredire il loro patrimonio o sarà in procinto di farlo (e quindi all’orizzonte c’è il rischio della revocatoria e della sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte).

Il Professionista che propone ai propri Clienti la soluzione del trust deve quindi avere una serie di caratteristiche.

Per prima cosa deve naturalmente conoscere il funzionamento dell’istituto e le principali leggi regolatrici per capire quella che può essere più adatta al caso specifico. Deve valutare le implicazioni di natura fiscale, per cogliere i benefici che possono derivare dall’istituzione del trust e per evitare gli errori che possono invece incrementare il carico fiscale. Deve essere poi in grado di redigere un atto istitutivo con clausole “personalizzate” ed in grado di perseguire effettivamente gli obiettivi che sono emersi dal confronto con il Cliente.

Ma l’aspetto che non va assolutamente sottovalutato è quello psicologico: la scelta che proponiamo al Cliente – spossessarsi del proprio patrimonio e disporlo in trust – non è una scelta “banale”, ma di assoluta delicatezza. Per questo dobbiamo essere in grado di rassicurarlo circa la bontà e validità del percorso che stiamo costruendo assieme.

Se quindi siamo “stufi” di gestire contabilità e adempimenti fiscali, e vogliamo offrire qualcosa di diverso ai nostri Clienti, facendo valere le nostre capacità professionali, il trust rappresenta sicuramente una interessante opportunità da conoscere e utilizzare.

Di questo e molto altro parleremo nello Special Event dedicato al trust che si terrà a Bologna il prossimo 21 e 22 marzo. Per info e iscrizioni www.euroconference.it

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