Il trasferimento di quote detenute da professionisti
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariIl D.Lgs. 192/2024, in attuazione della Legge delega di Riforma fiscale (L. 111/2023), ha apportato significative modifiche non solo alla disciplina della determinazione del reddito di lavoro autonomo, ma ha altresì inserito un regime di neutralità fiscale, al pari di quanto accade nel reddito d’impresa, per le operazioni straordinarie poste in essere nel mondo professionale. In questo contesto sono state modificate anche le regole di tassazione del trasferimento di partecipazioni in studi associati o società semplici che svolgono attività di lavoro autonomo, inserendo regole che non sembrano del tutto coerenti soprattutto con il contesto attuale che consente ai professionisti di svolgere la propria attività utilizzando anche veicoli societari. Nel presente lavoro si focalizza l’attenzione proprio su quest’ultimo aspetto, analizzando le regole fiscali relative al trasferimento di partecipazioni detenute dai professionisti nei diversi soggetti ai quali possono partecipare (studi associati, società semplici, società tra professionisti, etc.).
Premessa
Nell’ambito di un articolato processo di revisione delle regole fiscali nell’ambito del lavoro autonomo, il D.Lgs. 192/2024 ha apportato significative modifiche nei seguenti ambiti:
- determinazione del reddito di lavoro autonomo, inserendo nel Tuir nuovi articoli (dal 54 al 54-octies, Tuir) contenenti le regole per la quantificazione di tale reddito e di quelli assimilati. A differenza del passato, in cui vi era solo una disposizione del Tuir che conteneva le regole di determinazione del reddito professionale (l’articolo 54, Tuir), dopo l’attuazione della Riforma fiscale, al pari di quanto già previsto per il reddito d’impresa, anche per il lavoro autonomo le singole componenti reddituali sono disciplinate da uno specifico articolo del Tuir;
- operazioni straordinarie nel mondo del lavoro autonomo, con l’inserimento del nuovo articolo 177-bis, Tuir, recante disposizioni in materia di operazioni straordinarie e attività professionali. Quale regola generale, la nuova disposizione introduce la neutralità fiscale anche per le operazioni di aggregazione e riorganizzazione degli studi professionali, come già previsto nel mondo delle imprese. È bene osservare che la neutralità fiscale riguarda anche quelle operazioni straordinarie che comportano il passaggio dal reddito di lavoro autonomo al reddito d’impresa (ad esempio il conferimento dello studio professionale in una Stp), e viceversa (ad esempio la trasformazione di una Stp in studio associato);[1]
- eliminazione dall’articolo 67, lettera c) e c-bis), Tuir dell’esclusione dai redditi diversi della fattispecie di cessione delle quote di partecipazione in uno studio associato o in una società semplice che svolge attività di lavoro autonomo, e contestuale previsione di una nuova fattispecie di tassazione separata nella lettera g-ter) dell’articolo 17, Tuir, se ricorrono determinate condizioni, in relazione al trasferimento della clientela o di altri elementi immateriali riferiti all’attività professionale e per le plusvalenze derivanti dal trasferimento delle citate quote di partecipazione. Tale ultima modifica deve essere messa in relazione, come si vedrà in seguito, con l’inserimento nell’articolo 54, Tuir del principio di onnicomprensività del reddito di lavoro autonomo.
Regole applicabili prima della Riforma fiscale
Prima di analizzare le novità derivanti dall’entrata in vigore del D.Lgs. 192/2024, è necessario ricordare lo scenario normativo esistente prima della Riforma fiscale. In assenza di una precisa indicazione normativa, la cessione della quota di partecipazione in uno studio associato o in una società semplice “professionale” presentava notevoli margini di incertezza, e in dottrina erano presenti 2 differenti posizioni: la prima di esclusione da tassazione, mentre la seconda, sia pure con differenti motivazioni e modalità di tassazione, propendeva per la rilevanza fiscale di tali cessioni.
