30 Settembre 2013

Il socio evita la comunicazione dei beni se paga per l’utilizzo

di Fabio Garrini
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Con i Provvedimenti 94904/2013 e 94902/2013– entrambi pubblicati il 2 agosto 2013 – il direttore dell’Agenzia delle Entrate ha approvato il modello attraverso il quale rendere le comunicazioni relative ai beni utilizzati dai soci e dai familiari dell’imprenditore, nonché i finanziamenti e le capitalizzazioni da parte dei soci nei confronti delle società.

Pur trattandosi di due distinti provvedimenti, in quanto sono destinati separatamente ai due adempimenti (da una parte i beni utilizzati, dall’altra finanziamenti/capitalizzazioni), occorre evidenziare che, per la scadenza del 12 dicembre, entro la quale si dovrà procedere a comunicare utilizzi e concessioni avvenute nel corso del 2012 (la comunicazione per il 2011 oggi risulta non più dovuta), il modello è il medesimo.

Quest’oggi concentriamo la nostra attenzione sulla comunicazione relativa ai beni ed in particolare sul presupposto che comporta la necessità di rendere tale adempimento.

Come ben noto, il D.L. 138/2011 aveva introdotto, oltre alla necessità di informare l’Amministrazione Finanziaria circa l’utilizzo di beni da parte dei soci o familiari, anche la necessità di rilevare un reddito diverso in capo all’utilizzatore, nonché l’indeducibilità in capo alla società / ditta concedente. Ponendo in secondo piano il tema della indeducibilità (visto che comunque spesso si tratta di beni, quali vetture e immobili, che già soffrono di specifiche regole di limitazione alla deduzione), va ricordato comunque che tale reddito diverso viene a generarsi quale differenza tra valore di mercato dell’utilizzo del bene e corrispettivo che eventualmente il socio ha corrisposto per tale utilizzo.

Si pensi al caso del socio che ha a disposizione l’immobile intestato alla società, per il quale viene individuato un congruo valore di mercato pari a 6.000 euro. Se il socio nulla paga per tale utilizzo (come spesso accade), occorrerà rilevare (o per meglio dire, già nella scorsa dichiarazione si sarebbe dovuto fare ciò) un reddito diverso di 6.000 euro nel quadro RL.

Ma se viene posto in essere un contratto di locazione che prevede l’addebito al socio di canoni di locazione per 6.000 euro annui, allora non sorge alcun reddito diverso e quindi nessuna conseguenza sulla dichiarazione dei redditi del socio.

Discorsi analoghi valgono nel caso di un’autovettura, ricordando comunque come il valore normale sia rappresentato dal valore convenzionale previsto dall’art. 51 Tuir e tenendo comunque conto degli esoneri previsti per amministratori e, ad alcune condizioni, per dipendenti e professionisti soci. Su questo tema avremo però occasione di tornare ben presto.

Comunicazione solo con corrispettivo non congruo

Il dubbio che ci si poneva però era il seguente: avendo correttamente regolamentato l’utilizzo del bene da parte del scoio (come ad esempio nel caso descritto, stipulando un congruo contratto di locazione per l’immobile), si è comunque tenuti alla comunicazione?

In base alle precedenti istruzioni contenute nel provvedimento del 16 novembre 2011 occorreva concludere in senso affermativo, considerato che non era previsto alcun esonero, e si ricavava come l’obbligo di comunicazione fosse legato all’utilizzo del bene, non rilevando quindi se vi fosse o meno reddito diverso tassabile in capo all’utilizzatore.

Il provvedimento recentemente approvato risolve in modo soddisfacente la questione.

Nel paragrafo 2.1 si legge che la comunicazione va resa nel caso in cui soci e familiari “… hanno ricevuto in godimento beni dell’impresa, qualora sussista una differenza tra il corrispettivo annuo relativo al godimento del bene ed il valore di mercato del diritto di godimento.”

Questo significa che in tutti i casi in cui non vi sia un reddito diverso tassabile, perché ci si è premurati di individuare un congruo corrispettivo, non vi è neppure la necessità di comunicare alcunché all’Amministrazione Finanziaria: una semplificazione, va detto, non di poco conto.

A ben vedere, con tale nuova indicazione, la comunicazione è finalizzata non solo alla raccolta di informazioni sui soggetti a cui effettivamente riferire i beni intestati alle società e alla ditte, ma anche (e forse soprattutto) a far emergere redditi che in precedenza non venivano correttamente rilevati.

Probabilmente vale oggi la pena di ripensare a quelle immobiliari costituite al solo fine di detenere un bene utilizzato dai soci di questa (spesso la casa di abitazione o la casa delle vacanze): se il socio utilizza il bene gratuitamente (situazione, va detto, da sempre non proprio cristallina) vi sarebbe l’obbligo di comunicare tale utilizzo, il socio si troverebbe un reddito diverso da tassare in dichiarazione e la società, senza reddito e ricavi, sarebbe invischiata nel “pantano fiscale” delle società di comodo.

Al contrario, redigendo un contratto di locazione a valore di mercato il reddito tassabile si trasferirebbe dal socio (in relazione al quale non si formerebbe più il reddito diverso) alla società (che invece dovrebbe sottoporre a tassazione i canoni addebitati), probabilmente evitando lo “spauracchio” della gestione delle società non operative e di certo evitando la comunicazione per l’utilizzo dell’immobile.

Un cambio di rotta non facile da consolidare nelle usanze di alcuni clienti, me che a ben vedere pare un gettone da pagare per ottenere una molteplice serie di benefici.