4 Aprile 2016

Il registro all’8% resiste all’affitto a terzi del terreno

di Luigi Scappini
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Anteriormente al taglio lineare delle agevolazioni connesse all’imposta di registro applicabile alle transazioni immobiliari, il settore dell’agricoltura, senza timore di smentita, rappresentava quello per il quale tali strumenti erano plurimi e tutti di indubbio vantaggio.

Tra questi sicuramente il più conosciuto, e l’unico rimasto in vigore, è quello dell’agevolazione per la piccola proprietà contadina, di cui all’attuale L. 25/2010, di recente rivista per quanto attiene il perimetro soggettivo dalla L. 208/2015 (Stabilità per il 2016), e consistente nell’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa (in ragione dell’attuale 15%) e dell’imposta catastale in misura pari all’1% (contro l’ordinaria misura fissa pari a 200 euro).

A tale forma agevolativa, in passato, si affiancava quella di cui all’articolo 1, nota I della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/1986 (Tur), con cui era prevista l’applicazione dell’imposta di registro in misura ridotta pari all’8%.

Tali due regimi agevolativi si caratterizzavano per avere quali destinatari i medesimi soggetti, individuati in via prioritaria negli imprenditori agricoli principali (Iap), figura precipua del mondo agricolo, a condizione dell’iscrizione alla relativa gestione previdenziale ed assistenziale.

Tuttavia, le due fattispecie divergevano e non di poco, per quanto attiene le cause di decadenza, infatti, se per la cd. piccola proprietà contadina esse, in ragione anche dell’indubbia agevolazione concessa, sono stringenti, così non è per l’agevolazione di cui all’articolo 1 richiamata.

Tra le cause di decadenza previste per la piccola proprietà contadina vi è la cessazione diretta della coltivazione del fondo da parte dell’acquirente entro un quinquennio (il termine era stato elevato a 10 anni dall’articolo 28 della Legge n. 590/1965, per poi essere ricondotto agli attuali 5 anni con l’articolo 11 del D.Lgs. n. 228/2001) dall’acquisto.

Al contrario, l’agevolazione di cui all’articolo 1 richiamato prevede, quale unica causa di decadenza, la destinazione dei terreni, o delle relative pertinenze, a un uso diverso da quello agricolo nel termine di 10 anni dal trasferimento. In tal caso il mutamento di destinazione deve essere comunicato entro 1 anno all’ufficio del registro competente. In caso di omessa denuncia si rende applicabile una soprattassa pari alla metà della maggior imposta dovuta in dipendenza del mutamento della destinazione.

E sul punto è intervenuta di recente la CTR Firenze che, con la sentenza n.159/XXIX/2016, ha confermato come non rappresenti una causa di decadenza dall’agevolazione di cui all’articolo 1 richiamato  la concessione in affitto del terreno acquistato, a condizione che ne sia mantenuta la destinazione agricola richiesta dalla norma stessa (nel caso di specie i terreni erano stati concessi temporaneamente in locazione a soggetti terzi per la coltivazione dei girasoli, che per le loro intrinseche proprietà biologiche contribuiscono all’arricchimento del terreno, in ossequio al principio della rotazione colturale).

In altri termini i giudici toscani affermano che non rileva chi coltivi il terreno a condizione che non ne venga snaturato l’utilizzo agricolo e che la proprietà resti in capo all’acquirente originario.

Al contrario, l’agevolazione per la piccola proprietà contadina, come anticipato è una norma più stringente che richiede la conduzione diretta del terreno da parte dell’acquirente, sebbene per un periodo ridotto, essendo richiesto il possesso per un quinquennio.

In tal senso si è espressa di recente la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 6688 del 21 marzo 2014 ha stabilito la decadenza nel caso di concessione in affitto intercalare dei terreni acquistati in via agevolata.

Infatti, unica deroga normativamente concessa è quella della concessione in affitto del terreno nei confronti del coniuge o dei parenti entro il terzo grado o degli affini entro il secondo che siano a loro volta imprenditori agricoli ai sensi dell’articolo 2135 codice civile.

Si ricorda come i contratti intercalari sono quelli inerenti a colture stagionali che si realizzano quando il concedente conceda a soggetti terzi il godimento dei terreni lasciati liberi nel periodo intercorrente tra l’ultimo raccolto e la nuova semina o piantagione.

L’intercalarità, di fatto, esprime l’inframmettersi di una coltura di breve ciclo all’interno della realizzazione di un prodotto dello stesso genere di più lungo ciclo, a fronte della mera stagionalità. In pratica, la coltura di ciclo breve si inframette tra il raccolto e l’impianto di altra produzione di ciclo più lungo, ragion per cui il relativo contratto è sintomatico della cessazione della coltivazione diretta da parte del proprietario” con conseguente decadenza dall’agevolazione.