19 Novembre 2019

Il contradditorio preventivo in caso di accertamento da abuso del diritto

di Angelo Ginex
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La scheda di FISCOPRATICO

Il diritto al contradditorio, che trova il suo fondamento tanto nelle fonti internazionali quanto in quelle interne, costituisce un «principio fondamentale immanente nell’ordinamento, operante anche in difetto di una espressa e specifica previsione normativa, a pena di nullità dell’atto finale del procedimento, per violazione del diritto di partecipazione dell’interessato al procedimento stesso» (Cfr. C. Cost. n. 132/2015).

Con particolare riguardo all’ambito tributario, mette conto rilevare che la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, nella storica sentenza Sopropè, ha sancito che il contraddittorio preventivo costituisce un principio di civiltà giuridica, generale ed ineludibile, argomentando all’uopo che, «la regola secondo cui il destinatario di una decisione ad esso lesiva deve essere messo in condizione di far valere le proprie osservazioni prima che la stessa sia adottata, ha lo scopo di mettere l’autorità competente in grado di tener conto di tutti gli elementi del caso» (Cfr. CGUE n. 349/2007).

Detto altrimenti, al fine di assicurare una tutela effettiva, il soggetto destinatario di un provvedimento autoritativo produttivo di effetti sfavorevoli nella sua sfera giuridica deve essere posto nelle condizioni di esporre le proprie ragioni ed osservazioni entro un congruo lasso di tempo (60 giorni) prima dell’emissione del provvedimento stesso.

Quanto innanzi esposto trova altresì conforto nella circolare AdE 25/E/2014 ove l’Agenzia delle Entrate, nel dettare disposizioni in materia di accertamento, prevenzione e contrasto all’evasione, ha avuto modo di chiarire la rilevanza del rapporto con il contribuente, che «nell’ambito dell’attività di controllo, si declina attraverso la partecipazione del cittadino al procedimento di accertamento mediante il contraddittorio, sia nella fase istruttoria sia nell’ambito degli istituti definitori della pretesa tributaria».

Tale principio trova piena applicazione anche in tema di abuso del diritto, disciplinato dall’articolo 10-bis L. 212/2000, che ha abrogato la precedente norma antielusiva di cui all’articolo 37-bis D.P.R. 600/1973, ai sensi del quale «configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti».

Per quanto qui di interesse, si rileva che la citata norma prevede al comma 6 che, «senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti per i singoli tributi, l’abuso del diritto è accertato con apposito atto, preceduto, a pena di nullità, dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di sessanta giorni, in cui sono indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile un abuso del diritto».

Sul punto, è recentemente intervenuta la Corte di Cassazione, con sentenza n. 28676 del 07.11.2019, al fine di ribadire che costituisce orientamento costante nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui «l’omissione del contraddittorio procedimentale preventivo “rafforzato” inficia irrimediabilmente il provvedimento impositivo che ne sta a valle, né possono considerarsi equipollenti o succedanei l’attività svolta dai verbalizzanti e le eventuali dichiarazioni del contribuente in sede di verifica».

Più in dettaglio, nel caso di specie i Giudici di vertice hanno osservato che in tema di imposte sui redditi, l’applicazione della disciplina antielusiva di cui all’articolo 37-bis D.P.R. 600/1973 (ratione temporis applicabile) postula l’osservanza del contraddittorio procedimentale sancito dai commi 4 e 5, e, in particolare, una richiesta di chiarimenti nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili i commi 1 e 2, pena la nullità dell’avviso di accertamento emesso.

Detta sanzione di nullità – occorre rammentarlo – è stata reputata dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 132 del 07.07.2015, non in contrasto con gli articoli 3 e 53 Cost., in considerazione delle peculiarità dell’accertamento e del ruolo decisivo degli elementi forniti dal contribuente in vista della valutazione dell’Amministrazione finanziaria circa l’esistenza, o meno, di valide ragioni economiche sottese alle operazioni esaminate.

In definitiva, quindi, considerata la fattispecie in esame, sotto il profilo sia normativo che della produzione giurisprudenziale, non vi è dubbio che si andrà incontro ad una declaratoria di illegittimità della pretesa tributaria in ragione della mancata attivazione da parte del Fisco di «un momento fondamentale della sequenza impositiva», rappresentato – per l’appunto – dal contraddittorio rafforzato.

Il giudizio di secondo grado nel processo tributario e la consulenza giuridica nel giudizio di cassazione