27 Febbraio 2015

Il cambiamento di destinazione nel bilancio d’esercizio

di Federica Furlani
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Nello schema obbligatorio di stato patrimoniale di cui all’art. 2424 del Codice Civile, la classificazione nell’ambito delle due macroclassi principali – “Immobilizzazioni” ed “Attivo circolante” – va effettuata sulla base della “destinazione”, cioè sulla base del ruolo ricoperto dalle singole attività nell’ambito della gestione ordinaria dell’impresa.

L’art. 2424-bis, nell’ambito delle disposizioni relative alle singole voci dello stato patrimoniale, stabilisce in particolare che gli elementi patrimoniali – siano essi beni mobili o immobili, titoli o crediti, … – destinati ad essere impiegati durevolmente devono essere iscritti tra le immobilizzazioni.

La collocazione in bilancio delle singole poste in funzione della loro destinazione è scelta effettuata dal redattore dello stesso, e quindi dall’organo amministrativo, che, nel rispetto dell’obiettivo della rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica dell’impresa, attuerà la corretta classificazione delle poste.

Rappresentare in modo corretto e veritiero la situazione patrimoniale, significa anche che, nel caso in cui vari la destinazione economica di un bene, dovrà conseguentemente mutare la sua collocazione a bilancio. Ciò che va sottolineato è che il mutamento di destinazione delle voci di bilancio deve riflettere esclusivamente una variazione della funzionalità di quella determinata posta e non deve venir mai effettuato per perfezionare politiche di bilancio al fine di incidere sulla determinazione del risultato d’esercizio.

Secondo l’OIC 20 e l’OIC 21, rispettivamente dedicati ai titoli di debito ed alle partecipazioni e azioni proprie, la classificazione a livello contabile di un’attività finanziaria, titolo o partecipazione tra le immobilizzazioni piuttosto che nell’attivo circolante, deve basarsi su un criterio di distinzione di tipo “funzionale”.

Se gli amministratori intendono mantenere determinati titoli o partecipazioni nel patrimonio aziendale quale investimento di tipo duraturo, magari fino a scadenza naturale, essi andranno classificati tra le immobilizzazioni finanziarie; se invece l’impresa si riserva di cogliere eventuali opportunità dei mercato, e quindi l’intento è di tipo speculativo, o si riserva di smobilizzarli per far fronte ad esigenze di tesoreria, la loro classificazione è nell’ambito dell’attivo circolante.

Ciò che conta è quindi la volontà dell’organo amministrativo a prescindere dalle caratteristiche proprie del titolo: ad esempio un titolo di durata pluriennale a reddito fisso, pur essendo per natura duraturo, può non esserlo per destinazione perché ad esempio acquistato per essere negoziato.

Poiché la diversa classificazione comporta l’adozione di diversi criteri di valutazione, un eventuale cambiamento di destinazione da posta immobilizzata a posta dell’attivo circolante e viceversa, può sempre avvenire ma deve essere supportato da una decisione degli amministratori a seguito del verificarsi di situazioni non ricorrenti legate a mutamenti significativi delle condizioni di mercato o variazioni delle esigenze gestionali.

E’ possibile quindi che, nel corso del tempo, l’originaria classificazione operata con riferimento ad una determinata posta di bilancio possa, o meglio debba, subire una variazione in considerazione di una diversa destinazione ad essa attribuita dal redattore del bilancio.

L’operazione di riclassificazione delle poste che mutano la loro destinazione originaria presenta una serie di aspetti critici legati sia alle modalità della rappresentazione in bilancio che alla variazione dei criteri di valutazione, variazione che può avvenire, ai sensi dell’art. 2423-bis del codice civile, solo in casi eccezionali, tra cui appunto il caso di cambiamento di destinazione.

Può quindi accadere che un titolo od una partecipazione, iscritto nel bilancio relativo all’esercizio precedente tra le immobilizzazioni finanziarie, subisca una riclassificazione tra le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni, o viceversa. L’organo amministrativo è infatti libero di decidere che una partecipazione acquistata, in quanto ritenuta strategica negli anni, perda tale valore, e sia quindi successivamente destinata ad essere smobilizzata e quindi venduta; o ancora decidere che un titolo acquistato a scopo di temporaneo investimento di liquidità sia destinato a non essere più negoziato fino a naturale scadenza per scelta, o perché vincolato a garanzia o cauzione a favore di un terzo per specifico impegno assunto dall’impresa.

Per effetto del cambiamento di destinazione vengono a mutare i criteri utilizzati per la valutazione di tali poste. Nell’ipotesi di partecipazione immobilizzata che viene destinata alla negoziazione, nell’esercizio in cui si procede alla variazione di classificazione, questa si troverà a dover essere valutata con il criterio previsto per le attività finanziarie non immobilizzate, e quindi al minore tra il costo ed il valore desumibile dall’andamento del mercato.

Nell’ipotesi inversa di un titolo che da attività finanziaria a breve diventa immobilizzazione finanziaria, il criterio da utilizzare è quello del costo, da rettificare con apposita svalutazione nell’ipotesi di perdita durevole di valore.