Prima tesi: esclusione da tassazione
La prima tesi ha sostenuto l’irrilevanza fiscale della cessione delle quote in questione poiché il “vecchio” articolo 67, lettera c) e c-bis), Tuir sanciva espressamente l’esclusione dai redditi diversi (capital gain) delle plusvalenze derivanti dalla cessione di quote di partecipazioni in associazioni senza personalità giuridica costituite per l’esercizio in forma associata di attività di lavoro autonomo.
L’espressa esclusione era stata inserita sin dalla Riforma del 1997 (D.Lgs. 461/1997), mentre in precedenza il vecchio articolo 81, Tuir (poi riformulato nell’articolo 67, Tuir) prevedeva la generale rilevanza fiscale delle plusvalenze da cessione di partecipazioni sociali. Sul punto, la circolare n. 165/1998 aveva chiarito che “per espressa previsione normativa restano escluse anche dalla lettera c-bis) le plusvalenze realizzate mediante cessioni di partecipazioni al capitale o al patrimonio delle associazioni tra artisti e professionisti di cui all’articolo 5, comma 3, del Tuir, residenti nel territorio dello Stato. Al riguardo si precisa che restano comunque assoggettate a tassazione, sia pure ad altro titolo, le somme attribuite ai soci o agli associati in caso di recesso dalla società o associazione”.
La circostanza che l’Amministrazione finanziaria avesse precisato la rilevanza fiscale delle somme percepite a seguito di recesso dallo studio associato sarebbe una “implicita” conferma dell’esclusione da tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni in associazioni professionali.
Del resto, la stessa Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 177/E/2009, aveva definito l’associazione professionale come un’organizzazione di persone avente lo scopo di ridurre i costi per ciascun professionista, ferma restando la rilevanza personale della prestazione professionale del singolo associato con le conseguenti responsabilità. Da tale definizione sembrerebbe quindi potersi dedurre che per l’associato lo studio associato non integra una vera e propria partecipazione al capitale di una società, ma costituisce il mezzo per esercitare in forma più organizzata la propria attività professionale. Anche questo elemento deporrebbe a favore della tesi dell’esclusione da tassazione della cessione della quota di “partecipazione” nell’associazione professionale.
Seconda tesi: rilevanza fiscale
A sostegno della tesi della rilevanza fiscale si è espressa parte della dottrina, sia pure inquadrando in differenti modalità la tassazione dei trasferimenti di partecipazioni in studi associati.
Il primo di questi orientamenti ha sostenuto la rilevanza fiscale, quale reddito diverso finanziario di cui all’articolo 67, lettera c) e c-bis), Tuir, poiché l’associazione professionale sarebbe un soggetto assimilabile alle società semplici. In merito a tale posizione non sono mancate le critiche, secondo le quali l’equiparazione fiscale tra le associazioni professionali e le società semplici ai fini fiscali (entrambe citate nell’articolo 5, comma 3, lettera c), Tuir) porterebbe a escludere da tassazione anche le cessioni di quote di partecipazione in società semplici che svolgono attività professionale[2].
Un secondo orientamento inquadrava la cessione di partecipazione in associazione professionale tra i redditi diversi di cui all’articolo 67, lettera l), Tuir, assimilando tale operazione alla cessione di contratto, ex articolo 1406, cod. civ., il quale prevede che ciascuna parte può sostituire a sé stesso un terzo nei rapporti a prestazioni corrispettive, purché l’altra parte vi consenta[3]. In tal modo, le somme percepite sono fiscalmente rilevanti quali espressione di obblighi di fare, non fare o permettere, di cui alla citata lettera l) dell’articolo 67, Tuir.
Infine, un terzo orientamento ha sostenuto la rilevanza fiscale delle somme percepite dalla cessione di quote in studi associati, assimilando tale fattispecie a quelle del recesso, con conseguente applicazione delle regole previste per tale ultima fattispecie[4].
