1 Luglio 2014

Il marketing dello studio è compito di tutti

di Michele D’Agnolo
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Per fortuna anche gli studi professionali si stanno accorgendo che nel concetto di marketing non c’è niente di peccaminoso.

Come abbiamo già detto più volte, il marketing è la scienza che studia i clienti per comprenderli e soddisfarne i bisogni. Cosa che, a ben vedere, ogni professionista al mondo ha sempre fatto per sopravvivere e prosperare.

Il marketing di uno studio professionale è però molto diverso da quello di un’azienda.

Le differenze sono enormi innanzitutto perchè dobbiamo proporre un servizio e non vendere un bene, e ogni servizio è per definizione impalpabile. Va opportunamente materializzato, proprio come vestiamo un fantasma con un lenzuolo, per poterlo percepire. In secondo luogo perchè le prestazioni professionali sono servizi molto particolari. In ogni prestazione professionale, una serie di dati del cliente vengono trasformati in informazioni ad alto valore aggiunto. In alcune professioni, tipicamente quelle mediche, il professionista effettua anche gesti meccanici molto complessi e delicati, come in chirurgia o in odontoiatria, per i quali servono particolari abilità. I servizi professionali sono generalmente caratterizzati da un notevole sbilanciamento di competenze tra chi le vende e chi le acquista. In molti casi il cliente è costretto ad affidarsi a un professionista in quanto il cliente non ce la fa a fare da solo. Il cliente non capisce cosa gli stiamo facendo e ha bisogno di essere continuamente rassicurato. Contrariamente all’acquisto di una scatoletta di tonno, il contenuto della prestazione dipende anche dalla bontà e tempestività dei dati e notizie che il cliente ci fornisce. Ancora, nelle prestazioni professionali il cliente difficilmente riesce a valutare razionalmente ex ante il valore di una prestazione professionale. Le prestazioni professionali, in altre parole, possono presentare le caratteristiche di bene credenza o di bene esperienza.

Il cliente e il professionista sono inoltre assoggettati al rischio di doppio azzardo morale. In altre parole, se il cliente non dice tutto al suo medico, il professionista sbaglia diagnosi e cura ed entrambi ne hanno un danno.

Tutte queste circostanze costringono lo studio a curare in modo maniacale non solo la qualità tecnica ma anche la qualità percepita, che è fatta di disponibilità, cortesia, immagine, valorizzazione dei benefici apportati al cliente.

Ma la differenza più grande nel marketing delle professioni è che mentre in azienda il marketing è un ufficio, un reparto, un area, nello studio professionale il marketing è un attitudine che deve essere diffusa. In uno studio professionale di successo tutti, consapevolmente o meno, fanno costantemente marketing dal momento in cui entrano al momento in cui escono.

Ricordo che durante una recente visita radiologica di routine, seduto in sala d’aspetto ho visto entrare in ambulatorio una coppia di ottuagenari. La ragazza alla reception riconosce la vecchia signora e la saluta affabilmente, per prima. La signora inizia a rispiegare il suo caso, ma la segretaria si ricorda perfettamente ogni circostanza e le assegna immediatamente l’ appuntamento desiderato. L’anziana signora e il marito sono usciti dall’istituto radiologico molto soddisfatti. Cosa ne sanno dell’ impianto TAC di quello studio radiologico o delle sue procedure di sicurezza? Nulla. Cosa ne sanno delle specializzazioni e dei corsi di formazione del radiologo? assolutamente nulla. A loro ciò che interessava maggiormente era il fatto che qualcuno si fosse preoccupato di riconoscerli e di attendere alla loro salute. Mostrando umano interesse. Cosa sarebbe accaduto, invece, se la segretaria non si fosse ricordata di quella cliente? E infatti uscendo la vecchina ha commentato: come sono gentili in questo studio. Non ha detto come sono bravi o come sono preparati.

È quindi importante per un professionista disporre di uno staff di persone altamente motivate e interessate ai problemi dei clienti. Si vede subito quando sei in un ristorante se a chiederti “ti è piaciuto” è il padrone del locale o uno che è costretto a fare il cameriere controvoglia per sbarcare il lunario. Quindi occorre incontrare persone che abbiano uno slancio di interesse nei confronti del prossimo e abbiano l’orgoglio di curare il proprio lavoro.

Deve essere chiaro peraltro che alla lunga il marketing senza il prodotto non serve a niente, o può diventare addirittura controproducente. Come diceva un famoso economista, possiamo prendere in giro qualcuno per qualche tempo o forse anche tutti per qualche tempo. Ma non possiamo prendere in giro tutti per tutto il tempo.

Il fatto che il marketing sia patrimonio di tutti dentro lo studio professionale significa che dobbiamo preoccuparci di essere sempre gentili, pazienti e professionali, anche quando il cliente e” sgarbato o anche quando abbiamo poco tempo, siamo di cattivo umore o sotto pressione. Dobbiamo essere come gli animatori di un villaggio turistico o come gli assistenti di volo di una compagnia internazionale. Impeccabili sul piano tecnico. Affabili e autorevoli sul piano relazionale. Non è pensabile che rovesciamo i nostri problemi sui clienti come fanno le cassiere dei supermercati aperti la domenica, che passano la giornata a lamentarsi davanti ai clienti del loro turno e di quanto avrebbero voluto starsene a casa.

