2 Febbraio 2023

Il tentativo nelle frodi Iva transfrontaliere

di Luigi Ferrajoli
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La scheda di FISCOPRATICO

La recentissima novella di cui al D.Lgs. 156/2022 ha apportato un’importante modifica all’articolo 6 D.Lgs. 74/2000.

Nella precedente formulazione, la norma escludeva la punibilità, a titolo di tentativo, degli illeciti penali di cui agli articoli 2, 3 e 4 del medesimo decreto (“I delitti previsti dagli articoli 2, 3 e 4 non sono comunque punibili a titolo di tentativo”).

In sostanza, per i reati di dichiarazione fraudolenta e di dichiarazione infedele era preclusa l’applicazione della disciplina disposta, in via generale, dall’articolo 56 c.p. in ordine al tentativo, secondo cui chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato se l’azione non si compie o l’evento non si verifica.

Ora, l’articolo 4, comma 1, lettera a), D.Lgs. 156/2022 ha eliminato il termine “comunque” e ha aggiunto la locuzione “salvo quanto previsto al comma 1-bis” per cui, nella struttura attuale della norma, “quando la condotta è posta in essere al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri, connessi al territorio di almeno un altro Stato membro dell’Unione europea, dai quali consegua o possa conseguire un danno complessivo pari o superiore a euro 10.000.000, il delitto previsto dall’articolo 4 è punibile a titolo di tentativo. Fuori dei casi di concorso nel delitto di cui all’articolo 8, i delitti previsti dagli articoli 2 e 3 sono punibili a titolo di tentativo, quando ricorrono le medesime condizioni di cui al primo periodo”.

L’originario comma 1 bis della fattispecie penale in esame, introdotto dall’articolo 2, comma 1, D.Lgs. 75/2020, prevedeva invece che “salvo che il fatto integri il reato previsto dall’articolo 8, la disposizione di cui al comma 1 non si applica quando gli atti diretti a commettere i delitti di cui agli articoli 2, 3 e 4 sono compiuti anche nel territorio di altro Stato membro dell’Unione europea, al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto per un valore complessivo non inferiore a dieci milioni di euro”.

In pratica, il “vecchio” articolo 6 riconosceva la punibilità della condotta a titolo di tentativo nel caso in cui i reati di cui agli articoli 2, 3 e 4 fossero compiuti in uno Stato membro UE, in presenza dell’elemento soggettivo del dolo specifico di evadere le imposte e con una soglia di rilevanza penale non inferiore a dieci milioni di euro.

Nell’attuale previsione, il Legislatore ha voluto ampliare e precisare la portata della norma, facendo specifico riferimento alla fattispecie di dichiarazione infedele di cui all’articolo 4 e introducendo espressamente la locuzione “sistemi fraudolenti transfrontalieri connessi al territorio di almeno un altro Stato membro dell’Unione europea”, nonché il concetto di “danno” complessivo, mantenendo la soglia di rilevanza penale nell’ambito dei dieci milioni di euro precedentemente adottata.

La punibilità del comportamento a titolo di tentativo è stata prevista anche in relazione al delitto di dichiarazione fraudolenta, di cui agli articoli 2, 3, fuori dei casi di concorso con l’articolo 8 e ricorrendo le medesime condizioni indicate dal primo periodo della fattispecie de qua.

In pratica, alla semplice previsione a che il comportamento fosse realizzato “anche nel territorio di altro Stato membro della UE”, oggi si assiste ad un espresso riferimento a sistemi di frode che coinvolgano almeno un altro Stato dell’Unione europea.

Ciò rappresenta, evidentemente, una scelta legislativa volta ad allargare la struttura della fattispecie nell’ottica di meglio tutelare gli interessi dell’Unione Europea, in presenza di una sempre più diffusa problematica di emersione di fenomeni criminosi collegata all’abolizione delle frontiere doganali avvenuta nel 1993 e alla sempre più frequente mancata riscossione dell’Iva a seguito di condotte di marcata matrice fraudolenta.

In particolare, la Direttiva (UE) del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 1371/2017 relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale (c.d. “Direttiva PIF”), all’articolo 3, comma 2, lett. d), ha specificato che, in relazione all’Iva, per “frode” si intende l’azione od omissione commessa in sistemi fraudolenti transfrontalieri con utilizzo o presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti, cui consegua una diminuzione delle risorse del bilancio dell’Unione, mancata comunicazione di un’informazione in violazione di un obbligo specifico, con presentazione di dichiarazioni inesatte per dissimulare, in maniera fraudolenta, il mancato pagamento o la costituzione illecita di diritti a rimborsi di tale imposta.