Regole applicabili dopo la Riforma fiscale
Come visto, il regime di tassazione (se esistente) del trasferimento di quote di partecipazione in studi associati non era definito e ha lasciato importanti margini di interpretazione e di manovra ai soggetti interessati.
Con l’entrata in vigore delle novità del D.Lgs. 192/2024, lo scenario normativo è mutato profondamente, anche se, come si vedrà in seguito, le regole di tassazione dei trasferimenti in questione sono tutt’altro che chiare e non presentano profili di coerenza impositiva. All’inizio di questo contributo si è dato conto delle modifiche normative introdotte dal citato D.Lgs. 192/2024, anche se, e tale aspetto va sottolineato, il Legislatore non ha inserito nel quadro normativo del lavoro autonomo alcuna regola specifica che preveda espressamente la rilevanza fiscale delle plusvalenze derivanti dalla cessione di quote di partecipazione in associazioni professionali.
La scelta del Legislatore, almeno in prima battuta, e fatte salve le considerazioni che saranno descritte oltre in merito al “nuovo” principio di onnicomprensività del reddito di lavoro autonomo, sembrerebbe quindi di non considerare rilevante la plusvalenza da cessione di quote di studi associati quale componente specifico nell’ambito della determinazione del reddito di lavoro autonomo.
La nuova fattispecie di tassazione separata
Al contrario, l’unica nuova disposizione normativa che cita espressamente le plusvalenze derivanti dalla cessione di quote in associazioni e società (semplici) professionali è la nuova lettera g-ter) dell’articolo 17, Tuir, secondo cui sono soggette a tassazione separata i “corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali, incluse le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in associazioni o società che esercitano un’attività artistica o professionale produttiva di reddito di lavoro autonomo, se percepiti, anche in più rate, nello stesso periodo d’imposta”.
Ma la modifica riportata non ha alcun effetto sulla determinazione del reddito di lavoro autonomo, poiché la tassazione separata costituisce una modalità di tassazione di alcuni redditi che tipicamente si sono formati in più diversi periodi d’imposta, la cui tassazione ordinaria con le aliquote progressive Irpef porterebbe a un’eccessiva penalizzazione in capo al contribuente titolare di tale reddito. Non vi è infatti dubbio sul fatto che la cessione della quota di partecipazione in un’associazione o società che produce reddito di lavoro autonomo costituisce un componente straordinario di reddito per il professionista, il quale realizza in tal modo il risultato di anni (se non decenni) di dedizione alla professione[5].
Non è tuttavia corretto sostenere che la previsione di tassazione separata stia a significare che il reddito che altrimenti si dovrebbe tassare in modo ordinario rientri nella categoria del reddito di lavoro autonomo. Come detto, infatti, negli articoli del Tuir dedicati alla determinazione del reddito di lavoro autonomo non vi è alcuna previsione esplicita e puntuale dedicata a tali plusvalenze.
Le modifiche alla disciplina dei redditi diversi
L’altra importante modifica apportata dall’articolo 5, D.Lgs. 192/2024 riguarda la riformulazione dell’articolo 67, lettera c) e c-bis), Tuir, con l’eliminazione dell’esclusione dall’ambito applicativo delle associazioni professionali, la cui cessione di quote costituisce capital gain. Di seguito si offre un confronto tra il vecchio testo vigente prima della modifica e quello risultante dopo l’intervento del D.Lgs. 192/2024.
