I rimborsi spese degli autonomi
di Gianfranco AnticoÈ noto che il reddito di lavoro autonomo è quello derivante dall’esercizio di attività lavorative diverse da quelle di impresa o di lavoro dipendente. Infatti, come rilevato dalla circolare n. 1/2018 della G.d.F., la definizione di reddito di lavoro autonomo ha natura residuale, “nel senso che il legislatore ha inteso definire come tali quei redditi che non derivano né da attività di lavoro dipendente né dall’esercizio di un’impresa”, pur indicando gli elementi che caratterizzano la particolare attività (autonomia, professionalità, abitualità, e natura non imprenditoriale).
Sotto il profilo fiscale, sono previste due tipologie di reddito di lavoro autonomo:
- attività artistiche e professionali (articolo 53, comma 1, Tuir), esercitate in modo professionale (cioè, sistematico e organizzato) e abituale (cioè, in maniera regolare, stabile e non occasionale);
- altre attività di lavoro autonomo, elencate in modo tassativo dall’articolo 53, comma 2, Tuir.
È considerato reddito di lavoro autonomo, anche quello derivante dall’esercizio in forma associata, di cui all’articolo 5, comma 3, lett. c, Tuir; in tali casi, il reddito è determinato in capo all’associazione professionale ed è imputato agli associati in base al principio di trasparenza.
Allo stesso modo, i redditi prodotti dalle società tra professionisti, costituite ai sensi del D.Lgs. 96/2001, per l’esercizio in forma associata della professione di avvocato, costituiscono redditi di lavoro autonomo.
In forza dell’articolo 54, comma 1, Tuir, il reddito di lavoro autonomo è determinato dalla differenza tra tutti i compensi (in denaro o natura) percepiti e le spese inerenti all’esercizio delle attività svolte nel periodo d’imposta, secondo modalità e indicazioni stabilite ai successivi commi, trovando così applicazione il principio di cassa.
La deducibilità dei costi e delle spese sostenute nell’esercizio di lavoro autonomo è soggetta sostanzialmente a tre condizioni:
- effettività della spesa;
- inerenza rispetto all’attività professionale;
- imputabilità al corrispondente periodo di imposta.
In questo contesto, la l. 111/2023 (Legge di delega per la riforma fiscale) – che reca i principi e i criteri direttivi per la revisione dell’Irpef – ha previsto, per i redditi da lavoro autonomo, l’introduzione del principio di onnicomprensività, così da far concorrere alla formazione del reddito di lavoro autonomo tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo conseguiti nel periodo d’imposta in relazione all’attività artistica o professionale, ad esclusione delle somme percepite a titolo di rimborso delle spese sostenute e riaddebitate al cliente, non deducibili dal reddito dell’esercente arte o professione. Il criterio di imputazione temporale dei compensi viene, quindi, allineato a quello di effettuazione delle ritenute da parte del committente e permette di superare le criticità presenti. Infatti, finora i rimborsi spese sono stati assimilati ai compensi, con necessità di fatturazione e ritenuta, mentre soltanto i rimborsi documentati, sostenuti in nome e per conto del cliente, sono stati esclusi (circolare n. 1/E/1977, parte 8; risoluzione n. 20/E/1998; circolare n. 58/E/2001; risoluzione n. 69/E/2003; circolare n. 28/E/2006; circolare n. 11/E/2007, paragrafo 7.3; risoluzione n. 49/E/2013).
E, quindi, l’articolo 5, D.Lgs. 192/2024, riformulando il comma 2, dell’articolo 54, Tuir, esclude dal reddito di lavoro autonomo, fra l’altro, i rimborsi delle spese sostenute dal lavoratore autonomo per l’esecuzione di un incarico e addebitate analiticamente in capo al committente. Mentre il successivo comma 3, dell’articolo 54, Tuir, in maniera chiara e secca, afferma che le spese relative all’esecuzione di un incarico conferito e sostenute direttamente dal committente non costituiscono compensi in natura per il professionista.
Per evidenti ragioni di simmetria, il comma 1, del nuovo articolo 54-ter, Tuir, non consente la deducibilità dal reddito di lavoro autonomo delle spese oggetto di rimborso dal reddito dell’esercente arte o professione che le ha sostenute.
In pratica, i rimborsi spese non giocano, sia in entrata che in uscita, venendo così pure meno, per tali rimborsi spese, l’obbligo di effettuazione della ritenuta d’acconto da parte di chi li corrisponde.
Inoltre, per effetto di quanto disposto dal comma 2, del citato articolo 54-ter, Tuir, le spese non rimborsate da parte del committente sono deducibili a partire dalla data in cui:
a) il committente ha fatto ricorso o è stato assoggettato a uno degli istituti di regolazione disciplinati dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al D.Lgs. 14/2019, o a procedure estere equivalenti, previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni;
b) la procedura esecutiva individuale nei confronti del committente sia rimasta infruttuosa;
c) il diritto alla riscossione del corrispondente credito si è prescritto.
Nel successivo comma 3, del nuovo articolo 54- ter, Tuir, è stata individuata la data a partire dalla quale si considera che il committente abbia fatto ricorso o sia stato assoggettato a uno dei predetti istituti e, di conseguenza, dalla quale le spese non rimborsate risultano deducibili dal reddito dell’esercente arte o professione che le ha sostenute.
E sulla falsariga di quanto previsto per le perdite su crediti, di cui all’articolo 101, comma 5, Tuir, il comma 5, del nuovo articolo 54-ter, Tuir, stabilisce che le spese di modesto importo (comprensivo del compenso a esse relative, non superiore a 2.500 euro, che non sono rimborsate dal committente entro un anno dalla loro fatturazione), sono in ogni caso deducibili a partire
dal periodo di imposta nel corso del quale scade il detto periodo annuale.