Il nuovo domicilio delle persone fisiche è legato agli affetti
di Gianfranco AnticoL’articolo 2, Tuir, per effetto della modifica apportata dall’articolo 1, D.Lgs. 209/2023, considera residenti, ai fini delle imposte sui redditi, le persone che, per la maggior parte del periodo d’imposta (considerando anche le frazioni di giorno) hanno la residenza ai sensi del codice civile o il domicilio, nel territorio dello Stato, ovvero sono ivi presenti.
Per domicilio, si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. In pratica, rispetto alla precedente formulazione, in luogo del riferimento alle nozioni contenute nel codice civile, viene introdotto un nuovo concetto di “domicilio”, che si basa sul luogo in cui si sviluppano, in via principale, i rapporti affettivi e sociali.
E salvo prova contraria, si presumono, altresì, residenti, le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente.
Per espressa previsione dell’articolo 7, comma 1, D.Lgs. 209/2024, le nuove regole “si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2024”. Pertanto, la nuova definizione introdotta vale per radicare la residenza fiscale italiana a partire dal periodo d’imposta 2024.
Per i periodi d’imposta fino al 2023 (compreso) resta, invece, applicabile la disciplina contenuta nel previgente articolo 2, comma 2, Tuir. Ciò comporta, ad esempio, come indicato nella circolare delle Entrate n. 20/E/2024, che fino al 31.12.2023, per le persone che hanno mantenuto l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta, continua a operare la presunzione assoluta di residenza, con i temperamenti circa l’applicabilità delle tie breaker rules previste dalla Convenzioni internazionali. Principi avallati dalla recente pronuncia della Cassazione n. 19843/2024, considerata la disposizione intertemporale di cui all’articolo 7, comma 1, D.Lgs. 209/2023, e attesa la natura sostanziale della stessa modifica normativa. La nuova disciplina si applica, pertanto, a fattispecie sostanziali che si sono verificate dall’1.1.2024, e non anche a quelle formatesi precedentemente, neanche ove queste ultime siano accertate dall’Ufficio o trattate in giudizio successivamente a tale data. Per gli Ermellini, tanto vale nel caso di specie, per quanto riguarda il concetto di «domicilio», atteso che prima della modifica apportata, l’articolo 2, comma 2, Tuir, mutuava espressamente i concetti di “residenza” e “domicilio” dal codice civile, mentre ora limita tale rinvio alla sola “residenza”, fornendo nel contempo un’autonoma definizione del “domicilio”.
Se, oggi, viene data espressa rilevanza alle «frazioni di giorno» nello stabilire se il contribuente è residente o meno in Italia per la maggior parte del periodo di imposta, unitamente all’introduzione, quale criterio di collegamento, anche della mera presenza nel territorio dello Stato, sicuramente gli aspetti di maggiore interesse delle norme introdotte investono la nuova definizione di domicilio, come il luogo ove sono incardinate le «relazioni personali e familiari della persona» e l’eliminazione del criterio di collegamento con l’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente per la maggior parte del periodo di imposta, pur se tale elemento rileva per presumere la residenza in Italia, ferma restando la facoltà di prova contraria del contribuente.
Sul punto, la circolare n. 20/E/2024 richiama quanto già precisato nella circolare n. 25/E/2023, secondo cui l’accertamento dei presupposti per stabilire la residenza, diversi dal dato formale dell’iscrizione anagrafica, presuppone “un riscontro fattuale da eseguirsi caso per caso, al fine di una concreta ponderazione degli elementi che consentono di verificare il luogo di domicilio o di residenza nonché, dal 1° gennaio 2024, la presenza fisica nel territorio dello Stato”.
La norma, quindi, ha ampliato le disposizioni che individuano la residenza fiscale delle persone fisiche – che consente tra l’altro di stabilire quali redditi debbano concorrere alla formazione della base imponibile – così da allargare il novero dei contribuenti Irpef (ricordiamo che per i soggetti residenti nel territorio dello Stato, in forza di quanto disposto dall’articolo 3, comma 1, Tuir, i redditi prodotti dai soggetti residenti, compresi i redditi prodotti all’estero, sono attratti nella sfera impositiva dell’ordinamento tributario italiano; con riferimento ai soggetti non residenti, l’imposta sul reddito delle persone fisiche trova applicazione sui redditi prodotti all’interno del territorio dello Stato. Dunque, la residenza fiscale consente, tra l’altro, di stabilire quali redditi debbano concorrere alla formazione della base imponibile).
Come osservato da Assonime nella circolare n.25/2024 (che ha esaminato la norma post lettura da parte delle entrate) di fronte alle novità introdotte dalla riforma, che per certi aspetti possono prospettare casistiche di semplice e automatica soluzione, “potrebbe essere d’interesse ammettere la possibilità per il contribuente di accedere all’interpello probatorio per prevenire e risolvere ex ante (e non solo ex post in sede di accertamento) possibili conflitti di doppia residenza venutisi a creare in specifiche situazioni (da meglio definire) di non particolare complessità secondo una procedura di valutazione che, peraltro, è già prevista per l’applicazione del regime di cui all’articolo 24-bis del TUIR; o, in alternativa, consentire al contribuente di formulare una specifica richiesta ex ante all’Ufficio finanziario competente ove si renda necessaria una più complessa ricostruzione di situazioni fattuali”.