Modifiche all’articolo 67, Tuir | |
Articolo 67, lettera c), Tuir ante modifiche | Articolo 67, lettera c), Tuir post modifiche |
“le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate. Costituisce cessione di partecipazioni qualificate la cessione di azioni, diverse dalle azioni di risparmio, e di ogni altra partecipazione al capitale od al patrimonio delle società di cui all’articolo 5, escluse le associazioni di cui al comma 3, lettera c), e dei soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a), b) e d)”. | “le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate. Costituisce cessione di partecipazioni qualificate la cessione di azioni, diverse dalle azioni di risparmio, e di ogni altra partecipazione al capitale od al patrimonio delle società di cui all’articolo 5 […] e dei soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a), b) e d)”. |
Articolo 67, lettera c-bis), Tuir ante modifiche | Articolo 67, lettera c-bis), post modifiche |
“Le plusvalenze, diverse da quelle imponibili ai sensi della lettera c), realizzate mediante cessione a titolo oneroso di azioni e di ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di società di cui all’articolo 5, escluse le associazioni di cui al comma 3, lettera c), e dei soggetti di cui all’articolo 73”. | “Le plusvalenze, diverse da quelle imponibili ai sensi della lettera c), realizzate mediante cessione a titolo oneroso di azioni e di ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di società di cui all’articolo 5 […] e dei soggetti di cui all’articolo 73…”. |
A una prima lettura, la modifica apportata all’articolo 67, lettera c) e c-bis), Tuir, potrebbe portare a ritenere che la cessione di quote di partecipazione in associazione professionale, o in società semplice che svolge attività di lavoro autonomo, sia ora produttiva di reddito diverso, stante l’eliminazione dell’esclusione di tali soggetti.
Il nuovo principio di onnicomprensività
Una delle novità più impattanti nella determinazione del reddito di lavoro autonomo è la riformulazione dell’articolo 54, comma 1, Tuir. Nella tabella si riporta il testo vigente prima e dopo le modifiche apportate dal D.Lgs. 192/2024.
Modifiche articolo 54, comma 1, Tuir | |
Testo vigente ante modifiche | Testo vigente post modifiche |
“Il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte o della professione, salvo quanto stabilito nei successivi commi”. | “Il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni e’ costituito dalla differenza tra tutte le somme e i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta in relazione all’attività artistica o professionale e l’ammontare delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’attività, salvo quanto diversamente stabilito nel presente articolo e negli altri articoli del capo V”. |
Come si può vedere, mentre prima della Riforma fiscale i componenti positivi rilevanti nella determinazione del reddito di lavoro autonomo erano costituiti solamente dai compensi (in denaro o in natura) percepiti nel periodo d’imposta, per effetto delle modifiche apportate dal D.Lgs. 192/2024 i componenti positivi di reddito sono ora formati da tutte le somme o i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta in relazione all’attività professionale svolta.
Le modifiche apportate, e in precedenza descritte, all’articolo 67, lettera c) e c-bis), Tuir e l’introduzione della tassazione separata per le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni in associazioni professionali e società produttive di reddito di lavoro autonomo, ha portato, come si legge nella Relazione illustrativa al D.Lgs. 192/2024, a ritenere incluse nel reddito di lavoro autonomo, in considerazione del principio di onnicomprensività, le plusvalenze derivanti dalla cessione di quote in associazioni professionali o in società semplici produttive di reddito di lavoro autonomo, fatta salva la possibilità di assoggettare tali proventi a tassazione separata in virtù della nuova lettera g-ter) dell’articolo 17, Tuir. Alcuni Autori[6] hanno da subito aderito a tale impostazione, ma a parere di chi scrive la conclusione non pare potersi accettare senza formulare alcune critiche poiché, come si vedrà, la tassazione nell’ambito del lavoro autonomo non è (sempre) del tutto coerente.
Una possibile diversa chiave di lettura
Quel che si intende provare è di comprendere se il principio di onnicomprensività del reddito di lavoro autonomo si spinga al punto tale da ricomprendere anche delle fattispecie reddituali che, se confrontate con altre situazioni del mondo imprenditoriale, sfuggirebbero alla tassazione nel reddito d’impresa, poiché inquadrabili in altre categorie reddituali.
