5 Maggio 2021

Il complicato rapporto tra credito R&S e commessa estera

di Debora Reverberi
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La scheda di FISCOPRATICO

L’ammissibilità al credito d’imposta R&S delle attività svolte da impresa italiana su commessa estera è stata oggetto di continue inversioni di tendenza del legislatore dal 2015 a oggi, con un recente chiarimento dell’Agenzia delle entrate suscettibile di ampliare gli investimenti finora considerati eleggibili al verificarsi di tale circostanza.

La misura agevolativa, nella formulazione originaria dell’articolo 3 D.L. 145/2013 come modificato dalla L. 190/2014 (c.d. Legge di Stabilità 2015), è rivolta esclusivamente ai soggetti residenti, incluse le stabili organizzazioni di non residenti, che “effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo”, sia direttamente, sia indirettamente con subappalto a terzi sulla base di appositi contratti

  • sostenendone i relativi costi;
  • avvalendosi degli eventuali relativi risultati;
  • assumendosi il rischio di insuccesso tecnico e/o finanziario.

Ne deriva un principio generale: l’esclusione dal credito d’imposta R&S delle imprese che svolgono attività di ricerca su commessa di terzi per mancanza del presupposto di effettivo sostenimento dei costi, riaddebitati dal commissionario al committente in base ai corrispettivi contrattualmente previsti, con la conseguente spettanza dell’agevolazione al committente residente in Italia.

In caso di svolgimento di attività di R&S su commessa estera nei periodi d’imposta 2015 e 2016, come precisato dalla relazione illustrativa al D.M. 27.05.2015 e dalla circolare AdE 5/E/2016, il credito d’imposta risulta precluso sia al committente, sia al commissionario:

  • al committente estero per mancanza del presupposto della territorialità;
  • al commissionario italiano per assenza di effettivo sostenimento dei costi.

L’articolo 1, comma 15, lettera b), L. 232/2016 (c.d. Legge di Bilancio 2017) ha aggiunto all’articolo 3 D.L. 145/2013 il nuovo comma 1-bis) che ha segnato un’inversione di tendenza a partire dagli investimenti in R&S realizzati, per la generalità delle imprese, dal periodo d’imposta 2017 (fino al 2019): il commissionario italiano che eserciti attività di R&S su commessa estera è equiparato al soggetto residente che effettua R&S in proprio.

L’ammissibilità della R&S su commessa estera, come precisato dalla circolare AdE 13/E/2017 e dal principio di diritto 15/2018:

  • vale per le spese sostenute dal 2017 (fino al 2019) anche in relazione a contratti di ricerca stipulati in anni precedenti e ancora in corso nel periodo agevolabile;
  • si applica anche nel caso in cui committente e commissionario siano parti correlate;
  • spetta solo nel caso di imprese committenti residenti o localizzate in Stati membri dell’UE, negli Stati aderenti all’accordo sullo SEE, negli Stati compresi nell’elenco di cui al D.M. 04.09.1996.

L’introduzione sul triennio 2017-2019 dell’eleggibilità al credito d’imposta delle spese di R&S su commessa estera comporta, in ottemperanza al principio di omogeneità dei valori, la necessità di ricalcolo della media storica 2012-2014, con inclusione delle eventuali spese ammissibili sostenute su commessa estera, anche in caso di assenza di attività commissionata dall’estero negli anni agevolabili, come chiarito dalla risposta AdE all’interpello n. 58/2018.

La norma di interpretazione autentica contenuta nell’articolo 1, comma 72, L. 145/2018 (c.d. Legge di Bilancio 2019) ha chiarito che, in caso di R&S su commessa estera, “assumono rilevanza esclusivamente le spese ammissibili relative ad attività di ricerca e sviluppo svolte direttamente”.

La risposta AdE all’interpello n. 83/2019, nel tentativo di dirimere i dubbi sull’accezione di “svolgimento diretto”, ha ritenuto che “non possano assumere rilevanza le attività di ricerca e sviluppo che lo stesso soggetto commissionario subappalti ad altri soggetti”, decretando l’ammissibilità delle sole attività di R&S svolte dal committente in proprio.

Sul tema vi era chi, in via prudenziale, considerava nella base di calcolo del credito d’imposta i soli costi volti a remunerare le risorse aziendali interne, quali le spese del personale, le spese per strumenti e attrezzature di laboratorio e, limitatamente al 2019, le spese per materiali.

Non risultava infatti chiaro se lo svolgimento diretto comprendesse il più ampio novero dei costi definiti “intra-muros”, quali ad esempio le competenze tecniche e privative industriali acquisite da fonti esterne, spese che, come precisa la risoluzione AdE 21/E/2017, differiscono da quelle per contratti di ricerca extra-muros in quanto trattasi di competenze di terzi adattate alle esigenze del progetto e non di vere e proprie attività finalizzate alla realizzazione di componenti nuovi.

Con la risposta AdE all’interpello n. 280/2021 ogni dubbio è stato sciolto: le spese di consulenza esterna e di acquisizione di servizi specialistici a supporto di attività di R&S svolte internamente all’impresa sono configurabili come costi “intra muros” e risultano ammissibili anche in caso di commessa estera.

Ai fini dell’eleggibilità deve aversi tuttavia particolare riguardo al rispetto del criterio di congruità del loro importo rispetto ai costi complessivi.  

La nuova disciplina del credito d’imposta R&S&I&D, di cui all’articolo 1, commi 198207, L. 160/2019 (c.d. Legge di Bilancio 2020) prorogata con modifiche dall’articolo 1, comma 1064, L. 178/2020 (c.d. Legge di Bilancio 2021) e applicabile ai periodi d’imposta 2020-2022, esclude nuovamente le attività svolte su commessa estera, anche fra parti correlate, con la finalità di agevolare esclusivamente la ricerca nazionale: l’espressa conferma dell’AdE è contenuta nella risposta all’interpello n. 187/2021.