23 Luglio 2019

Il nuovo Ccnl lavoratori impianti e attività sportive – II° parte

di Guido Martinelli
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Proseguendo l’analisi avviata con il precedente contributo, giova rilevare che, sotto il profilo della classificazione del personale, si evincono ulteriori maggiori differenze tra l’accordo appena sottoscritto e quello scaduto.

Ciò in quanto il precedente accordo recepiva e faceva espresso riferimento alla suddivisione dei tecnici secondo il c.d. sistema SNAQ, approvato e disciplinato dal Coni, che nel nuovo non viene, invece, mai menzionato.

I tecnici vengono, infatti, qui suddivisi tra collaboratori sportivi (quelli, come già ricordato, nei confronti dei quali trova applicazione l’articolo 67, comma 1, lett. m, Tuir), i “quadri”, intendendosi come tali coloro i quali svolgano con carattere continuativo funzioni direttive di rilevante importanza, gli operatori sportivi, tecnici ed esperti in preparazione fisica, a loro volta suddivisi in quattro livelli, e gli operatori complementari dello sport al cui interno sono ricomprese tutte le figure accessorie alla pratica sportiva suddivise in sette livelli.

Sotto il profilo della c.d. paga base il nuovo contratto si mantiene, sostanzialmente, ai livelli del precedente, forse addirittura con una piccola limatura verso il basso.

Questo viene controbilanciato dalla presenza della quattordicesima mensilità, non prevista nel precedente accordo, che produce nel nuovo testo, complessivamente, un maggior costo del lavoro, pur se contenuto, a carico dell’azienda sportiva.

Appare anche chiaro che alcune norme previste nell’accordo, quali ad esempio l’articolo 105, che riporta i “doveri delle parti”, non appaiono compatibili con un inquadramento come collaboratori sportivi e, pertanto, si devono intendere come non opponibili a queste figure.

Analogamente non potrà trovare applicazione per il collaboratore sportivo, la disciplina del trattamento di fine rapporto, i divieti, la giustificazione delle assenze, il rispetto dell’orario di lavoro e i provvedimenti disciplinari nonché l’obbligo di indossare la divisa.

L’accordo scaduto lo scorso dicembre prevedeva anche la possibilità di un fondo di previdenza complementare di cui nel nuovo non vi è cenno.

Pertanto il collaboratore, anche alla luce dell’accordo in esame, rimane estraneo ad ogni forma previdenziale che non sia dal medesimo attivata.

Analogamente, anche per la parte relativa a malattia e infortuni si fa riferimento solo ai lavoratori, mantenendo estranei a questa forma di tutela i collaboratori sportivi.

Alla luce di quanto sopra esposto appare necessario formulare alcune considerazioni relativamente all’inserimento, per la prima volta, delle collaborazioni sportive all’interno di un Ccnl.

La prima è che, rispetto ai requisiti soggettivi ed oggettivi già più volte esaminati, questa novità non aggiunge e non toglie nulla.

Pertanto sia i centri sportivi che aderiranno a questo accordo che quelli che non aderiranno applicheranno con le stesse modalità tutta la disciplina di cui all’articolo 67, comma 1, lett. m), Tuir.

Premesso questo, ci sono due aspetti positivi che debbono essere adeguatamente esaminati.

Il primo aspetto che merita di essere evidenziato è l’affermazione della natura speciale del rapporto di lavoro sportivo.

La tesi, ormai, appariva pacifica sia sotto il profilo della prassi amministrativa (vedi circolare 1/2016 INL) sia per giurisprudenza di merito ormai consolidata.

L’ufficializzazione all’interno della disciplina di un Ccnl sembra darne la definitiva ratifica.

Ovviamente purché ne siano salvaguardati i presupposti (ossia non deve trattarsi di una prestazione di lavoro autonomo o subordinato).

Appare, quindi, importante l’accettazione da parte sindacale del principio che i percettori di compensi sportivi possono essere anche soggetti che lavorano e non esclusivamente soggetti che svolgono attività per “diletto”.

Il secondo aspetto è legato alla riforma del terzo settore.

Infatti la lettura della norma sui compensi sportivi, facendo riferimento a “qualunque organismo comunque denominato” fra i soggetti erogatori, sembrava consentirne l’utilizzo anche agli enti del terzo settore che praticano, come attività di interesse generale, quella sportivo-dilettantistica.

L’unica remora sembrava sussistere all’interno del codice del terzo settore.

L’articolo 16 D.Lgs. 117/2017, infatti, prevede che i lavoratori non possano avere un trattamento inferiore a quello previsto dai contratti collettivi di settore.

Secondo alcuni, compreso lo scrivente, una fattispecie lavorativa priva di copertura previdenziale e assistenziale non poteva paragonarsi alle tutele offerte dai Ccnl.

L’inserimento del compenso sportivo all’interno di questo accordo sembra quindi confermare che i citati compensi sportivi possano essere riconosciuti anche dai soggetti del terzo settore che svolgono attività sportive-dilettantistiche.

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