Come opportunamente osservato in dottrina[7], si pensi alla persona fisica imprenditore individuale che nel contempo detiene una quota di partecipazione in una società di persone[8]. Le disposizioni del Tuir consentono a questo soggetto di “qualificare” la partecipazione come bene relativo all’impresa, e come tale produttivo di reddito d’impresa, o di mantenere tale bene nella propria sfera privata, con conseguente estraneità al reddito d’impresa delle vicende connesse alla detenzione della quota. L’articolo 65, comma 1, Tuir, infatti, considera relativi all’impresa (e quindi produttivi di reddito d’impresa) solamente i beni che l’imprenditore individuale indica nell’inventario (se adotta il regime di contabilità ordinaria) o nel registro dei beni ammortizzabili (se adotta la contabilità semplificata). In tal modo, si concede al contribuente di scegliere la modalità di tassazione derivante dalla cessione della partecipazione nella società, alternativamente quale plusvalenza (o minusvalenza) nel reddito d’impresa o quale reddito diverso (capital gain) di cui all’articolo 67, Tuir, in dipendenza del comportamento adottato dal punto di vista contabile. Al contrario, qualora la persona fisica sia solamente socio della società di persone (senza svolgere al contempo un’attività d’impresa individuale), non vi è alcuna scelta in quanto la cessione della partecipazione può generare solo capital gain quale reddito diverso di cui al citato articolo 67, Tuir.
Perché non dovrebbe potersi arrivare alla medesima conclusione per la persona fisica che detiene una quota di partecipazione in uno studio associato che svolge attività di lavoro autonomo? In tale ambito non sussiste una norma analoga a quella dell’articolo 65, Tuir in materia di reddito d’impresa, ragion per cui potrebbe addirittura sostenersi che qualsiasi partecipazione detenuta in un soggetto che svolge attività di lavoro autonomo sia estranea a tale attività e rientri nella sfera privata del soggetto che la detiene. Del resto, l’attività professionale è svolta dallo studio associato, pur mantenendosi la responsabilità professionale in capo all’associato, e lo stesso accade nelle società di persone in cui l’attività d’impresa è posta in essere dalla società con l’apporto lavorativo del singolo socio.
Vi è poi un altro elemento che a parere di chi scrive deve essere tenuto in considerazione, e che riguarda la distinzione tra beni di “primo grado” e beni di “secondo grado”. Nelle disposizioni del Tuir che regolano il reddito d’impresa, la scelta del Legislatore è stata chiara, nel senso di attrarre in ogni caso nel reddito d’impresa la cessione dei beni di primo grado, quali i singoli beni o l’azienda, mentre il trasferimento di beni di secondo grado, ossia le partecipazioni, normalmente attengono alla sfera personale, salvo quanto già detto in merito alla possibile inclusione quale bene relativo all’impresa[9].
Si pensi a 2 soci persone fisiche di una Snc che intendono trasferire l’attività a terzi. Se tale trasferimento avviene con la cessione dell’azienda (bene di primo grado) la plusvalenza è tassata nel reddito d’impresa, mentre se trasferiscono i beni di secondo grado (le partecipazioni), il reddito è imponibile quale capital gain ed estraneo all’impresa. Se trasliamo tale esempio a 2 persone fisiche che svolgono un’attività professionale quali soci di uno studio associato, il trasferimento dello “studio” (o meglio della clientela[10]) è certamente attratto nel reddito di lavoro autonomo quale bene di primo grado, mentre la cessione delle quote (quali beni di secondo grado) perché mai dovrebbero essere attratti anch’esse al reddito di lavoro autonomo? Pare più logico e coerente tassare tali redditi nell’ambito di quelli diversi.
