28 Febbraio 2015

Il conferimento domestico in cerca di legittimazione

di Ennio VialVita Pozzi
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Il conferimento di partecipazioni in una società nazionale, come noto, pur con alcune remore da parte dell’estensore della C.M. n. 33/E/2010, è stato finalmente accettato nel nostro ordinamento. Ciò significa che i vecchi interventi di prassi devono essere riletti alla luce del successivo intervento ministeriale.

Una risposta negativa data dall’Amministrazione finanziaria nel corso degli anni 2000 deve pertanto essere necessariamente rivista alla luce dei successivi chiarimenti forniti nel giugno del 2010.

Uno di questi casi è stato rappresentato dalla Risoluzione n. 57/E/2007 che esamina la seguente operazione: quattro fratelli vogliono conferire la loro partecipazione in una società per azioni (Beta S.p.A.) in un’altra società (Alfa S.p.A.), dagli stessi controllata che, per effetto del conferimento, acquisirebbe il controllo della società conferita. Infatti, ciascun fratello detiene direttamente il 10% nella società conferenda ed il 25% della holding di famiglia che detiene a sua volta circa il 30% della medesima società conferenda.

Sostanzialmente, la detenzione in quest’ultima si attesta su una quota del 70% (40% direttamente e 30% indirettamente per il tramite della holding).

L’obiettivo dei quattro fratelli è effettuare lo scambio di tutte le partecipazioni da essi detenute nella Beta S.p.A. con quelle della Alfa S.p.A., mediante un conferimento delle prime nella Holding di famiglia (Alfa S.p.A.).

L’effetto che ne esce è quello di 4 persone fisiche che detengono indirettamente il 70% della società conferita per il tramite della holding. Il 30% è detenuto da soggetti estranei.

In relazione al caso in esame, l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto che l’operazione fosse priva di valide ragioni economiche in quanto posta in essere con il solo fine di effettuare il conferimento delle azioni senza l’emersione di alcuna plusvalenza fiscalmente imponibile in capo ai quattro fratelli; gli stessi, infatti, sfuggono alla tassazione del valore normale prevista dall’art. 9 del Tuir.

L’Agenzia afferma inoltre come il regime fiscale previsto dal comma 2 dell’art. 177 sia una disciplina speciale rispetto alla disciplina ordinaria di cui all’art. 9 in base alla quale i conferimenti in società devono essere valutati al valore normale.

Queste conclusioni, tuttavia, possono ritenersi superate dalla lettura della successiva C.M. n. 33/E/2010 che, pur se con qualche sbavatura, libera l’operazione di conferimento di partecipazioni ex art. 177 comma 2 dai vecchi pregiudizi ritenendo che la stessa abbia piena dignità e che possa essere implementata tutte le volte in cui si incide sugli assetti della governance. Si tratta, a ben vedere, di una considerazione che riguarda proprio i casi come quello illustrato dalla R.M. n. 57/E/2007.

In effetti, se è pur vero che i 4 fratelli detenevano già il controllo della società Beta, un conto è intervenire in assemblea con una partecipazione del 10,8% ciascuno e unitariamente attraverso Alfa con il 28,1%, un conto è intervenire unitariamente con Alfa che detiene il 70%.

Nel corso del master sulle riorganizzazioni societarie avremo modo di evidenziare pregi e limiti dell’operazione domestica proponendo varie casistiche.

Non possiamo nascondere come, nonostante i progressi interpretativi, l’operazione rimanga ancora problematica, in quanto non rappresenta una manifestazione di un regime di neutralità fiscale vera e propria, quanto piuttosto un più modesto regime a realizzo controllato che determina necessariamente una plusvalenza imponibile, se motivi di opportunità impongono alla conferitaria di iscrivere un incremento del patrimonio netto superiore al costo fiscalmente riconosciuto del conferente.