20 Settembre 2019

Il domicilio del contribuente può determinare la sua residenza fiscale

di Marco Bargagli
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La scheda di FISCOPRATICO

Come noto, il nostro ordinamento tributario contiene specifici criteri di radicamento del soggetto passivo con il territorio dello Stato, al ricorrere dei quali può essere rideterminata la residenza fiscale della persona fisica formalmente stabilita all’estero. In particolare, per espressa disposizione normativa, il contribuente dovrà presentare la dichiarazione dei redditi in Italia se, per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni o 184 in caso di anno bisestile):

  • è iscritto nell’anagrafe della popolazione residente;
  • ha il domicilio nel territorio dello Stato, definito come la sede principale degli affari e interessi (articolo 43, comma 1, cod. civ.);
  • ha stabilito la propria residenza nel territorio dello Stato, identificabile come la dimora abituale del soggetto (articolo 43, comma 2, cod. civ.).

La normativa italiana sopra illustrata deve essere coordinata anche con le disposizioni internazionali e, in particolare, con l’articolo 4, paragrafo 2, del modello Ocse di convenzione internazionale contro le doppie imposizioni sui redditi, a cui si ispirano la maggior parte degli accordi bilaterali stipulati tra l’Italia e i vari Paesi nel mondo.

Ciò posto, in relazione all’esatta individuazione della residenza fiscale di una persona fisica, interessanti chiarimenti sono rinvenibili nella risposta all’interpello n. 294 del 22 luglio 2019 emanata da parte dell’Agenzia delle entrate, avente ad oggetto la “residenza fiscale di un soggetto che abitualmente vive in Svizzera con famiglia residente in Italia”.

Il signor ROSSI (soggetto istante) ha dichiarato di essere residente in Svizzera e di volersi trasferire con la famiglia, di cui fanno parte la moglie e tre bambini, nella sua casa per le vacanze situata in Italia (in provincia di Como), precisando che tale trasferimento avverrebbe a partire dal 2020 e per un periodo indefinito.

In merito, il signor ROSSI ha rappresentato che:

  • la moglie e i figli intendono trasferire la residenza in Italia, con l’iscrizione all’Anagrafe del Comune di San Siro (CO);
  • nei prossimi anni i figli dovrebbero frequentare l’asilo in Italia e la moglie non intende lavorare per i prossimi due o tre anni;
  • egli resterà in Svizzera come dipendente di un’azienda stabilita in territorio estero e soggiornerà, tre giorni lavorativi a settimana, dal mercoledì al venerdì, in Svizzera per motivi di lavoro e di studio.

In merito, è stato precisato che il datore di lavoro svizzero consentirà al soggetto istante di lavorare a distanza da casa: egli intende stare dal sabato al martedì con la famiglia e lavorare dalla casa italiana per le vacanze evitando, tuttavia, di soggiornare per più di 183 giorni all’anno in Italia.

L’agenzia delle entrate ha dapprima richiamato la normativa domestica di riferimento (articolo 2, comma 2, Tuir) in base alla quale, come detto, si considerano residenti “le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile”.

A tale fine:

  • la residenza è definita dal codice civile come “il luogo in cui la persona ha la dimora abituale”. Essa è determinata dall’abituale volontaria dimora di una persona in un dato luogo, concorrendo a instaurare tale relazione giuridicamente rilevante sia il fatto oggettivo (stabile permanenza in un determinato luogo), sia l’elemento soggettivo (volontà di rimanervi). In merito, l’abitualità della dimora permane qualora il soggetto lavori o svolga altre attività al di fuori del comune di residenza e, quindi, del territorio dello Stato, purché conservi in esso l’abitazione, vi ritorni quando possibile e mostri l’intenzione di mantenervi il centro delle proprie relazioni familiari e sociali;
  • il domicilio di una persona coincide con “la sede principale dei suoi affari ed interessi” a prescindere dalla presenza effettiva in tale luogo. A parere dell’Agenzia delle entrate, il domicilio deve intendersi in un’accezione ampia comprensiva non solo di rapporti di natura patrimoniale ed economica ma anche morali, sociali e familiari.

In merito ai citati requisiti, la giurisprudenza di riferimento ha dato particolare risalto, quale criterio di individuazione della residenza fiscale di una persona fisica, al luogo nel quale sono prioritariamente localizzati gli interessi economici e affettivi della persona, valorizzando in tal senso la sfera delle relazioni personali, intese come vincoli familiari (cfr. ex multis, Corte di Cassazione, sentenze n. 9723/2015 e n. 12311/2016).

Ciò detto, nella citata risposta all’interpello n. 294/2019, l’Agenzia delle entrate ha anche illustrato la normativa internazionale di riferimento rilevando che, in caso di contestuale residenza fiscale italiana e svizzera si verrebbe a creare un conflitto di residenza tra i due Paesi. Lo stesso deve essere risolto facendo riferimento alle disposizioni previste della Convenzione internazionale contro le doppie imposizioni stipulata tra l’Italia e la Svizzera.

In particolare, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, dell’accordo bilaterale, qualora una persona fisica risulti residente di entrambi gli Stati, la stessa è considerata residente nello Stato in cui dispone di un’abitazione permanente e, in subordine (laddove disponga di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati), la residenza di una persona fisica è determinata secondo i seguenti criteri residuali disposti in ordine decrescente:

  • ubicazione del centro degli interessi vitali (la persona fisica che dispone di un’abitazione principale in entrambi gli Stati sarà considerata residente nel Paese nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette);
  • dimora abituale (ove non sia possibile individuare la residenza del contribuente in base ai due criteri sopra citati, una persona fisica sarà considerata residente dello Stato in cui soggiorna abitualmente);
  • nazionalità della persona fisica (quando i primi tre criteri non sono dirimenti, il contribuente sarà considerato residente dello Stato contraente la Convenzione di cui possiede la nazionalità).

Quando, infine, una persona fisica ha la nazionalità di entrambi i Paesi o di nessuno di essi, gli Stati contraenti la Convenzione risolveranno la questione di comune accordo.

Tutto ciò premesso, si evidenzia che l’Agenzia delle entrate ha fornito gli elementi di carattere generale sopra illustrati, rilevanti per porre in essere gli adempimenti giuridici concernenti la fattispecie prospettata evidenziando, tuttavia, che l’accertamento dei presupposti per stabilire l’effettiva residenza fiscale costituisce una questione di fatto che non può formare oggetto di istanza di interpello.

Tuttavia, la risposta all’interpello riveste una certa rilevanza tenuto conto che, ai fini della corretta individuazione della residenza fiscale, viene ancora una volta data estrema importanza al domicilio della persona fisica inteso come “centro degli interessi vitali” del contribuente di natura professionale, ma anche riguardante la sfera delle relazioni personali, dei vincoli familiari che, come evidenziato nel caso prospettato, sono permanentemente situati nel territorio dello Stato italiano.

La fiscalità internazionale in pratica