Conclusioni
Pur nella consapevolezza che le osservazioni sin qui svolte siano opinabili e frutto di un’interpretazione personale, sia pure motivata da considerazioni tecniche, si può anche osservare che non si comprende il motivo per cui un professionista che nel contempo sia socio di una Stp e di uno studio associato, all’atto della cessione delle 2 partecipazioni ottenga 2 tassazioni completamente differenti: capital gain per la cessione delle quote nella Stp (quale soggetto che pur svolgendo attività di lavoro autonomo produce reddito d’impresa), e reddito di lavoro autonomo per il trasferimento delle quote nello studio associato. Ma, inoltre, in assenza di una partita Iva in capo all’associato (qualora non svolga anche un’attività di lavoro autonomo individuale), il Legislatore pretende l’apertura di una posizione Iva al solo scopo di tassare tale reddito? È pur vero che, come già visto, sussiste la possibilità di accedere alla tassazione separata, ma limitatamente all’ipotesi di incasso del prezzo, anche in più rate, nello stesso periodo d’imposta. E se tale incasso è rateale in più anni? In attesa di comprendere quale sarà l’evoluzione interpretativa, francamente pare poco coerente e logica la conclusione di tassare tali somme nel reddito di lavoro autonomo (perlomeno in capo a un soggetto che non svolga già personalmente tale attività).
[1] Nell’attuale assetto normativo, infatti, si assiste ad uno “strano”, e per molti versi incomprensibile, dualismo in base al quale se il professionista svolge la sua attività come associato di un’associazione professionale, piuttosto che di una società semplice che svolge attività di lavoro autonomo, produce reddito professionale; mentre se lo stesso soggetto è socio di una Stp il reddito prodotto da tale soggetto è reddito d’impresa.
[2] D. Deotto, “Quando lo studio passa di mano il prelievo varia con la forma sociale”, Il Sole 24 Ore del 17 febbraio 2020.
[3] Per approfondimenti si rimanda a A. Cotto, “Profili fiscali della riorganizzazione degli studi professionali”, La gestione straordinaria delle imprese n. 1/2015, pag. 39.
[4] In tal senso G. Andreani, A. Dodero, G. Ferranti, “Testo unico imposte sui redditi”, Milano, 2020, pag. 979.
[5] Restano invece escluse alla tassazione separata le plusvalenze derivanti dalla cessione di quote in società tra professionisti (Stp) o tra avvocati (Sta), in quanto soggetti produttivi di reddito d’impresa. Tali plusvalenze, come già rimarcato, rientrano tra i redditi diversi finanziari di cui all’articolo 67, lettere c) e c-bis), Tuir, soggetti alla tassazione sostituiva del 26%.
[6] L. Miele, “La cessione di quote di associazioni professionali produce reddito di lavoro autonomo”, Il Quotidiano del commercialista del 17 dicembre 2024, e G. Gavelli, “Studi associati, cessione quote nel reddito di lavoro autonomo”, Il Sole 24 Ore del 29 maggio 2024, pag. 27. Quest’ultimo sostiene che anche le plusvalenze da cessione di quote in Stp, per effetto della Riforma, debbano passare da capital gain (redditi diversi) a reddito di lavoro autonomo.
[7] S. Gestra e G. Guarnerio, “Proventi da cessione di quote di associazioni professionali: plusvalenze o redditi di lavoro autonomo?”, Il Fisco n. 14/2025, pag. 1217.
[8] O in una società di capitali, ma che in questa sede non è di interesse ai fini dell’indagine.
[9] Ovviamente tale distinzione non rileva qualora tali beni siano detenuti da società commerciali per la nota presunzione che per tali soggetti qualsiasi reddito è attratto nel reddito d’impresa.
[10] Per completezza di segnala che, mentre prima della Riforma tale componente reddituale era specificamente previsto nell’articolo 54, Tuir, dopo la Riforma la cessione della clientela o di altro elemento immateriale è stato espunto dall’articolo 54, Tuir e implicitamente “rientrato” tramite il principio di onnicomprensività. Ma tale conclusione ha la sua logica trattandosi di un bene di primo grado.
Si segnala che l’articolo è tratto da “La rivista delle operazioni straordinarie”.