25 Giugno 2019

Il rateizzo in pendenza di giudizio non costituisce rinuncia al ricorso

di Angelo Ginex
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In tema di contenzioso tributario, non implica, logicamente, di per sé alcuna rinuncia al ricorso, né la contestuale estinzione per cessazione della materia del contendere, la richiesta e l’ammissione al pagamento rateale del debito d’imposta posto a base della cartella impugnata, non determinando tale atto il venir meno dell’interesse ad agire.

È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 12244 del 09.05.2019.

La vicenda trae origine dall’opposizione avverso un fermo amministrativo e una comunicazione di iscrizione ipotecaria, unitamente alle cartelle di pagamento ad essi sottese, per difetto di notifica di queste ultime da parte di un contribuente.

Non sussistendo alcuna prova della notificazione degli atti impositivi, la domanda veniva accolta dai giudici di prime cure e a detta pronuncia seguiva conferma anche da parte dei giudici del gravame, atteso che, in assenza del versamento in atti delle prodromiche cartelle, non vi sarebbe stata dimostrazione delle relative notifiche.

Da ultimo, veniva precisato che non si poteva dare seguito alla richiesta della dichiarazione di cessazione della materia del contendere, formulata dall’Agente della riscossione, in quanto non vi era prova della revoca del provvedimento di fermo amministrativo posto a base della richiesta medesima.

L’Agente della riscossione, pertanto, decideva di presentare ricorso per cassazione deducendo, fra gli altri motivi, la violazione di legge ex articolo 360, comma 1 n. 3 c.p.c., per erronea applicazione degli articoli 2700 e 2718 cod. civ., degli articoli 24, 25 e 49 D.P.R. 602/1973, dell’articolo 5, comma 5, D.L. 669/1996 e degli articoli 1 e 6 D.M. 321/1999, nonché la violazione dell’articolo 100 c.p.c..

In particolare, esso deduceva che il giudice del gravame avesse errato nel non considerare che il contribuente non avesse disconosciuto le relate di notifica delle cartelle prodotte e l’estratto di ruolo, che provavano il rispetto della sequenza procedimentale in tema di notifica degli atti impositivi, nonché la sussistenza dei crediti.

Con riferimento alla violazione dell’articolo 100 c.p.c., invece, il riscossore deduceva l’errore dei giudici di seconde cure nel non aver rilevato la cessazione della materia del contendere, derivante dalla richiesta e dall’ammissione al pagamento rateale e dalla revoca del provvedimento di fermo amministrativo.

L’ammissione al piano di rateazione, infatti, avrebbe causato il venir meno dell’interesse ad agire, nella specie il presupposto del ricorso stesso.

La Suprema Corte, accogliendo il ricorso dell’Agente della riscossione, seppur per violazione delle norme in tema di notificazione degli atti impositivi, ha ribadito i rapporti tra l’impugnazione di un atto tributario e la conclusione di un piano di rateazione.

Per quanto concerne la notifica delle cartelle di pagamento e la sussistenza dei crediti da esse vantati, i Giudici di vertice hanno precisato che l’estratto di ruolo è la fedele riproduzione del ruolo e, dunque, è di per sé idoneo a provare l’entità e la natura del credito portato dall’atto impositivo.

In riferimento alla prova della notifica, il procedimento di notificazione si intende provato mediante la sola allegazione della relazione di notifica o dell’avviso di ricevimento, non essendo necessaria anche la produzione della cartella di pagamento, in quanto se pervenuta al destinatario si presume da egli conosciuta ai sensi dell’articolo 1335 cod. civ..

Quanto, invece, alla più delicata questione inerente ai rapporti tra l’istanza di rateazione ed il processo, rigettando la doglianza del ricorrente, la Corte di Cassazione ha ribadito che la domanda di rateazione del debito portato da una cartella di pagamento non implica di per sé una rinuncia all’impugnazione della stessa.

Ciò, in quanto l’accesso alla rateazione può essere giustificato anche dallo stato di cogenza derivante dalla notifica di provvedimenti quali il fermo o l’ipoteca, che possono dare in qualsiasi momento origine all’esecuzione forzata, e quindi non presuppone alcuna acquiescenza del debito, la conoscenza dello stesso.

Tanto è stato anche confermato dalla giurisprudenza di merito, la quale ha peraltro aggiunto che la rateazione produce l’ulteriore effetto di evitare le procedure esecutive, con riserva di sgravio, in caso di impugnativa avente esito positivo (Cfr. Ctp Roma, sent. n. 4265/2017).

Inoltre, la medesima non determina la cessazione dell’interesse alla decisione del ricorso, in quanto la sua sottoscrizione configura il solo impegno a pagare l’imposta secondo il piano stabilito.

Orbene, venendo al caso di specie, i giudici di seconde cure hanno correttamente accertato la mancanza della prova in ordine alla revoca del fermo, da cui è scaturita la rateazione, che ha paralizzato l’esecuzione.

Sulla base di tali ragioni, pur essendo stato accolto il ricorso dell’Agente della riscossione in riferimento alla prova della notifica, la doglianza relativa all’idoneità del piano di rateazione a far cessare le opposizioni è stata espressamente rigettata.

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