Il fatto che il marketing sia di tutti all’interno dello studio rende inaccettabile che in uno studio dove tutti si mettono in giacca e cravatta arrivi qualcuno con l’ombelico al vento e più orecchini di una ferramenta. Gradevolissimo in qualsiasi altra circostanza, un singolo perizoma può rovinare anni di understatement. Come spiegare a un collaboratore – senza che si offenda – che se vuole che il cliente lo consideri il suo commercialista deve anche vestirsi e comportarsi da commercialista?

Consentire anche a un solo collega di lavoro, sia esso professionista o impiegato – anche bravo – di comportarsi come il dott. House, rischia oggi di ridurre lo studio ad una scatoletta vuota in poco tempo. Giustamente oggi il cliente vuole essere accudito, coccolato e riverito. Se proprio un cliente ha il gusto sado-maso di farsi maltrattare allora tanto vale scegliere il low cost di una associazione di categoria o di un CAF.

La cosa faticosa è che dobbiamo assicurarci di mantenere lo stesso tasso di disponibilità e cortesia sempre, anche il giorno della scadenza delle imposte o per i notai l’ultimo dell’anno. se vogliamo davvero far percepire al cliente il nostro interesse per loro dobbiamo ricordarci il caso e la storia dei nostri clienti e per questo non possiamo arrivare impreparati ad una riunione con loro. Il pediatra che chiede alla madre di ricordargli la patologia del figlio prima della visita medica è morto. E’ un professionista destinato a fare la fame. Bello sarebbe ricordarsi anche il nome di battesimo e magari qualche circostanza della vita privata, per poter mettere il cliente a suo agio. Non serve avere la memoria di Pico della Mirandola, basta cominciare con una buona agenda per poi evolvere verso un semplice sistema di CRM.

Come facciamo a convincere la nostra segretaria umorale e meteopatica al punto da conquistarsi una stanza tutta per sé che ci vogliono anni per conquistare la fiducia di un cliente, ma basta una piccola scortesia per perderlo? Non è molto consulenziale quello che sto per dire ma forse per i casi più estremi non esiste altro sistema che la minaccia di perdere il posto. Non solo le segretarie, anche i clienti sono estremamente sensibili e orgogliosi. A volte ho perso un cliente – per sempre – per una sola parola sbagliata. Proporre la propria professionalità è più difficile che corteggiare la più bella della classe.

Il cliente inoltre non di rado prende di mira lo studio commerciale perché ai suoi occhi rappresenta la longa manus del fisco. Il cliente non porta le carte per la contabilità e la dichiarazione ed entra in studio con la stessa gioia con cui si va dal dentista non solo perché è disorganizzato dal punto di vista amministrativo ma talvolta anche perché non vuole iniziare un iter che si conclude inesorabilmente con la spennatura del contribuente. E allora magari protesta per motivi triviali con i nostri addetti. Come fare per spiegare ai nostri collaboratori, che sono persone tutte d’un pezzo e per amor di verità sono pronti a qualsiasi cosa, che il cliente non è sempre razionale nei suoi comportamenti e che a volte occorre dargli ragione anche quando non ne ha?

Si può fare molto anche per difendere lo studio in un momento di disservizio. Basta non giustificarsi parlando male del collega che abbiamo sostituito o dei capi che non sono in grado di organizzare lo studio o di prendere decisioni. E’ probabilmente vero ma dal punto di vista della comunicazione è un approccio assolutamente suicida. Perché non avvalersi piuttosto del vecchio alibi dell’errore della software house, che è un evergreen?

La nostra relazione col cliente continua anche fuori dallo studio. Se lo incontriamo sarebbe opportuno non scantonare, o almeno non farci beccare mentre lo facciamo. Occorre poi ricordare di essere sempre riservati, perché in pizzeria non sai mai chi sta seduto nel tavolo accanto. Potrebbe essere la moglie del cliente di cui stai dicendo di cotte e di crude. Come diceva Giulio Andreotti, se vuoi tenere una cosa veramente segreta non devi dirla nemmeno a te stesso.

Niente di più negativo poi, per un cliente attuale o potenziale, di sentire un dipendente o un collaboratore che parla male del proprio studio o parla dietro alla propria direzione o a un collega. Non a un caso i nostri vecchi dicevano che non si sputa nel piatto dove si mangia.

Come abbiamo visto, i nostri collaboratori e dipendenti avrebbero molto da imparare in tema di comunicazione, ma spesso sono troppo orgogliosi per accettare di mettere in discussione il loro modo di approcciare i clienti. Non di rado si offendono di fronte alla proposta di un corso di formazione. Questi soggetti sono pericolosi innanzitutto per sé stessi perché confondono l’anzianità con la competenza. E basta guardarsi attorno per capire che nel tempo le competenze evolvono.