21 Ottobre 2014

I trabocchetti convenzionali sulla residenza

di Ennio VialVita Pozzi
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L’applicazione delle
convenzioni contro le
doppie imposizioni è estremamente importante qualora si voglia definire se un soggetto, in particolare una
persona fisica, risulti
fiscalmente residente in Italia o in un paese estero.
Al riguardo si deve premettere come la
convenzione da analizzare sia quella
applicabile al
caso concreto ossia il trattato contro la doppia imposizione in vigore tra l’Italia e il
paese interessato come candidato alla possibile residenza della nostra persona fisica. In questa sede, invece, limitandoci ad una visione più generale, esamineremo
l’articolo 4 del modello di convenzione elaborato dall
’OCSE.
Ebbene, l’articolo 4 affronta la questione della
residenza delle
persone fisiche nel paragrafo 2.
Si deve tuttavia ricordare come il
paragrafo 1 stabilisca che l’articolo 4 trova applicazione quando
entrambi gli Stati ritengono, per motivi di
normativa interna, che una persona fisica o una persona giuridica risulti
residente all’interno di detto
Stato. Con ciò si vuole sottolineare come l’articolo in esame, e quindi la convenzione contro le doppie imposizioni, si applichi solamente se esiste un
conflitto di residenza tra i due Paesi. La norma convenzionale non deve essere assolutamente presa in considerazione qualora lo stato estero non ritenga, nonostante la
presenza fisica o l’attività svolta in loco da una persona fisica, che detto soggetto risulti
fiscalmente residente.
Nel
paragrafo 2 dell’articolo 4 troviamo una serie di
condizioni successive che devono essere analizzate al fine di discriminare la residenza.
Innanzitutto, un soggetto sarà considerato residente nello stato in cui dispone di
un’abitazione permanente.
Il Modello OCSE, nella versione inglese, fa riferimento al concetto di “
home” e non di “house” per cui non rileva la semplice proprietà di un bene immobile quanto piuttosto la
possibilità di “andarci a dormire”. Tale “home” può essere sia in
Italia (ad esempio presso l’abitazione di parenti come i genitori) sia
all’estero, anche presso un immobile preso in
affitto o presso abitazioni dove la persona è ospitata da amici.
Se il soggetto dispone di una
abitazione permanente in
entrambi gli Stati, egli sarà residente solamente nello stato in cui le sue
relazioni personali ed economiche sono più strette. Si fa riferimento al cosiddetto centro degli interessi vitali che la nostra disciplina domestica racchiude nel concetto di
domicilio ai sensi del codice civile.
Va evidenziato come in questo caso non sia sempre facile capire in quale paese prevalgano gli
interessi personali e professionali. Qualora dovessimo giungere ad una situazione per così dire di “
parità”, si dovrà passare al criterio successivo che trova applicazione anche nel caso in cui il soggetto
non sia
dotato di una abitazione permanente in nessuno degli stati interessati. In questo caso “vince” lo Stato dove egli
soggiorna stabilmente. Prevale quindi il luogo dove si configura la
presenza fisica.
Normalmente l’analisi si chiude a questo stadio, ma potrebbe accadere che il soggetto abbia
soggiorni abituale in entrambi
gli Stati o in
nessuno dei due. In questo frangente si considerava il paese
nazionalità.
Emerge a questo punto come il criterio della
nazionalità sia del tutto
marginale, intervenendo solo qualora i criteri precedenti non risultino dirimenti.
Se, infine, il soggetto, non ha la
nazionalità di nessuno dei due Stati o possiede la
nazionalità di
entrambi, la questione della residenza dovrà essere risolta dai due paesi con un
mutuo accordo.